La giornata di lotta dell’11 ottobre a Genova è un inizio incoraggiante per il nuovo movimento operaio che si sta affacciando con forza nel nostro Paese, dove ciò che si è visto nelle città italiane in questa giornata ci dice che è finita la bolla di consenso artefatto nei confronti del governo Draghi e delle sue politiche, e che è stata aperta una breccia nella configurazione di un patto neo-corporativo tra Governo, associazioni datoriali e sindacati complici (CGIL, CISL, UIL in primis).
Una scommessa vinta, quindi, sia per i numeri visti in piazza (ben più di 5 mila), con la manifestazione – anzi le manifestazioni – più partecipata del sindacalismo di base e conflittuale degli ultimi decenni, la sua composizione in cui spiccavano porzioni di una classe subalterna composita e combattiva, ed una nutrita presenza giovanile, anche di studenti.
È stato il coronamento di un lavoro organizzativo unitario visibile. “banalmente”, alla cittadinanza grazie ad attacchinaggi e volantinaggi dei giorni scorsi; oltre che all’assemblea – riuscita e ricca di interventi – di circa una settimana fa in Piazza Sarzano.
Era servita per testare il polso delle situazioni di lotta coinvolte, dalla logistica alle municipalizzate, dalla sanità alla scuola, passando per il pubblico impiego e il precariato sociale diffuso che la neonata, a Genova, Federazione del Sociale di USB vuole organizzare.
Una giornata complessa iniziata con un blocco ad uno dei principali varchi del porto su Lungomare Capena, nel ponente genovese sin dalle 6 di mattina; e da un “restringimento” della corsia stradale in prossimità dell’entrata dello scalo, che ha comportato il rapido congestionamento del traffico veicolare sin da prima dell’alba.
Un appuntamento, quello della prima mattina, che ha visto la presenza di altri spezzoni di lavoratori – oltre a USB porto – poi protagonisti della piazza, come i vigili del fuoco di USB, alcuni solidali (tra cui Potere al Popolo e Genova Antifascista).
Un nutrito gruppo di portuali è partito in corteo dopo circa tre ore, verso le nove, in direzione del concentramento alla rotatoria di fronte alla Coop Stazioni Marittime nel piazzale Iqbal Masiq.
Va detto, che l’adesione allo sciopero generale e “lo sciopero a singhiozzo” proclamato dalle RSU della più importante azienda per il traffico di container – la PSA di Pra’ – ha fatto sì che centinaia di camionisti (come riporta Genova 24) nel pomeriggio “fossero assembrati all’ingresso a causa del blocco pressoché totale delle operazioni di carico e scarico merce”. Una situazione che potrebbe riproporsi anche i prossimi giorni.
Già al concentramento – dalle nove alle dieci, circa – i numeri erano più che incoraggianti al solo colpo d’occhio e lasciavano pensare alla possibilità di “prendersi la sopraelevata”, l’arteria stradale che sovrasta Genova sul “Fronte Mare” e funge da tangenziale vista mare, essenziale per il traffico cittadino. Una possibilità ipotizzata in precedenza se i numeri l’avessero permesso.
Inoltre, sin da subito si capisce come una parte delle persone venute in piazza – e che sceglieranno di non partecipare al corteo unitario (CUB e il sedicente “Coordinamento Portuali Genova”) – vorrebbero schiacciare la giornata sulla questione dell’opposizione al Green Pass (comunque presente nella piattaforma unitaria e ribadita più volte negli interventi dell’amplificazione del corteo unitario).
Una “declinazione” che avrebbe fatto della piazza una sorta di appendice delle mobilitazioni sin qui svolte soprattutto il sabato, dando spazio a componenti politiche “ambigue” e conniventi con la galassia neo-fascista (come Italexit di Paragone e affini), e a parole d’ordine in odor di complottismo
Per essere chiari: l’opposizione al Green Pass è legittima, ma è solo uno tra i tanti aspetti nefasti della gestione pandemica ed una delle ragioni che hanno spinto le persone a mobilitarsi.
Decisamente più importanti sono infatti: sblocco di sfratti (7.000 previsti nella sola Genova per quest’anno) e licenziamenti, attacco al Reddito di Cittadinanza, ristrutturazione del sistema di ammortizzatori sociale, caro-bollette, un milione di posti di lavoro persi durante la pandemia, e chi più ne ha più ne metta.
Facendo gioco sulle difficoltà logistiche – l’accesso alla sopraelevata era un evidente punto di strozzatura, presidiato a lungo da una camionetta della polizia messa di traverso, e dalla confusione iniziale – CUB e altri hanno scelto di fare un corteo a sé, vanificando la capacità unitaria e lasciando emergere solo una tematica, come è stato evidente dal coro ripetuto fino allo sfinimento “no green pass” e dagli interventi di quella porzione di mobilitazione riportati dalla stampa, che anche a livello locale strumentalmente li ha enfatizzati per gestire mediaticamente questa prima ondata di mobilitazione contro Draghi, e poi quasi oscurarla del tutto in serata.
Un segnale di “codismo” della CUB di fronte a tutte le ambiguità emerse nelle piazza “No Green Pass” a Genova, a cui si è preferita una piazza che affrontasse complessivamente l’opposizione al governo Draghi e alle sue politiche e desse conto delle complessità di ragioni che hanno spinto i lavoratori a scioperare e a scendere in piazza, e che ha scelto di derubricare un obiettivo importante come l’approdo unitario del corteo sotto Confindustria, rispetto alla Prefettura scelta da CUB e altri.
Come hanno ribadito USB e SiCobas in un comunicato unitario a fine corteo: “Sono state decine di interventi di lavoratori e di lavoratrici che hanno ribadito e rafforzato i punti programmatici nella piattaforma unitaria, ribadendo le ragioni dello sciopero generale, rivendicando la discriminante antifascista, antirazzista, internazionalista ed anti-imperialista.”
Infatti, scesi dalla sopraelevata fronte all’ex mercato del pesce il corteo si è ricongiunto con una parte che, nella confusione iniziale, era confluita con Cub e No Green Pass tout court, andando sotto il palazzo dell’Autorità Portuale, dove all’entrata è stato temporaneamente esposto lo striscione unitario tra le nebbia dei fumogeni lanciati: “Unire le lotte No a precarietà e sfruttamento”, per poi ripartire in direzione di Confindustria sfilando per le principali strade e piazze del centro cittadino.
La sede dell’associazione datoriale è stata il giusto approdo del corteo, che non ha lasciato indifferenti i propri dirigenti, spaventati da quelli che hanno chiamato per voce del suo presidente Umberto Risso “estremisti”.
Il che, involontariamente, fornisce un’indicazione per la configurazione del conflitto sociale a venire: “se gli estremisti riescono a bloccare come oggi qualsiasi attività certamente sarebbe un rischio”.
Il padronato genovese non è nuovo a certe uscite in occasione di scioperi, ma qualche volta c’è qualcosa in più se si sono scomodati gli Anni Settanta.
Come per ogni sciopero generale, ciò che conta non solo sono i numeri che riesce a mettere in campo ma l’impatto nella percezione di (larghe o meno) fasce di subalterni, e le sue conseguenze politiche complessive sulla fase che sta attraversando il Paese.
Un ottimo segnale, quindi, che non può che essere un primo passaggio per l’agenda dell’opposizione politica all’attuale esecutivo anche nella Superba.
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