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Un sabato No Nuke, da Saluggia a Scanzano Ionico

Sabato 21 Maggio una catena umana attraverserà tutta Italia. è la catena delle associazioni, dei comitati e della cittadinanza attiva che ha deciso di schierarsi contro il nucleare. I comitati promotori parlano di una delle piu’ grandi manifestazioni antinucleari dai tempi del referendum del 1987. E infatti, saranno dieci le catene umane che si snoderanno nel nostro Paese: Saluggia (Vercelli), Caorso (Piacenza), Chioggia (Venezia), Monfalcone (Gorizia), Montalto (Viterbo), Termoli (Campobasso), Nardò (Lecce), Scanzano Jonico (Matera), la foce del fiume Sele (Salerno) e Palma di Montechiaro (Agrigento). Alcune delle dieci località, teatro delle manifestazioni di Sabato, sono quelle in lizza per ospitare le centrali nucleari tanto desiderate dal Governo Berlusconi. Le altre convivono da anni con la presenza di scorie radioattive o di centrali dismesse.”il senso della nostra partecipazione alla catena umana- spiega ai nostri microfoni Pasquale Stigliani del comitato Scanziamo le scorie- è quello di costruire un modello energetico democratico, capace di contribuire ad uno sviluppo sostenibilie e soprattutto difendere il nostro territorio da nuove possibili minacce”. E infatti, tra i siti che potrebbero ospitare le scorie radioattive figurerebbe di nuovo Scanzano Jonico. Già nel 2003, la cittadina della Basilicata, fu teatro di una grande protesta popolare contro la decisione del Governo (presieduto sempre da Silvio Berlusconi) che aveva identificato Scanzano come luogo per la costruzione del deposito definitivo delle scorie nucleari italiane, con un processo decisionale dall’alto che non coinvolgeva le autorità locali. La zona del metapontino non risulta idonea, per ragioni geologiche, ad ospitare un deposito e a seguito delle proteste dei cittadini il progetto fu accantonato. Oggi tornare a parlare di Scanzano come di un possibile sito per il deposito di scorie può essere considerato uno schiaffo alla volontà popolare che nel 2003 era scesa in piazza per difendere la propria terra. Ma in un Paese in cui la democrazia sembra essere sempre piu’ una formula politica la volontà popolare non conta: è irrilevante che nell’87 i cittadini italiani abbiano detto un chiaro “no” all’energia nucleare, è irrilevante la volontà di 1.400.000 cittadini che hanno firmato per la ripubblicizzazione dell’acqua e per poter esprimere la propria volontà all’appuntamento referendario. Così come è irrilevante il diritto ad essere informati sulle modalità di voto. Ma la società civile non ci sta e dalle catene umane si leverà anche un grido di protesta contro la disinformazione, la sordina messa all’appuntamento referendario e il tentativo di scippo del terzo quesito, proprio quello sul ritorno all’atomo. “Gli italiani – scrivono in un comunicato i comitati contro il nucleare – hanno il diritto di sapere quello che sta capitando al referendum nucleare: dai tentativi di boicottaggio alla censura ancora in atto sulla tv pubblica”. E proprio contro i tentativi di sabotare l’appuntamento col voto del 12 e 13 giugno, il Comitato rivolge un appello ai deputati: “Il Parlamento non si presti al raggiro del decreto Omnibus che vuole cancellare il referendum senza fermare veramente i programmi atomici del governo”. Intanto dall’Assemblea di Montecitorio arriva l’annuncio che la discussione sul decreto Omnibus è rinviata a lunedì. Nel frattempo, chiunque abbia voglia di protestare contro questo scippo di democrazia dovrà fare i conti con le forze dell’ordine schierate in piazza Montecitorio. è accaduto ad un gruppo di attivisti di Greenpeace che ieri hanno organizzato un’azione di protesta con slogan e striscioni per denunciare il “furto di referendum”. I ragazzi però non hanno potuto farsi sentire per piu’ di qualche minuto a causa dell’intervento della polizia che ha interrotto la protesta, sequestrato gli striscioni e trattenuto quattro attivisti in Commissariato.

 Radio Citta Aperta

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