Il Consiglio di Stato ha respinto la richiesta di sospensiva presentata dalla multinazionale ArcelorMittal contro la sentenza del Tar di Lecce che impone di spegnere entro un mese l’area a caldo dello stabilimento di Taranto. “Non risulta e non è stata comprovata la circostanza che, in assenza di immediate misure cautelari, per l’appellante si produrrebbe uno specifico pregiudizio irreparabile, prima della data dell’11 marzo 2021″, è la motivazione presentata dal presidente della Quarta Sezione del Consiglio di Stato, il quale ha fissato per l’11 marzo la camera di consiglio per l’esame della domanda cautelare nella ordinaria sede collegiale, e l’udienza pubblica per il 13 maggio 2021 per la definizione del secondo grado del giudizio.
Ricordiamo che la sentenza del Tar è relativa ad un’ordinanza del sindaco di Taranto Melucci che a febbraio 2020 aveva disposto che ArcelorMittal e l’Ilva (in amministrazione straordinaria), proprietaria degli stessi, individuassero in 30 giorni la causa delle emissioni inquinanti, rimuovendole, ordinando inoltre che in caso di mancato adempimento le stesse società avrebbero dovuto spegnere gli impianti nei 30 giorni successivi. Sull’ordinanza di Melucci, impugnata dalle due società, si è poi aperto un contenzioso finito al Tar che ha prodotto la sentenza del 13 febbraio che chiede la chiusura delle lavorazioni a caldo dello stabilimento, ossia di quelle più inquinanti.
Ieri intanto si è svolto a Roma presso il Ministero dello Sviluppo Economico, l’atteso incontro riguardante la vicenda degli stabilimenti ArcelorMittal Italia. Al tavolo erano presenti i neo-ministri Giorgetti e Orlando
Il tavolo aveva come contesto il lascito del governo precedente, con il Piano di rilancio dello stabilimento e la sentenza del Tar di Lecce che ha imposto la chiusura degli impianti in un paio di mesi.
I due ministri congiuntamente hanno dato disponibilità a riaprire il confronto, e nella sostanza questo è stato un incontro in cui le istituzioni si sono dedicate all’ascolto delle richieste da parte delle organizzazioni sindacali presenti dopo aver dato comunque indicazione di un impegno per quanto riguarda la questione dell’integrazione al reddito sulla cassa integrazione dei lavoratori dell’ Ilva.
“L’Usb nel suo intervento ha ribadito che ad oggi, malgrado otto mesi di incontri del nuovo piano industriale, non vi è nessuna traccia concreta, ma solo generiche affermazioni o semplici dichiarazioni di intenti. Una discussione vera e seria si può fare solo documenti alla mano” – afferma in una nota Sasha Colautti dell’Usb – “Abbiamo ribadito che la recente sentenza del Tar è figlia di una politica nazionale sbagliata che negli anni ha prodotto risultati nefasti su ambiente, sicurezza e occupazione. L’ obiettivo da raggiungere – secondo Colautti – è il rilancio della comunità, avviando il percorso per un accordo di programma per Taranto”. Per l’Usb le risposte vanno date alla Città e ai lavoratori e non alla multinazionale.
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