E’ stato un flop annunciato quello di ieri pomeriggio a Genova. In piazza Martinez era previsto un comizio del di Danilo Calvani, il leader contadino-littorio del coordinamento 9 dicembre. Da quattro giorni i seguaci locali dei Forconi avevano allestito un presidio permanente in piazza e ieri aspettavano Calvani per un incontro pubblico. Ma solo poche decine di persone hanno assistito all’intervento dell’agricoltore laziale. Calvani ha rilanciato il suo ultimatum al Governo, ha criticato i cosiddetti scissionisti e rivelato che Forza Italia prima della manifestazione di Roma dello scorso 18 dicembre aveva provato a mettere il cappello al movimento (occorre rammentare però anche il tentativo dei fascisti di Casa Pound di fare altrettanto). “Abbiamo subito delle pressioni – ha detto il leader dei Forconi della Pontina Littoria – io sono stato fortemente pressato per fare una trattativa con il governo, una trattativa che doveva essere curata da un preciso partito politico che avrebbe voluto portare in piazza le sue bandiere”, ha sottolineato riferendosi a Forza Italia.
“In stile con il personaggio l’attacco agli “scissionisti” Ferro e Chiavegato: “Hanno fatto un partito politico, hanno avuto una riunione ieri con alcuni parlamentari nel presidio di Soave, l’unico rimasto in mano a Chiavegato. Se hanno cambiato linea e vogliono fare un partito -ha affermato Calvani- è legittimo ma bastava essere chiari dall’inizio, non coinvolgere la gente e dire fregnacce per poi fare marcia indietro”. Parlando con i giornalisti, Calvani ha infine annunciato una nuova protesta a Roma: “Stiamo organizzando qualcosa di straordinario a Roma ma come fare la manifestazione e tutta la strategia lo decideremo a breve insieme”. L’incursione di Calvani a Genova contava di inserirsi nella rottura sociale manifestatasi in città con la recente rivolta dei tranvieri genovesi contro la privatizzazione dell’Amt. Una rottura che aveva rivelato la tensione sotto traccia in una città dai tempi lunghi e che le strutture di rappresentanza politica e sindacale “tradizionali” hanno faticato a far rientrare nei ranghi. Una rottura che dimostra però come la spontaneità della rivolta deve dotarsi di strutture organizzate per reggere lo scontro. La demagogia di leader improbabili come Calvani per fortuna non ha attecchito. Rimane però tutto intero il problema di come rovesciare il tavolo.
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