La trivella non si ferma nelle aree protette
Andrea Palladino
È un corpo fluido il decreto Monti, una sorta di ectoplasma che si aggira tra i corridoi dei palazzi romani, pronto a cambiare colore, odore, consistenza. Impossibile avere un testo certo, che possa fugare i tanti dubbi sulle scelte dell’esecutivo. Ed è un vero giallo la questione della trivella libera, ovvero della norma contenuta nell’articolo 17 dell’unico documento arrivato informalmente nelle redazioni dopo le otto ore di discussione a Palazzo Chigi. Non è roba da poco: se quel testo fosse confermato le parole del ministro dell’ambiente Corrado Clini – che assicurava tutti sul rispetto delle aree protette – sarebbero clamorosamente smentite, aprendo le porte alle piattaforme offshore nelle zone più pregiate del nostro mare.
A lanciare l’allarme ieri mattina, quando tutti i giornali riportavano quell’unico testo conosciuto, è stato il presidente dei Verdi Angelo Bonelli: «Sulle trivellazioni petrolifere avevamo ragione noi: confermiamo quello che abbiamo denunciato ieri e le smentite che sono arrivate suonano come delle prese in giro». Venerdì sera, subito dopo la chiusura del consiglio dei ministri, Corrado Clini aveva assicurato che «il decreto liberalizzazioni non contiene alcuna norma relativa alle trivellazioni in mare». Una smentita che però non toglie il legittimo dubbio. Il ministero dell’ambiente, contattato ieri da il manifesto, non ha voluto divulgare il testo definitivo approvato dal consiglio dei ministri, limitandosi a ribadire le dichiarazioni di Clini: «Mandarvi il testo di sabato pomeriggio? Impossibile. Lo renderà noto Palazzo Chigi», hanno spiegato i collaboratori di Corrado Clini. C’è di più: il documento pubblicato sui siti dei principali giornali italiani – che porta la data del 21 gennaio, ore 9.37 – non è stato mai smentito da Palazzo Chigi o dal ministro Passera, autore di gran parte del decreto. E su quel documento l’articolo 17 è presente.
Il testo, se confermato, renderebbe di fatto possibile aggirare il divieto di estrarre il petrolio nelle aree protette, compresi i santuari marittimi. Fino ad oggi il testo unico sull’ambiente del 2006 vietava la trivellazione «all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale». L’articolo 17 del decreto Monti – o almeno del testo divulgato venerdì pomeriggio – cambia sostanzialmente questo passaggio. Primo punto: «Nel caso di istituzione di nuova area protetta restano efficaci i titoli abilitativi già rilasciati». Le zone marine in attesa di completamento dell’istruttoria – in carico al dicastero di Corrado Clini – per essere dichiarate protette sono ben dodici: Costa del Piceno, l’isola di Gallinara, l’arcipelago toscano, la costa del Monte Conero, capo Testa, il Golfo di Orosei, capo Monte Santu, le Isole Eolie, l’isola di Pantelleria, la Penisola salentina, Pantani di Vindicari in Sicilia, l’arcipelago della Maddalena. Zone che in molti casi – come nel canale di Sicilia e nella zona della Penisola salentina – coincidono con aree di possibili estrazioni di petrolio attraverso le piattaforme offshore.
Secondo i dati pubblicati dal ministero dello sviluppo economico – il dicastero che rilascia le concessioni petrolifere – ad oggi sono state autorizzate 25 attività di ricerca di idrocarburi in mare e 91 in terra ferma. Altre 45 richieste per attività al largo delle nostre coste sono in attesa di essere analizzate. In molti casi le aree interessate coincidono o sfiorano quelle zone che dovrebbero un giorno essere dichiarate protette. È il caso, ad esempio, della vasta area richiesta dalla società inglese Spectrum, che attraversa buona parte del mare Adriatico, dal Golfo di Manfredonia fino alla punta del Salento, zona candidata a divenire protetta. In questa stessa zona del mare della Puglia potrebbero iniziare a breve le prospezioni della Northern Petroleum, altra società del Regno Unito, specializzata in ricerche petrolifere. Questa stessa società ha chiesto al governo italiano la concessione per altre aree nel canale di Sicilia, comprese tra il mare di Agrigento e l’isola di Pantelleria, zona inclusa nell’elenco delle aree protette ancora da approvare.
Con la nuova norma, qualora fosse confermata, le ricerche petrolifere in queste aree del Mediterraneo meridionale potrebbero continuare anche dopo il decreto di delimitazione delle zone protette. Mentre il Costa Concordia rischia di uccidere il mare dell’isola del Giglio, spargendo più di 2000 litri di gasolio, e in attesa che qualcuno inizi a cercare i 200 fusti di solventi sparsi nel santuario dei Cetacei nell’arcipelago toscano, il ministro Passera ha tentato di trasformare il Tirreno e l’Adriatico in un novello golfo del Messico. Corrado Clini assicura che alla fine il buon senso è prevalso e che quell’articolo ammazza mare non è passato. Di fronte ad un testo fantasma il dubbio resta, fino alla firma di Napolitano. ma nelle aree protette.
A lanciare l’allarme ieri mattina, quando tutti i giornali riportavano quell’unico testo conosciuto, è stato il presidente dei Verdi Angelo Bonelli: «Sulle trivellazioni petrolifere avevamo ragione noi: confermiamo quello che abbiamo denunciato ieri e le smentite che sono arrivate suonano come delle prese in giro». Venerdì sera, subito dopo la chiusura del consiglio dei ministri, Corrado Clini aveva assicurato che «il decreto liberalizzazioni non contiene alcuna norma relativa alle trivellazioni in mare». Una smentita che però non toglie il legittimo dubbio. Il ministero dell’ambiente, contattato ieri da il manifesto, non ha voluto divulgare il testo definitivo approvato dal consiglio dei ministri, limitandosi a ribadire le dichiarazioni di Clini: «Mandarvi il testo di sabato pomeriggio? Impossibile. Lo renderà noto Palazzo Chigi», hanno spiegato i collaboratori di Corrado Clini. C’è di più: il documento pubblicato sui siti dei principali giornali italiani – che porta la data del 21 gennaio, ore 9.37 – non è stato mai smentito da Palazzo Chigi o dal ministro Passera, autore di gran parte del decreto. E su quel documento l’articolo 17 è presente.
Il testo, se confermato, renderebbe di fatto possibile aggirare il divieto di estrarre il petrolio nelle aree protette, compresi i santuari marittimi. Fino ad oggi il testo unico sull’ambiente del 2006 vietava la trivellazione «all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale». L’articolo 17 del decreto Monti – o almeno del testo divulgato venerdì pomeriggio – cambia sostanzialmente questo passaggio. Primo punto: «Nel caso di istituzione di nuova area protetta restano efficaci i titoli abilitativi già rilasciati». Le zone marine in attesa di completamento dell’istruttoria – in carico al dicastero di Corrado Clini – per essere dichiarate protette sono ben dodici: Costa del Piceno, l’isola di Gallinara, l’arcipelago toscano, la costa del Monte Conero, capo Testa, il Golfo di Orosei, capo Monte Santu, le Isole Eolie, l’isola di Pantelleria, la Penisola salentina, Pantani di Vindicari in Sicilia, l’arcipelago della Maddalena. Zone che in molti casi – come nel canale di Sicilia e nella zona della Penisola salentina – coincidono con aree di possibili estrazioni di petrolio attraverso le piattaforme offshore.
Secondo i dati pubblicati dal ministero dello sviluppo economico – il dicastero che rilascia le concessioni petrolifere – ad oggi sono state autorizzate 25 attività di ricerca di idrocarburi in mare e 91 in terra ferma. Altre 45 richieste per attività al largo delle nostre coste sono in attesa di essere analizzate. In molti casi le aree interessate coincidono o sfiorano quelle zone che dovrebbero un giorno essere dichiarate protette. È il caso, ad esempio, della vasta area richiesta dalla società inglese Spectrum, che attraversa buona parte del mare Adriatico, dal Golfo di Manfredonia fino alla punta del Salento, zona candidata a divenire protetta. In questa stessa zona del mare della Puglia potrebbero iniziare a breve le prospezioni della Northern Petroleum, altra società del Regno Unito, specializzata in ricerche petrolifere. Questa stessa società ha chiesto al governo italiano la concessione per altre aree nel canale di Sicilia, comprese tra il mare di Agrigento e l’isola di Pantelleria, zona inclusa nell’elenco delle aree protette ancora da approvare.
Con la nuova norma, qualora fosse confermata, le ricerche petrolifere in queste aree del Mediterraneo meridionale potrebbero continuare anche dopo il decreto di delimitazione delle zone protette. Mentre il Costa Concordia rischia di uccidere il mare dell’isola del Giglio, spargendo più di 2000 litri di gasolio, e in attesa che qualcuno inizi a cercare i 200 fusti di solventi sparsi nel santuario dei Cetacei nell’arcipelago toscano, il ministro Passera ha tentato di trasformare il Tirreno e l’Adriatico in un novello golfo del Messico. Corrado Clini assicura che alla fine il buon senso è prevalso e che quell’articolo ammazza mare non è passato. Di fronte ad un testo fantasma il dubbio resta, fino alla firma di Napolitano. ma nelle aree protette.
Da “il manifesto”
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