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Il conflitto israelo-palestinese, 50 anni dopo. Intervista a Michele Giorgio

Un libro scritto da Michele Giorgio insieme a Chiara Cruciati che esce in questi giorni e verrà presentato a Roma il 16 giugno, presso la libreria Assaggi di via degli Etruschi: “Cinquant’anni dopo 1967-2017 – i territori palestinesi occupati e il fallimento della soluzione dei due Stati”. L’intervista a Michele Giorgio è stata realizzata da Radio Città Aperta.

Ciao Michele, buongiorno.

Buongiorno a voi.

Grazie della tua disponibilità, come sempre... Il titolo sembra già molto chiaroCome nasce l’idea di scriverlo?

Innanzitutto vi ringrazio anche a nome di Chiara Cruciati perché ci date l’opportunità di parlare di questo libro. L’idea che abbiamo avuto è questa: scrivere un libro mettendo insieme, intrecciando, ricerca storica e naturalmente un’indagine giornalistica che parli di questi 50 anni dalla guerra dei Sei giorni del 1967, quindi dall’inizio dell’occupazione di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est che – come tanti dovrebbero sapere – sono i territori in cui i palestinesi vorrebbero programmare il loro stato indipendente. Invece, a distanza di 50 anni, ci ritroviamo in una situazione dove i palestinesi non solo non controllano più il loro territorio storico ma, a quanto pare – e per questo parliamo di fallimento della soluzione dei due Stati – non riusciranno neanche a proclamare uno Stato sovrano, uno stato palestinese vero, indipendente, in questi territori che Israele ha occupato 50 anni fa. Naturalmente noi non facciamo una storia dei 50 anni dell’occupazione, perché probabilmente avremmo dovuto avere uno spazio immenso, scrivere libri, libri e libri per raccontare tutto questo. Noi semplicemente cerchiamo di spiegare quale è la situazione oggi nei territori palestinesi occupati, quale è la situazione anche in Israele, le dinamiche politiche che si sono sviluppate in questi ultimi anni e che sono particolarmente importanti per capire quello che accade soprattutto oggi, cercando di offrire però – parlando dell’oggi – anche una spiegazione, un racconto dei fatti più importanti, degli aspetti più decisivi di questi ultimi 50 anni. In modo che il lettore di questo libro possa avere un quadro che noi speriamo abbastanza completo, o sufficientemente completo, per capire quale è la situazione oggi e da quali radici è partita.

L’importanza di lavori divulgativi, giornalistici, del genere è fondamentale. perché la narrazione sulla vicenda della Palestina è stata tossica quanto mai negli ultimi anni… L’idea di avere una ricostruzione precisa, che contenga le informazioni fondamentali di quello che avviene, è importante. Tante volte, Michele, abbiamo parlato di come l’informazione mainstream comunichi in modo assolutamente strumentale e disonesto sulla questione palestinese. Mi sembra che negli ultimi anni sia ancora peggiorata. Di fatto è anche un po’ sparita la questione della Palestina…

Io credo che questo è il punto… E uno dei motivi che ci hanno spinto a scrivere questo libro, che è parte di un progetto editoriale più ampio. E’ proprio questo: il fatto che noi percepiamo – non solo in questi ultimi mesi, ma in questi ultimi anni – che la questione palestinese, il conflitto Israelo-palestinese, sta sparendo dalle cronache dell’informazione. Molte persone – lo scriviamo anche nell’introduzione – sono stanche, si dice spesso, quando si parla di Israele e palestinesi…. “Ma quei popoli vogliono essere sempre in guerra e in lotta”… La gente è stanca di ascoltare le cose che riguardano i palestinesi, o che riguardano Israele, se non all’interno di un quadro più ampio e più internazionale, più occidentale, per i motivi che ben sappiamo, per quello che sta accadendo, a causa degli attentati, di Daesh, dell’Isis e via dicendo… Sta sparendo dalle cronache giornalistiche in Occidente… Ma purtroppo la questione palestinese sparisce anche all’interno del mondo arabo. C’è un crescente disinteresse da parte delle nazioni arabe verso le condizioni dei palestinesi, il fatto che questo popolo dopo decenni e decenni di lotta, rimane sostanzialmente privo di libertà, non riesce ad autodeterminarsi; e quindi di conseguenza anche delle trasformazioni che ci sono state in Medio Oriente in questi ultimi anni. In cui abbiamo visto che diversi paesi arabi, in particolare le monarchie sunnite del golfo, hanno manifestato un interesse crescente verso l’avvicinamento a Israele, l’avvicinamento agli Stati Uniti, persino maggiore di quello che c’è sempre stato; e quindi a metter da parte la situazione palestinese. Non é un caso, visto che non parliamo solo del libro ma di tutta la situazione… Proprio in questi giorni si discute molto del fatto che da parte di determinate capitali arabe, in particolare di quelle del golfo, ci sia oggi una particolare attenzione a mantenere buone relazioni con Israele, sebbene dietro le quinte. Perché il problema del Medio Oriente, secondo questi leader arabi, è l’Iran. L’Iran sarebbe un pericolo molto grande per queste monarchie, quindi il discorso settario, la divisione tra sunniti e sciiti è diventata prioritaria, mentre la questione palestinese è diventata marginale. Anzi, addirittura si dice che Trump, il presidente americano, stia portando avanti – d’altra parte è anche un po’ evidente – un’iniziativa con l’Arabia Saudita e altre monarchie del Golfo, per cercare di convincere i palestinesi ad arrivare ad un accordo, evidentemente al ribasso, con Israele. E questa è una strategia che piace molto al governo israeliano. Tutto questo ovviamente determina un disinteresse crescente verso la questione palestinese e noi nel nostro libro, nel nostro piccolo, cerchiamo di lanciare proprio questo allarme; raccontando la situazione con un background storico. Ma cerchiamo di dire che qui ci si dimentica che la questione palestinese è stata e rimane, a nostro avviso, la madre di tutte le crisi nella regione mediorientale.

Tra l’altro nei giorni scorsi è filtrata anche la notizia di un progetto di aggressione ad Hezbollah in Libano, orchestrato anche dagli Stati Uniti, che rientra proprio in questa tua analisi. Il problema sarebbe l’Iran e i suoi alleati regionali… Però, Michele, a questo punto chi è che aiuta i palestinesi? Chi è che ha a cuore l’interesse della causa palestinese, visto che ormai stanno cambiando gli equilibri e il punto di vista, a livello sia regionale che globale?

Io credo nessuno, sostanzialmente. Perché i governi occidentali e arabi, o anche non occidentali e non arabi, come dicevo prima, mostrano un crescente disinteresse. Alcune cose procedono per inerzia. Quando l’Unione europea fa delle dichiarazioni che ribadiscono determinati principi, anche importanti, sulla questione israelo-palestinese in realtà sembra farlo più per una consuetudine e non per un reale impegno nella risoluzione di questo conflitto, o per garantire la realizzazione delle aspirazioni dei palestinesi alla libertà, all’indipendenza, all’autodeterminazione. Il dramma è proprio questo, che noi cerchiamo di evidenziare nel libro; cioè che a livello internazionale oramai c’è una non ripsosta alla domanda dei palestinesi di poter risolvere la loro questione. Probabilmente i palestinesi adesso fanno anche i conti con problemi interni, molto seri; sicuramente la divisione che c’è tra le due principali forze politiche palestinesi – Fatah del presidente Abu Mazen e il movimento islamico Hamas – si sta rivelando soprattutto in questi ultimi tempi molto molto dannosa e continua a dividere i palestinesi. I palestinesi stessi si rendono conto che c’è un disinteresse internazionale e che forse la chiave per la soluzione dei loro problemi deve tornare nelle loro mani. Affidarsi alla buona volontà che non c’è più, nella cosiddetta comunità internazionale, non serve a nulla e forse sono loro che devono ritrovare quella forza, quella volontà, quella determinazione, per poter riportare la loro questione sui tavoli delle diplomazie ed evitare che le grandi crisi che attraversano il Medio Oriente – mi riferisco soprattutto alla guerra in Siria, alle strategie delle petromonarchie sunnite, tutto quello che accade anche in Iraq, ecc – abbiano il sopravvento, non solo mediaticamente, sulla risoluzione della loro questione. La quale – non lo dimentichiamo – ormai riguarda 100 anni fa. Perché noi non dobbiamo mai sottovalutare il fatto che questa storia non è cominciata nemmeno 50 anni fa, come dice il titolo del nostro libro, ma addirittura 100 anni fa; quando appunto la Palestina, con la dichiarazione di Balfour, venne considerata dai britannici – che all’epoca erano una potenza di grandissima importanza mondiale – come il focolare domestico del popolo ebraico. Da lì è cominciata tutta una sequenza di eventi che ha realizzato le aspirazioni del popolo ebraico, del movimento sionista, ma ha lasciato a terra, e senza una terra – scusate il gioco di parole – tutto l’altro popolo.

Certo… Torniamo al libro Michele, intuiamo l’importanza di un lavoro del genere. Il libro ha una dedica, anzi ha tre dediche particolari…

Sì, assolutamente. E’ stato un nostro impegno quello di ricordare tre figure che, a nostro avviso, hanno segnato il racconto della questione palestinese e di questo conflitto israelo-palestinese e che, sempre a nostro avviso, non sono state valorizzate per quello che avrebbero meritato. Mi riferisco a Stefano Chiarini, che è stato un mio importante collega al manifesto – purtroppo è scomparso prematuramente 10 anni fa – che per tantissimi anni è stato il giornalista di riferimento non solo per l’interpretazione, per la lettura della questione palestinese, ma anche per leggere ciò che accade nella regione mediorientale. Poi un’altra dedica è sicuramente quella a Vittorio Arrigoni, un personaggio che anche in modo letterario, attraverso il suoi racconti, ha saputo riferire all’Italia – con successo tra l’altro perché aveva particolare seguito – la vita di Gaza, la vita della gente di Gaza, di questo piccolo territorio palestinese che è un’enorme prigione e che è sotto embargo, sotto blocco, sotto assedio da più di dieci anni, sia da parte di Israele che da parte dell’Egitto, i famosi “fratelli arabi”. L’altra dedica è, naturalmente, a Maurizio Musolino, un collega che io ho stimato tanto, ho apprezzato moltissimo, che aveva una lettura estremamente chiara e limpida delle vicende mediorientali e del conflitto israelo-palestinese. Anch’egli credo che sia stato poco valorizzato da tanti e invece avrebbe meritato sicuramente una maggiore attenzione.

Ci sono anche due bellissime foto di Tano D’Amico, come raccontate voi nella presentazione. Ci saranno iniziative di presentazione di questo libro, magari anche qui a Roma?

Sì. Naturalmente faremo delle presentazioni e la prima, inevitabilmente, è nella capitale, a Roma. L’appuntamento è il 16 giugno presso la libreria Assaggi di via degli Etruschi alle ore 18. Faremo questa prima presentazione e ci introdurrà Tommaso di Francesco, che è il nostro condirettore al manifesto, perché voi sapete che anche Chiara Cruciati lavora al manifesto…

Certo…

Tommaso è il nostro condirettore, famoso anche per aver seguito storicamente anche lui la questione israelo-palestinese. Ci presenterà e ci aiuterà a raccontare il nostro lavoro.

Bene, noi ci vedremo allora il 16 qui a Roma, Michele. Sarà un piacere anche salutarti di persona. Per il momento grazie, buon lavoro. In bocca al lupo per questo libro.

Grazie a voi e buon lavoro.

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