Ieri, 14 ottobre si è svolto, all’interno della sede della Facoltà di ingegneria (o, meglio, della Scuola Politecnica e delle Scienze di Base) della Federico II di Napoli un Job Meeting particolarmente affollato e mediaticamente “pompato”. La kermesse, oramai di cadenza annuale, prevede la presenza all’interno della sede degli stand di molte aziende (ENI, Il Sole 24 Ore, Indesit, Accenture, intesa-San Paolo, Ferrovie dello Stato, Bnl e molte altre) che ricevono i curricula di studenti o ex-studenti con la promessa che questi verranno presi in considerazione. Quest’anno l’evento era particolarmente affollato, con la fila che si estendeva anche fuori l’edificio, fino alla stazione della Ferrovia Cumana posta di fronte, dall’altra parte della strada; imponente era la “rappresentanza” dei diplomati, attratti dall’annuncio da parte delle Ferrovie dello Stato,sul proprio sito, della ricerca anche di personale in possesso di tale titolo di studio invitando gli aspiranti, appunto, a presentarsi al Job Meeting di Napoli “. Ovviamente, lo spettacolo è stato avvilente per noi militanti presenti all’interno e all’esterno della sede universitario per contestare l’evento, al cospetto di una tale marea umana (in parte, però, inaspettatamente parzialmente ricettiva), oltre che di un esagerato dispiegamento di agenti della Digos che, assieme purtroppo ad alcuni elementi del personale tecnico e amministrativo, hanno cercato di impedire la contestazione.
Non è però, su questo che intende soffermarsi questo articolo. Ciò che colpisce è l’aspetto essenzialmente ideologico dell’evento, particolarmente in linea con l’ideologia propugnata dal Governo Renzi che, come correttamente sottolineato in diversi interventi dei giorni scorsi dal compagno Cremaschi, potenzialmente crea attorno a sé consenso sociale intorno ad una nuova idea di mercato del lavoro “circolare”, in cui, a forza di provarci singolarmente, arriva per ognuno il turno di lavorare, un po’ qua, un po’ là, magari di volta in volta a tutele crescenti; ovviamente, per avere la propria parte, bisogna togliersi dalla testa l’idea vecchia che bisogna organizzarsi collettivamente per provare a ricavare condizioni di lavoro decenti, altrimenti non solo non le si otterrà mai, ma si rimane fuori.
Plasticamente, il Job Meeting è una pura rappresentazione di questa ideologia, senza la minima utilità pratica riguardo la ricerca di un lavoro; il “contatto” tipico con l’azienda da parte dei fruitori di questo evento, infatti, è la mera consegna del curriculum al personale presente allo stand, con un brevissimo colloquio che nulla a che fare con un vero e proprio colloquio di lavoro, con domande tipiche di circostanza su “cosa ti piace fare”, “cosa vorresti fare” e breve esposizione delle figure richieste dall’azienda ed il solito “le faremo poi sapere”, il tutto in 4-5 minuti. Tutte operazioni, insomma, che in quasi tutte le aziende si possono espletare tranquillamente via e mail e consultando il sito, senza dover fare file chilometriche. Unica eccezione a questo canovaccio può essere l’avviso che l’azienda, per i primi tempi in cui assume un giovane lavoratore, ci va a perdere, quindi, è implicito, dobbiamo ringraziarla per i quattro spiccioli che, pur senza convenienza, eventualmente ci propina….
Il Job Meeting, dunque, serve esclusivamente a propagandare l’idea che le opportunità per i giovani, alla fin fine ci sono (e sono concentrate tutte assieme in un unico stabile), che addirittura, per quel giorno, sono le aziende a venire da noi all’Università e non siamo noi a doverle cercare; pertanto, anche per questo, dobbiamo ringraziarle e fare file per ore, senza lamentarci del fatto che oramai di diritti e tutele all’ingresso del mondo del lavoro non se parla nemmeno più. Si tratta, dunque, della fisica dimostrazione dell’Università messa al servizio delle aziende, per di più nella sede di una facoltà tecnica, in cui vi sono pochi anticorpi ideologici a queste narrazione e l’ideologia aziendalistica impatta sugli studenti senza alcun paravento, anche perché tutti gli studi sono diretti verso le direzioni imposte dal mercato (nelle facoltà umanistiche, invece, per la loro natura intrinseca, vi sono ancora residue velleità di autonomia culturale, pertanto sono poco indicate per questo genere di eventi). Tutto ciò salvo indicare, a piè di pagina degli opuscoletti propugnati a piene mani o, come detto, a margine del finto colloquio (da molti, purtroppo, scambiato, prima di provarlo personalmente, come un’occasione di colloquio di lavoro vero e proprio), che la congiuntura economica è negativa, sia noi che loro dobbiamo stringere la cinghia, assumere all’inizio è un investimento a perdere, ecc.
Di fronte a ciò, la mera retorica essenziale del “fuori i privati dall’Università”, nella sua ovvietà, risulta impotente, poiché si è riusciti a far passare l’idea che se le aziende entrano nell’Università, in questo quadro di disoccupazione strutturale, alla fin fine fanno un piacere agli studenti, non commettono alcuna ingerenza; ovviamente, poiché l’Università è ancora percepita, in parte giustamente, come ascensore sociale, questa logica passa fra le masse studentesche spoliticizzate,anche e soprattutto quelle di origine proletaria (gli altri già partono consapevolmente da opportunità differenti).
In conclusione, si segnala una vera e propria chicca tratta dallo stand del Sole 24 Ore: sulla copertina di un opuscolo appare il titolo di un Master (ovviamente a pagamento, con tanto di proposta di finanziamento da parte di una banca), in collaborazione con la LUISS School of Government:”Primo Master Management Politico. Master Universitario di primo livello-60 CFU. Un percorso di eccellenza di formazione politica per operare da leader nel mondo globale”. Capito? I leaders politici non hanno più nulla a che vedere con la politica in senso stretto, si fabbricano a tavolino in un Master di Management. Devono essere i Managers delle oligarchie finanziarie che comandano veramente . All’interno il programma e qualche intervento che varrebbe la pena, analizzare in maniera approfondita in degli scritti ad hoc.
vedi anche: Napoli. Gli studenti contestano il Job Meeting all’università
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