“Cloroformio Composto chimico, detto anche triclorometano (CHCl3). Liquido incolore, di odore dolciastro, poco solubile in acqua, facilmente solubile in alcol ed etere. Scioglie lo iodio, l’indaco, i grassi, le cere ecc. Si prepara per clorurazione del metano o per azione del cloruro di calce su acetone o etanolo. È impiegato come solvente per estrarre grassi, oli, cere, resine, come insetticida; in passato era usato in medicina come anestetico generale”. Così scrive del cloroformio l’Enciclopedia Treccani.
Il cloroformio, dissolto in acqua soprattutto in quella potabile (oltre determinati limiti) , è bandito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in quanto cancerogeno, epatotossico, tossico renale, abortivo e in grado di provocare gravi aritmie cardiache, anche mortali. Nella Terra dei Fuochi, in Campania, il cloroformio inquina le falde acquifere (oltre settecento per cento in più dei valori consentiti) e di conseguenza le zucchine, finocchi, verze, cavoli, insalate e altri vegetali dei campi irrigati da quelle acque.
In quell’acqua però c’è anche un’alta concentrazione, di molto superiore ai limiti di legge, di arsenico, fluoruri, solfati e manganese; secondo un rapporto dell’ISPRA, un inquinamento ad alti livelli coinvolge sia le acque e i pesci, che la fauna e la flora.
Il professor Antonio Marfella (Farmacologo e Oncologo della Fondazione Pascale, Napoli) afferma che le anguille del mare del golfo di Napoli sarebbero ricche in diossina, definendole “policlorobifenili ambulanti”.
Con il termine generico di diossine vengono indicati duecentodieci composti chimici che, schematicamente, vengono distinti nel gruppo dei PCDD (dibenzo-p-diossine) e PCDF o furani (dibenzo-p-furani).
Nell’ambiente le diossine possono accumularsi nella vegetazione, negli animali erbivori, nel latte e prodotti caseari, nella fauna ittica. Queste fonti, oltre alle fonti primarie (dovute all’accumulo ambientale), rappresentano delle sorgenti di tipo secondario.
In base alle raccomandazioni CEE (88/06/CE) le contaminazioni del prodotto ittico sarebbero notevolmente superiori ai valori di fondo; infatti un documento del 2012 dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale) su Diossine, Furani, Policlorobifenili derivante da un’indagine ambientale nella Regione Campania 2012 si afferma che: “[…] le elevate concentrazioni di PCB riscontrate nei pesci sembrano pertanto dovute a processi fisiologici che influenzano modalità di accumulo differenziate a seconda del congenere. La selettività dell’accumulo potrebbe risultare amplificata durante il passaggio dei contaminanti attraverso i progressivi livelli della catena trofica.
Si potrebbe pertanto ipotizzare che i pesci possiedono una maggior capacità di metabolizzare ed eliminare PCDD e PCDF rispetto ai PCB, oppure che i PCB presentano per qualche motivo un coefficiente di biomagnificazione maggiore causato da processi di accumulo preferenziale tramite la catena trofica acquatica.
[…]Lavori scientifici basati sulla raccolta e analisi di un numero maggiore di campioni rispetto al nostro studio hanno mostrato che i profili di concentrazione tendono a essere specie-specifici, in quanto specie diverse hanno tendenza ad accumulare congeneri diversi secondo le proprie affinità alimentari e gli habitat di preferenza […].”
L’acqua inquinata (compresa quella potabile) nella terra dei fuochi non è un mistero, e i militari americani di istanza nelle basi campane lo sanno bene.
Le fibre di amianto, derivato dalle vecchie tubazioni in cemento-amianto (eternit) potrebbero altamente inquinare l’acqua potabile, insieme alle alte concentrazioni di arsenico.
Uno studio del 2002-2003 aveva dimostrato che la presenza dell’amianto nelle tubature è un vero problema e, in alcune zone dell’Ambito Territoriale Ottimale (Ato 2) della Terra dei Fuochi, gli acquedotti comunali potrebbero rilasciare queste pericolose fibre.
A tale proposito occorre ricordare quanto detto da Fiorella Belpoggi, biologa internazionale, dell’Istituto Ramazzini, che ha affermato che l’amianto nell’acqua non è meno pericoloso di quello disperso nell’aria.
E il problema non riguarda solo la Terra dei Fuochi!
(continua)
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