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Leggendo Lenin in tempo di guerra

A Novanta anni dalla nascita di Vladimir Ilich Ulianov “Lenin” un breve saggio per coglierne l’importanza per l’oggi. Pochissimi nani sono stati capaci di farsi portare in spalla da un gigante.

Out of control, il mondo è fuori controllo. A dirlo è uno che di controllo se ne intende: Zbigniev Brzezinski,1 uno dei massimi esponenti della Trilateral, la commissione preposta alla “relazione trilaterale tra gli Stati più ricchi e democratici di Europa, America e Asia”, cioè dell’associazione internazionale degli imperialisti. Ma cosa succede dunque? È possibile che il “magnifico ’89”, dopo la sconfitta dell’Impero del Male, converta la sua promessa di Pace Perpetua nel suo esatto contrario: uno stato di guerra generalizzato su scala planetaria?

Domande retoriche lo si capisce.

«La guerra e la politica sono l’espressione dei rapporti sociali di produzione di classe».2 Per il capitale, la guerra non è l’extrema ratio ma la prima ratio.

Per il popolo la guerra è la sciagura peggiore, è assolutamente insopportabile. Ma la situazione di guerra è un’incognita anche per il dominio imperialista: la guerra genera la rivoluzione.

Così la prima guerra mondiale ha generato la Rivoluzione d’Ottobre, la Seconda guerra mondiale ha prodotto un’estensione del campo socialista a mezza Europa e tre quarti d’Asia.

La Guerra fredda ha distrutto l’URSS e il Patto di Varsavia. Ma il capitalismo ha ottenuto una vittoria di Pirro, ha sconfitto il suo nemico storico solo per ritrovarsi nelle stesse condizioni che questo nemico avevano fatto sorgere: crisi economica e guerra imperialista.

Il comunismo novecentesco è finito. L’epoca delle rivoluzioni proletarie è appena iniziata.

Lenin ci insegna che la rivoluzione è un’arte, come ogni opera d’arte non ammette arbitrarietà soggettivistica. La creatività dell’avanguardia è rigorosa. Se l’avanguardia artistica rappresenta l’insurrezione dell’arte contro “lo stato di cose presente”, il leninismo rappresenta l’arte dell’insurrezione che tale stato di cose distrugge e supera.

Scriveva Tristan Tzara nel 1931: «Agire, agire davvero […]. La Rivoluzione sociale non ha bisogno della poesia, ma è la poesia che ha bisogno della Rivoluzione».

C’è bisogno della rivoluzione, c’è bisogno di leninismo. Per la poesia, per l’arte, per la vita stessa, se vogliamo fermare la guerra.

Oggi parlare di Lenin è come parlare del Diavolo in persona, proprio come quando Lenin era vivo.

Fino a vent’anni fa, esistevano in tutti i paesi del mondo partiti che si richiamavano esplicitamente al leninismo, alcuni di questi partiti erano al potere perché avevano condotto delle rivoluzioni, altri per effetto degli equilibri strategici sorti dopo la fine della Seconda guerra mondiale. La maggior parte di questi partiti però era all’opposizione, alcuni in parlamento, altri costretti all’illegalità o comunque fortemente repressi.

Dopo il XX Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, nel 1956, con la svolta imposta da Kruscev, la maggior parte dei partiti comunisti trovò più imbarazzante l’eredità leninista.

I partiti al potere si presentavano all’interno con l’ideologia dello “stato di tutto il popolo”, cioè dicevano che la lotta di classe era finita e bisognava solo sviluppare le forze produttive, mentre sul piano internazionale sostenevano la “coesistenza pacifica”, cioè la cooperazione con il capitalismo.

I partiti comunisti che erano all’opposizione, in particolare quelli parlamentari, assunsero programmi sempre più moderati, riformisti. Si consegnava Lenin alla Storia, lo si estrometteva dalla politica: si preparava la sconfitta.

La Cina maoista (cioè fino al 1976) e la nuova sinistra (cioè i movimenti nati dal Sessantotto), si batterono vivacemente contro questa imbalsamazione di Lenin, rivendicando l’attualità politica del suo insegnamento rivoluzionario.3

Questa piccola antologia vuole proporre una lettura maoista di Lenin. Si tratta, beninteso, di un invito alla lettura, di un’introduzione ad alcuni degli elementi fondamentali del pensiero di Lenin, ma dichiaratamente orientata politicamente. Da qui la scelta di un raggruppamento tematico dei testi, fondato sull’indicazione dello stesso Lenin di ricercare “tre fonti, tre parti integranti” nel marxismo: il materialismo dialettico, la critica dell’economia politica, l’organizzazione della lotta di classe proletaria.

1) Gli scritti sul materialismo dialettico, qui compresi sotto il titolo Logica dell’insurrezione, mettono in luce lo sviluppo alla filosofia marxista che Lenin imprime, ponendo la questione della contraddizione come categoria centrale della logica dialettica. Questo aspetto è stato ampiamente sottovalutato, quando non ignorato o disprezzato, dal marxismo ufficiale. In URSS, dopo gli anni Trenta, con l’affermarsi del dia-mat – come ideologia che schematizzava ed impoveriva il marxismo, rendendolo un inutile dogma – e per effetto della propaganda di guerra contro la Germania nazista, gli studiosi furono indirizzati a ritenere gli scritti di Lenin sulla dialettica hegeliana come appunti che riflettevano il pensiero di Hegel e non di Lenin.

C’è stata poi una critica diretta a Lenin filosofo da parte di tutta una serie di marxisti di destra e di sinistra, da Pannekoek a Colletti, in nome di un’eliminazione dal marxismo di ogni residuo di idealismo hegeliano, da sostituire con più “moderne” filosofie, in genere di stampo neo-positivista.

Mao invece, mentre preparava i corsi di filosofia per l’università militare antigiapponese, a Yenan nel 1936, aveva sott’occhio i Quaderni filosofici di Lenin e, seguendo le intuizioni del suo maestro Li Dazhao,4 arricchiva questa “parte integrante” del marxismo con elementi tratti dalla tradizione del pensiero dialettico cinese. In apertura del suo saggio Sulla contraddizione, Mao cita un brano dei quaderni di Lenin su Hegel: «Nel senso proprio della parola la dialettica è lo studio delle contraddizioni nell’essenza stessa degli oggetti».5

Sia il marxismo “ufficiale” che quello “critico”, partono dalla negazione della centralità della contraddizione in filosofia per arrivare a negare la centralità della lotta di classe in politica.

Per Marx, Lenin e Mao è vero esattamente l’opposto: la necessità di un orientamento filosofico nella lotta di classe impone l’elaborazione di una logica dialettica come scienza della contraddizione.

2) La critica dell’economia politica viene sviluppata da Lenin con l’analisi dell’imperialismo.

Dice giustamente Lukacs: «La concezione leniniana dell’imperialismo ha il carattere apparentemente paradossale di essere una importante operazione teorica, senza per altro contenere molto di realmente nuovo se considerata come teoria puramente economica. […]. La superiorità di Lenin sta nel fatto di essere riuscito – e questa è una impresa teorica senza paragone – a collegare concretamente e organicamente la teoria economica dell’imperialismo con tutte le questioni politiche contemporanee: a fare della struttura economica della nuova fase un filo conduttore per l’insieme delle azioni pratiche in un orizzonte così decisivo».6

Allo stesso modo, Stato e rivoluzione può apparire come una ricostruzione filologica di quanto Marx ed Engels hanno scritto sull’argomento, in realtà, per continuare ad usare le parole di Lukacs: «Lenin ha individuato nella questione dello stato il problema all’ordine del giorno per il proletariato in lotta».7

Su questi fondamenti si basa la critica di Lenin al revisionismo, questi sono i motivi principali della rottura di Lenin e dei comunisti con la socialdemocrazia della Seconda Internazionale.

Non a caso Mao si rifarà proprio a questi elementi centrali per condurre la sua battaglia contro il revisionismo moderno, rappresentato da Kruscev e Breznev come da Togliatti e Berlinguer.

3) Lenin è il più grande stratega dell’organizzazione della lotta di classe proletaria.8 Anche in quest’ambito non sono certo mancate distorsioni ed attacchi liquidatori al suo pensiero ed alla sua opera.

Alla figura del rivoluzionario professionale si è sostituita quella del funzionario di partito, il centralismo democratico è degenerato in centralizzazione burocratica. Questo non dipende dal “modello” leninista di partito, in quanto tale “modello” semplicemente non esiste, se non come fraintendimento della forma che Lenin dà al partito bolscevico, nelle condizioni specifiche della Russia di inizio secolo, con l’essenza della questione che Lenin pone: forgiare lo strumento politico che possa sviluppare la lotta di classe fino ad abbattere lo stato borghese ed avviare la transizione verso l’eliminazione della divisione classista della società. Il partito deve saper sognare, deve compiere un’opera d’arte di incommensurabile creatività. Ernst Bloch la chiamerà experimentum mundi.

Nelle condizioni più drammatiche, trasformare la guerra imperialista in una guerra civile che ponga fine al macello. E così come il capitale non conosce per sé confini, anche quando manda i proletari a massacrarsi su quei confini che innalza a “sacri”, i proletari debbono riconoscersi ed organizzarsi al di là di ogni confine, di ogni barriera razziale, etnica o di qualunque natura. L’attualità dell’internazionalismo emerge proprio quando il risorgere aggressivo delle ideologie nazionaliste si realizza in massacri che travalicano l’orrore.

Anche quando l’insurrezione vittoriosa ha spezzato la macchina statale della borghesia imperialista, la lotta di classe non si ferma. Su questo punto Lenin è di una chiarezza inequivocabile, ma sarà ancora una volta Mao, a riprendere questa tesi, quando in URSS, all’ombra dei giganteschi monumenti a Lenin, essa verrà negata. Mao sviluppa ed approfondisce l’insegnamento di Lenin: il partito non basta a correggere le deviazioni che inevitabilmente sorgono nella società socialista, occorre fare appello direttamente alle masse, “bombardare il quartier generale”, far proseguire ininterrottamente il processo rivoluzionario.

Le Note su Clausewitz, non rappresentano un’appendice, ma la parte più importante dell’antologia. Sono tratte dall’unica edizione italiana esistente, non essendo comprese nelle Opere complete, pubblicata nel 1970 dalle Edizioni Maquis, a cura di Filippo Gaja.

L’importanza di questo testo non sta solo nel fatto che si tratta di una rarità bibliografica, esso contiene l’essenza del pensiero di Lenin sulla guerra ed il suo rapporto con la politica, tema che giunge a piena maturità in Lenin proprio attraverso lo studio di Clausewitz, affrontato da un punto di vista marxista.

Il saggio introduttivo e le note di Gaja offrono al lettore un’adeguata contestualizzazione.

I capitoli sono intercalati da alcune poesie di Brecht (nella classica versione di Ruth Leiser e Franco Fortini)9 che visse e rappresentò la tensione dell’avanguardia leninista nell’arte come nella politica.

Nota bibliografica

Come già detto, le opere di Lenin non vengono più ristampate dai grandi editori ormai da molti anni, più facile trovarle nei banchetti dell’usato o militanti, che in libreria, oppure in rete, digitando:

www.leninismo.it;

www.marxists.org/italiano/lenin/index.htm;

www.resistenze.org.

In biblioteca, possono essere reperiti: Lenin, Opere complete, Roma, Editori Riuniti, 1970 e due fra i più importanti studi storici sull’argomento: E.H. Carr, La rivoluzione bolscevica, Torino, Einaudi, 1964; C. Hill, Lenin e la rivoluzione russa, Torino, Einaudi, 1954.

Il dibattito internazionale degli ultimi anni sul leninismo è ampiamente riportato nel volume curato da S. Budgen, S. Kouvelakis, S. Žižek, Lenin 2.0. La verità è di parte, Massa, Transeuropa, 2008; nonché dal libro, sempre di S. Žižek, Tredici volte Lenin, Milano, Feltrinelli, 2003.

Recente, quanto interessante, l’antologia curata da E. Quadrelli: Lenin, Politica, guerra e pensiero strategico, Firenze, La Casa Usher, 2010.

Note:

1 Cfr. Z. Brzezinski, Il mondo fuori controllo, Milano, Longanesi, 1993.

2 J. Fallot, Sfruttamento, inquinamento, guerra, Verona, Bertani, 1976, p. 195.

3 Cfr. Viva il leninismo!, in Mao Tse-Tung, Opere, Milano, Edizioni Rapporti Sociali, 1993, vol. 18, pp.81-111

4 Cfr. Li Dazhao, Primavera e altri scritti, a cura di C. Pozzana, Parma, Pratiche, 1994.

5 Mao Tse-Tung, Sulla contraddizione, in Opere, Milano, Edizioni Rapporti Sociali, 1993, vol. 5, p.183.

6 G. Lukacs, Lenin, Torino, Einaudi, 1970, p. 50.

7 Ivi, p.75.

8 Cfr. A. Carrella, Lenin, il laboratorio della strategia comunista, Salerno, Janus, 1992; J. Fallot, Scienza della lotta di classe, Verona, Bertani, 1974.

9 Cfr. B. Brecht, Poesie e canzoni, Torino, Einaudi, 1959.

Il testo pubblicato è l’introduzione a “L’arte dell’insurrezione. Lenin” curato da Roberto Sassi

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