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Coco Chanel? Era una spia nazista

La notizia non ha avuto quasi eco in Italia, eppure potrebbe minare seriamente il mito della fondatrice di una della maison della moda più di successo mai esistite.

La donna che fondò l’impero economico che porta ancora il suo nome, nota anche per il profumo forse più noto e prestigioso di tutti i tempi (il N° 5), avrebbe lavorato per i servizi segreti tedeschi durante l’occupazione della Francia da parte delle truppe di Adolf Hitler, dal 1940 al 1944. Era stata già due anni fa una delle tante biografie dedicate a Gabrielle Bonheur Chanel, più nota come Coco Chanel, a scrivere che la signora era stata reclutata dai servizi segreti di Berlino. Ma la rivelazione era rimasta confinata in alcuni ambienti e non aveva granché scalfito il mito e la fama della stilista anche se l’autore del libro, il giornalista statunitense e veterano di guerra Hal Vaughan, aveva anche rivelato il numero di matricola della donna durante i suoi servizi per la Germania hitleriana: Coco Chanel era l’agente F-7124.
Poi, qualche giorno fa, un’inchiesta di France 3 – realizzata grazie a documenti finora secretati e inediti del Ministero della Difesa, della Prefettura di Parigi e dell’Archivio Nazionale – ha per la prima volta approfondito e dettagliato un aspetto della vita di un personaggio quasi mitologico che la Francia avrebbe forse preferito ignorare o non scoperchiare.
Quando le truppe tedesche invasero la Francia e occuparono Parigi nel 1940 Coco Chanel aveva 57 anni ed era già un punto di riferimento internazionale nel settore della moda, a capo di un impero economico che contava già su 4000 dipendenti distribuiti in diverse fabbriche e sartorie. La donna fuggì a sud, nella zona della Francia non occupata ma controllata comunque da Berlino attraverso un governo collaborazionista. Le autorità d’occupazione tedesche, che volevano mantenere Parigi come la capitale dell’arte e della cultura, convinsero Coco Chanel a tornare indietro, e con lei anche l’attore Jean Gabin o la ballerina e cantante Joséphine Baker (che nel frattempo si era messa al servizio, poi si seppe, dei servizi di spionaggio alleati). Secondo quanto ricostruito da France 3 e trasmesso durante uno speciale trasmesso lunedì della scorsa settimana, la stilista tornò alla lussuosa vita nella sua residenza all’Hotel Ritz e si innamorò di Hans Günther von Dincklage, un diplomatico tedesco che risultò poi essere un reclutatore di informatori. In cambio dei suoi servizi, secondo la radio pubblica francese, Coco Chanel ottenne la liberazione di suo cugino Gabriel, che era stato arrestato dai tedeschi. Animata da una ideologia a dir poco reazionaria, grazie alla legislazione antisemita introdotta in Francia la stilista tentò di escludere il suo socio, l’ebreo Pierre Wertheimer, dalla direzione dell’impresa Bourjois che commercializzava il profumo Chanel n° 5, ma non ci riuscì, perché l’imprenditore aveva nel frattempo trasferito le sue azioni a un certo Félix Amiot, che poi glie le restituì alla fine dell’occupazione e della guerra. Inoltre, ha raccontato France 3, come rappresaglia nei confronti dei lavoratori del suo atelier che avevano scioperato contro alcune sue decisioni Coco Chanel decise di licenziarne un buon numero.
Gabrielle Bonheur Chanel non si limitò a passare al nemico informazioni di vario tipo, ma alla fine del 1943 fu addirittura inviata in Spagna dai tedeschi nel tentativo di proporre a Winston Churchill, primo ministro britannico con il cui entourage la donna aveva alcuni agganci, una pace separata con Berlino. Una proposta alla quale Londra rispose picche.
Quando i partigiani e gli alleati liberarono la Francia dagli occupanti nazisti e dai fascisti del regime di Vichy, Coco Chanel fu arrestata e portata di fronte a una speciale commissione incaricata di indagare su spie e collaborazionisti ma dopo un interrogatorio durato circa due ore e alcuni elementi a disposizione degli accusatori venne liberata e contro di lei nessuna indagine venne più aperta. Anche se forse la sua coscienza sporca la portò ad auto esiliarsi in Svizzera per quasi dieci anni, insieme al suo amante tedesco. Completamente rimosso e dimenticato il suo coinvolgimento con l’occupazione nazista, nel 1971 la donna morì a Parigi all’età di 88 anni, diventando una sorta di eroina incontrastata del suo paese. Oggi i suoi discendenti sono a capo di un impero industriale, commerciale e finanziario che disponde di 200 negozi in tutto il mondo e di un patrimonio valutato attorno ai 5,5 miliardi di euro. Di lei ha detto Karl Lagerfeld, uno dei gestori del marchio Coco Chanel, nel 1983: “La verità non ci importa. Una leggenda è una leggenda. Preferisco la mia fantasia ai dettagli storici (…) Ciò che importa non è la realtà, ma l’idea che abbiamo delle cose e delle persone”.
Chissà quanti francesi, dopo l’inchiesta mandata in onda una settimana fa da France 3, condivideranno ancora questa assai comoda opinione…

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