(Estratto da “Crimini senza criminali” di Vincenzo Ruggiero pubblicato sul blog della Oxford University Press.)
Traduzione e cura di Vincenzo Spataro
Esistono crimini senza vittime e crimini senza criminali.
Il crimine finanziario appartiene a questa seconda categoria dal momento che le responsabilità delle crisi dei crack e delle bolle finanziarie della concussione e persino della frode sono difficili da determinare
Il processo storico che ha condotto alla scomparsa dalla sfera finanziaria di coloro che hanno violato le regole è affascinante.
Nella coscienza Cristiana l’amore per il denaro era visto come un segnale ripugnante di avidità ed un ostacolo alla salvezza eterna: “Nessuno può servire due padroni: non puoi metterti al servizio di Dio e allo stesso tempo servire anche il Denaro”.
Questo precetto biblico era accompagnato tuttavia da una massima piena di ambiguità: “Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”.
San Francesco era ben conscio della minaccia celata in questo pensiero perché ogni buon Cristiano avrebbe potuto interpretarla come una giustificazione per legittimare il Regno separato di Mammona*.
Gli usurai ad ogni modo erano giudicati “peccatori economici” rei i cui guadagni dipendevano dallo sfruttamento del tempo; le loro finanze venivano valorizzate dalla dilazione, dalla proroga.
Questo era considerato sacrilegio: il tempo da sempre appartiene a Dio.
Infine l’usura è potuta fluire liberamente nella coscienza Cristiana come lo storico Jacques Le Goff suggerisce da quando la creazione del Purgatorio l’ha resa un peccato veniale che si poteva redimere. Non erano criminali né peccatori coloro che erano dietro la bolla finanziaria causata dalla “tulipomania” olandese e che si sviluppò nell’ ultima parte del 1630 quando un bulbo del magnifico Semper Augustus (come viene denominato il famoso tulipano) raggiunse il valore di un dipinto di Rembrandt.
Né fu rilevata alcuna forma di attività criminosa durante crisi simili verificatesi in quel periodo a Londra o Parigi dove i colpevoli furono identificati al massimo, come ingenui investitori che credettero di poter accumulare capitale da un giorno all’altro.
Che avessero acquistato fiori o si fossero accaparrate azioni in borsa, gli investitori vennero identificati come vittime di ineluttabili cause naturali calamità che essi stessi avevano attirato su di loro a causa di una personale idiozia; come chiarì poi Jeremy Bentham nessun impianto legislativo fu mai ideato per proteggere quegli idioti.
In seguito abbiamo continuato a imbatterci in altre crisi non in peccati figuriamoci in crimini.
Il Bubble Act** inglese del 1720 tentò di regolare le pratiche finanziarie e prevenire l’euforia; ma dopo che fu revocato nel 1825 gli imprenditori delle ferriere industriali corrotti e truffatori divennero i protagonisti del secolo. Il collasso della Royal British Bank e della Tipperary Bank avvenne mentre oltreoceano le carriere di magnati leggendari come Jay Gould Cornelius Vanderbilt e John D. Rockefeller erano in rapida ascesa. Operatori minori e insignificanti amministratori disonesti furono messi sotto torchio mentre gli uomini d’affari di primo piano furono perdonati.
Questi ultimi si costruirono una reputazione di filantropi generosi: come i ricchi Cristiani del passato facevano ammenda per la loro ingordigia attraverso donazioni monetarie i nuovi disonesti posero le basi per la fondazione delle future associazioni di beneficienza.
Le colpe del crimine finanziario si spostarono quindi in modo definitivo verso le sue vittime cioè gli investitori imprudenti e insaziabili coinvolti in quelle che erano iniziative palesemente fraudolente.
Il biasimo rivolto alle vittime continuò per decenni portando alcuni osservatori critici a equiparare il crimine finanziario allo stupro e i criminologi positivisti a coniare il termine “criminaloide”.
E arduo stabilire quanti “criminaloidi” furono responsabili per la crisi del 1929.
Quando crollò Wall Street fu chiaro che le strategie della finanza creativa si erano mescolate con schemi illeciti creando valide occasioni per avventurieri e truffatori. In quel periodo fu coniato in criminologia il concetto di “crimine dei colletti bianchi” e i responsabili tutte persone rispettabili dell’alta borghesia furono definitivamente inseriti tra i suoi oggetti di studio. John Maynard Keynes che perse una considerevole parte dei suoi investimenti durante quella crisi la descrisse come una delle più grandi catastrofi economiche della storia moderna un colossale pasticcio che dimostrava quanto fosse facile perdere il controllo di “una macchina fragile il cui funzionamento noi non riusciamo a comprendere”.
Il Piano Marshall attivato dopo la Seconda Guerra Mondiale aiutò a ricostruire l’economia in alcune nazioni europee ma allo stesso tempo diede luogo all’appropriazione indebita di enormi somme e alla creazione di fondi illeciti destinati a finanziare partiti politici fedeli agli USA.
I nomi di Drexel Milken Maxwell e Leeson hanno segnato gli anni ’80 e ’90 quando i procedimenti penali a carico di un rilevante numero di finanzieri disonesti non alterò comunque l’idea che le imputazioni criminali nella sfera finanziaria siano del tutto inappropriate. La finanza come la cupidigia si regola da sola e consente la coesistenza pacifica di ogni sorta di predatore. WorldCom Enron Parmalat e Madoff appartengono al secolo attuale che rivela quanto i meccanismi regolatori siano ostacolati da un sistema costituito da avidità e in cui sono coinvolti banchieri politici e revisori contabili.
La crisi del 2008 infine prova come specifiche misure mirate a evitare crisi future siano rigettate o criticate nel nome della libertà di mercato. Commentando la crisi Andrew Aldane Direttore Esecutivo della Banca d’Inghilterra ha ribadito inavvertitamente il concetto di Keynes secondo cui la conoscenza del mondo finanziario è scarsa. Il settore ha detto non è popolato da criminali bensì da individui immersi nell’incertezza: vengono compiuti degli errori ma sono errori “onesti” non fraudolenti errori che tutti commetterebbero.
Quando furono pubblicati i Panama Papers venne piuttosto alla luce una certezza: i crimini senza criminali si verificano nelle aree grigie dove l’evasione fiscale, le tangenti, il riciclaggio di denaro e tutte le altre forme di “denaro sporco” contribuiscono a creare la ricchezza occulta degli Stati.
Note:
* Il termine è usato nel Vecchio Testamento per personificare il profitto la ricchezza materiale accumulata in modo disonesto e veloce ed altrettanto sprecata in lussi e piaceri inutili. In termini generali rappresenta Satana.
** Legge inglese approvata in Gran Bretagna dopo il crollo della borsa londinese del 1720 causato dalle forti speculazioni sui titoli della South Sea Company.
* Vincenzo Ruggiero è professore di Sociologia e Direttore del Centro per la Ricerca Sociale e Criminologica alla Middlesex University di Londra; autore di: “Dirty Money: On Financial Delinquency” pubblicato da Oxford University Press in gennaio 2017.
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Alberto Capece
Insomma l'incipt mostra chiaramente che ci troviamo di fronte a un dilettante con solo una vaga idea del dibattito medioevale intorno al denaro e all'usura, ma ancor più deciso a mettere nella categoria del crimine ciò che è invece nella struura stessa del capitale.