Questa mattina i movimenti per il diritto all’abitare hanno occupato il cantiere della Nuvola di Fuksas all’Eur ponendo, insieme agli studenti medi e universitari che hanno portato l’assedio al ministero delle politiche giovanili, la questione dell’utilizzo delle risorse pubbliche.
Qualche giorno fa il sindaco Marino ha chiesto al governo uno stanziamento di 170 milioni di euro per ultimare la Nuvola, il centro congressi progettato dell’archistar Fuksas, un’opera che ha osato definire di interesse strategico e che sorge a ridosso delle Torri dell’Eur -ex sede del ministero dell’Economia e Finanze- smantellate per realizzare un complesso immobiliare di pregio disegnato da Renzo Piano.
Il presidente di Eur spa, società di sviluppo immobiliare (90% Ministero dell’Economia e delle Finanze, 10% Roma Capitale) ha minacciato lo stop ai lavori se non arriverà lo stanziamento richiesto per la Nuvola, i cui costi di realizzazione sono raddoppiati rispetto alle previsioni iniziali fino a raggiungere gli attuali 420 milioni di euro.
Dopo avere ridotto le Torri a scheletro tanto da essere definite la Beirut dell’Eur, pare invece che Fintecna non abbia i soldi per realizzare il progetto (la proprietà degli immobili, trasferita nel 2002 dallo Stato a Fintecna- controllata dalla Cassa depositi e prestiti- nel 2005 è passata alla società Alfiere s.p.a. , consorzio pubblico- privato, costituito dalla stessa Fintecna per il 50% e per l’altra metà dall’Immobiliare Lombarda-Ligresti, Lamaro-Toti, Fimit (con quote Inps, Enasarco e Inarcassa) Maire-Amato, Astrim (31% Unicredit) ed Eurospazio-Armellini).
E’ evidente che quello che viene considerato un progetto strategico per Roma si colloca molto distante dalle vere necessità di questa città. La corruzione e lo sperpero di denaro che hanno accompagnato l’infinito cammino dell’opera l’hanno già squalificata abbondantemente e l’immagine che se ne ricava è davvero deprimente. Una struttura incompiuta, la Nuvola, una terminata ma inservibile, la Lama (un albergo di proprietà pubblica dalla cui vendita dovevano ricavare 120 milioni di euro per il centro congressi) e una devastata, le Torri, affiancate come sono rappresentano plasticamente l’attuale gestione del patrimonio e delle risorse pubbliche. Abbandono e incuria, speculazioni e dismissioni, clientele e poltrone, tutti termini usati per Alemanno ma ancora attualissimi per Marino. Altro che discontinuità, tutela dei diritti e difesa dei più deboli.
Con l’iniziativa di oggi, a un anno esatto dalla giornata di riappropriazione del 6 dicembre 2012 da dove è partita l’ondata di occupazioni diventata poi tsunami che ha riempito la città di nuovi spazi liberati e ha dato soluzioni abitativa a migliaia di uomini e donne, i movimenti hanno imbrattato ancora una volta la vetrina in costruzione e denunciato come opere inutili e brutte sottraggono risorse utili ad una città devastata dalla precarietà e dal cemento.L’unica grande opera che vogliamo e che serve è casa e reddito per tutt@. Riprendiamoci la città!
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