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Marzabotto, 70 anni fa. Il regime mente sempre

Settant’anni fa, di questi giorni e per una settimana, i nazisti – aiutati dai “volenterosi” complici fascisti – rastrellavano la popolazione di Marzabotto, Montesole e altre frazioni delle colline bolognesi, proprio sopra a dove corre oggi l’autostrada, E uccidevano in massa quasi 1.000 persone.

Un episodio tra i peggiori della pur oscena azione delle truppe naziste in Italia, ricordata per decenni dalle associazioni dei partigiani, dalla sinistra politica e sindacale, dai rappresentanti dello Stato di qualsiasi partito politico (meno i fascisti del Msi, ovvero dei vari Fini, Gasparri, Storace, Matteoli, Bocchino, Polverini, ecc. Inutile chiedere al governo attuale qualcosa di simile. AL massimo un tweet di circostanza.

La comunicazione dell’attuale governo del resto, usa uno stile che viene da lontanto. Leggere per credere:

VOCI INCONSISTENTI
«Le solite voci incontrollate, prodotto tipico di galoppanti fantasie in tempo di guerra, assicuravano fino a ieri che nel corso di una operazione di polizia contro una banda di fuorilegge, ben centocinquanta fra donne, vecchi e bambini erano stati fucilati da truppe germaniche di rastrellamento nel comune di Marzabotto… Siamo dunque di fronte a una nuova manovra dei soliti incoscienti destinata a cadere nel ridicolo perché chiunque avesse voluto interpellare un qualsiasi onesto abitante di Marzabotto o, quanto meno, qualche persona reduce da quei luoghi, avrebbe appreso l’autentica versione dei fatti»

Così Il Resto del Carlino, l’11 ottobre 1944, commentava i racconti che dalla collina arrivavano ormai in città, tramite qualche scampato al rastrellamento, grazie alle staffette partigiane che facevano correre la notizia. C’è da dire che gli anonimi giornalisti d’allora potevano accampare come immonda giustificazione il fatto che, a non obbedire agli ordini della propaganda di regime, si rischiava direttamente la vita. Oggi il giornalista di regime corre solo il rischio di non essere notato, vista la eccezionale concorrenza con cui devono fare i conti.

Nel ricordare quella strage ci piace riprendere qui le parole con cui Sante Notarnicola, che molto lavoro ha dedicato alla memoria storica su questo episodio specifico, ha usato per celebrare il 25 aprile di quest’anno in modo molto “bolognese” e decisamente consapevole.

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Ai disoccupati, agli operai, ai precari e ai pensionati. Ai dipendenti delle coop, ai poeti e a chi scrive gialli, a coloro che suonano per diletto o per vivere: Massimo Volume, gli Agoneye, i The Boozers, Marta sui Tubi, 99Posse e Assalti Frontali. A Valerio Evangelisti, al poeta Masala, a Cacucci. Al Never scomparso e a Chicco neolaureato! A Fabio Bonifacci. A Marta, fiera della sua laurea, ora disoccupata e disillusa, è partita per altri paesi. A coloro che a Bologna si sono laureati e ne conservano un buon ricordo (a chi ha capito che gli studi non cessano con gli esami, ma è necessario e anche bello studiare tutta la vita).

A chi invece vive questa città  con grande disagio umano: i venditori di rose del Bangladesh, gli zingari, i lavavetri, gli ultimi. A chi crede che la legge è uguale per tutti. Un pensiero ai detenuti alla Dozza, alle donne alla Dozza. A tutti coloro sottoposti al 41 bis: vergognoso regime di tortura della socialdemocrazia nostrana.
A quelli di Guantanamo. Ai condannati all’ergastolo: pena indecente che soddisfa socialdemocratici e fascisti. Ai NO-TAV incarcerati, che oggi più di tutti rappresentano la nuova resistenza. A chi dorme in Via Sabatucci, a quelli di Piazza Grande. A Marco che vive sulla panchina di Piazza S.Francesco. Alle genti del Roncati: operatori e utenti. A Mohamed, il cantante virtuale. A Melania, la nostra “contessa”. A chi abita in periferia, a coloro che hanno il mutuo variabile. Al cofferatismo, inventore della politica condominiale.
Alle genti di via Del Pratello. Alle donne e agli uomini innamorati. Al mio amore! A chi con coraggio scrive sui muri: ti amo. Agli amori finiti. A chi piange per un nonnulla. A chi ride. A Chiara: la farfalla libera e felice. A Cosimo, Gabriele, Emiliano. Allo staff del Mutenye: Franz, Ivan, Elena e Elena. A Marco Perroni, il mio pittore, spesso tormentato. Ad Alessandro, a Nina la gatta e zio Bobo. Ad Antonio che a soli 5 anni conosceva già le valvole e i motori. A Daniele Orlandi. Al risveglio dei Soviet. Alla casa editrice Odradek.

Alle Torri e al Nettuno.
Alla squadra di calcio del Bologna e alle Lasagne f.c, che spesso rendono amare le domeniche dei sostenitori. Alla mia personale soddisfazione che mi arriva da Torino quasi tutte le domeniche! Alla nostalgia per Coppi e Pantani.
Alla pigra e pidocchiosa borghesia del sud, da sempre produttrice di rendita pro domo sua. Alla Feltrinelli che ha ridotto lo spazio alla poesia. A chi volta le spalle alla vita con un semplice colpo di pistola alla testa. A chi arranca,  a chi è disperato. A tutti noi, da troppo tempo governati da politici improbabili, e per lo più ladruncoli. A chi parla ai paracarri e alle pietre.
A chi, in Radio Fujco, cura la trasmissione “mezz’ora d’aria. A Rosa che fa l’avvocata per passione. A Teo, Elda e Lorenzo. Alla Guidetti Serra.

A  chi non c’è più, a chi ci ha lasciati per sempre: a Dodi, a mia madre, a Giacomo, a Francesco Corona, a Roberto Mastai, a Bianchi, Stefanone e a Maurizio Giuffrida, Basone, Prospero e Picchio. A Mara che, stretta in una tomba, ci lancia il suo ultimo messaggio: “chi dona una vita la salva”. È un elenco lungo e doloroso che ha reso un po’ più soli tanti di noi. Persone belle, persone vere.

Alle recenti generazioni che in gran parte si meravigliano dell’ovvio…
Ai miei amici e ai vostri amici: Marilina, Silvana, Beppe, Sergio e Katia, Donato e Alessandra, Giovanni, Nik e Mario, a Giorgio Forni, a Gioconda e quelli di Mola e tanti altri compagni e compagne e tutti gli amici e studenti che hanno reso interessanti e fitte le notti al Mutenye. A Erri De Luca, a Nino e Griso.

Al 7047, numero di matricola del prigioniero Antonio Gramsci. A Primo Levi, che i nazisti lo stamparono per sempre sul suo braccio: 174517.
A Giampiero Lippi e alla signora Ghigi che tutto ci hanno detto di Monte Sole. Alla memoria di Ballotta, Mario Musolesi il “il Lupo”, a Rino Bianchi di Molinella, a Sugano, a Irma Bandiera e Giovanni Martini comandante della 7° GAP,   nato qui al Pratello. A Don Marchionni e Ferruccio Magnani, a Guido Tordi e Don Fornasini: partigiani e preti uccisi dai tedeschi a cui va il nostro inchino.
A Bernanrdo Iovine, fratello di forti emozioni quando non riuscivamo a staccarci da Marzabotto.
Un saluto a coloro che da trentanni attendono il vento della rivolta. A coloro che dalla rivolta di quarantanni fa sono rientrati illesi.
In ultimo ai comunisti da sempre minoritari, sfigati, divisi e a volte anche derisi. Ai miei compagni combattenti, alle donne che hanno combattuto questa socialdemocrazia. Alla Bandiera Rossa e, se permettete: alla Falce e Martello.
Infine come era d’uso anni fa: Saluti Comunisti e viva la Resistenza!

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