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Cambiamento climatico: la lettera di Maduro all’Onu

Illustri Capi di Stato e di Governo

Popoli fraterni del mondo

Comunità internazionale:

Approcciando all’inizio della 25° Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, sono obbligato, in qualità di Capo di Stato della Repubblica Bolivariana del Venezuela e coabitante di questa Madre Tierra, a condividere le preoccupazioni comuni sulle gravi minacce che incombono sul nostro pianeta e sulla specie umana.

Noi, gli Stati firmatari dell’accordo sul cambiamento climatico del 2015, abbiamo raggiunto una posizione comune su punti fondamentali per fermare il riscaldamento globale e le emissioni di gas a effetto serra. In Venezuela, abbiamo proposto di avanzare con impegni più profondi, sapendo che limitare il riscaldamento globale a 1,5 o 2 gradi Celsius ci ha posto al limite di rischi complessi. Ciononostante, il Venezuela ha firmato questo accordo, che riflette una comune volontà internazionale di agire contro le devastazioni del cambiamento climatico.

Il potere costituente del 1999, consapevole di questo pericolo globale, ha approvato senza riserve la tutela costituzionale dei diritti della natura e ha dato forma normativa al modello di sviluppo del socialismo bolivariano nella nuova Costituzione della Repubblica, in contrasto con il modello capitalistico predatorio dell’ambiente.

Da allora, abbiamo avvertito che la deforestazione, la conversione del territorio, la desertificazione, l’alterazione dei sistemi di acqua dolce, il sovra-sfruttamento delle risorse marine, l’inquinamento e la perdita di diversità biologica costituiscono variabili e categorie che si identificano con il modello capitalista retrogrado.

Non ho quindi alcun dubbio che la radice strutturale del problema che ha generato una diffusa depredazione delle risorse globali e dei suoi profitti sleali risiede nel modello capitalistico, che ha imposto alle società un’ideologia di consumo irrazionale nel contesto di processi produttivi che stanno impoverendo la natura. Ecco perché non può esserci giustizia climatica senza giustizia sociale. La lotta contro il cambiamento climatico è una lotta contro sistemi economici troppo iper-sfruttanti e bellicosi, una crescita economica irresponsabile e un consumismo dilagante.

Il cambiamento climatico è ormai una realtà innegabile, le sue manifestazioni sono visibili e le sue conseguenze sono sempre più catastrofiche. Le più recenti relazioni delle agenzie specializzate delle Nazioni Unite, così come i loro gruppi di esperti, attestano un nuovo record per i livelli di gas serra, che ha portato all’innalzamento del livello del mare, all’acidificazione degli oceani e ad altri eventi estremi, rendendo gli ultimi cinque anni i più caldi mai registrati. Secondo le parole dello stesso Segretario Generale dell’ONU, “il punto di non ritorno non è più all’orizzonte. É in vista e sta correndo verso di noi”.

Se le misure correttive delle attuali politiche produttive capitalistiche non saranno applicate a breve termine, corriamo il rischio di causare danni irreversibili al nostro pianeta e, di conseguenza, ci troveremo di fronte a molte altre catastrofi climatiche che devasteranno i nostri popoli, e soprattutto i più vulnerabili dal punto di vista socioeconomico e demografico. Sono i popoli del Sud che sono in prima linea nell’estinzione di massa a causa della crisi climatica. Siamo chiamati ad un vero sviluppo: umano, ecologista e parlando la lingua di Pachamama.

I paesi industrializzati hanno una responsabilità storica per quanto sta accadendo in campo ambientale. Da un lato, non stanno rispettando gli impegni di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra; dall’altro, stanno cercando di ignorare il sistema negoziale multilaterale sulle questioni ambientali per evitare i loro obblighi e trasferirli spudoratamente ai paesi in via di sviluppo.

Illustri capi di Stato, di governo e popoli del mondo, è tempo di alzare la nostra voce con coraggio e determinazione. Dobbiamo assumerci il compito urgente e non rimandabile di salvare la nostra Madre Tierra. Noi, i paesi del Sud, dobbiamo assumerci la responsabilità dell’agenda per la difesa e la protezione dell’ambiente, perché non siamo invano il serbatoio naturale del pianeta.

Dal Venezuela, chiedo un’inevitabile ed imprescindibile azione globale per difendere la specie umana e la Casa común che ci accoglie, per vivere in comunità, in fraternità e in armonia con la natura.

Non c’è più tempo. Non c’è spazio di manovra né per mezze misure, né per negoziati dietro le quinte, né per dichiarazioni di buone intenzioni, non c’è alternativa se non quella di lottare contro un sistema di totale dominio predatorio, e quindi di difendere – ancora di più, per salvare – ciò che ci ha dato la vita e la possibilità di proiettarla.

Nelle parole dei nostri popoli indigeni: “Un giorno / la luna si fermerà nel cielo / I fiori si seccheranno / E nella giungla cresceranno solo le pietre”.

Uniamo i nostri cuori e le nostre coscienze umane perché le pietre fioriscano.

Salviamo l’umanità.

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