Candidato della France Insoumise alle prossime elezioni europee, Gabriel Amard pubblica, nel 2014, Le grand trafic néolibéral: les lobby en Europe1. Il pamphlet denuncia l’ingerenza del lobbismo nelle istituzioni dell’Unione europea, facendo appello alla disobbedienza sociale e politica nei confronti dei trattati europei e di una élite dirigente i cui membri agiscono spesso entro condizionamenti più o meno vincolanti dei grandi gruppi multinazionali e finanziari.
Il libro arriva in Italia, per merito di Salvatore Prinzi, ed è presentato tra il 7 e il 10 maggio a Milano, Napoli, Roma, Firenze, nell’ambito di un ciclo d’incontri con Amard organizzati da Potere al popolo.
All’“ExOpg” di Napoli, il compagno che introduce l’incontro annuncia da subito una presentazione “fuori dalle righe”. Amard vuole mettere in pratica un metodo che ambisce a coinvolgere in prima persona i partecipanti, rifiutando il rapporto tradizionale tra il politico (l’autore) “portatore di verità” e il cittadino (il pubblico) “ricettore passivo”.
La presentazione inizia con un gioco: il photolanguage. Dopo aver disposto a terra delle fotografie, Amard chiede ai partecipanti di soffermarsi sull’immagine che preferiscono e di commentarla. Gli interventi riservano delle sorprese: qualcuno si confessa inquieto rispetto alla diffusione degli psicofarmaci, “utilizzati come anestetici per le sofferenze prodotte da condizioni frustranti di vita e di lavoro, mentre non si fa niente per cambiare la società che ci deprime”; qualcun’altro, invece, osservando l’immagine di una fontana, sostiene che l’acqua “è così fondamentale per la vita che è un delitto, un’assurdità far pagare qualcosa di cui non possiamo fare a meno per vivere”.
Interrogati sui possibili legami tra le lobby e gli oggetti fotografati, i partecipanti evocano, allora, le multinazionali del tabacco, il controllo monopolistico di sementi e fertilizzanti, le grandi catene di fast food. Gli oggetti più comuni della vita quotidiana rivelano un segreto legame con i grandi monopoli. I presenti si lasciano trasportare dal gioco, esprimono dissidenze intime, altrimenti inconfessate, da cui emerge un punto di vista collettivo, antagonista all’ordine esistente, anche loro malgrado. Il linguaggio visivo stimola l’immaginazione come strumento di critica della realtà.
Arriviamo al libro. Amard consegna due pagine diverse a ogni partecipante, concede dieci minuti per leggerle, poi chiede loro di dare un titolo e di commentare ciò che hanno letto. Secondo l’autore “questo è un modo collettivo per appropriarsi dei contenuti del libro”.
Attraverso i titoli i partecipanti costruiscono una mappatura dei problemi principali dell’opera: “L’erba delle banche è sempre più verde”, “Desideri di tutto il mondo omologatevi!”, “Il caso greco: politiche di austerità e strategia dello shock”, “Europeismo e sovranismo: due facce della stessa medaglia”, ecc. Con i loro commenti, criticano, spiegano, s’interrogano, producono un “discorso politico”. Presentano il libro in prima persona. Da queste suggestioni si apre il dibattito.
Tra i temi che destano maggiore interesse emerge quello della sconfitta di Tsipras dopo il referendum del 2015. Amard evidenzia che la resa di Tsipras alla Troika ha lasciato la Sinistra Europea senza prospettive: “La lezione della Grecia – dice – è che bisogna essere pronti, avere un piano B”. Tuttavia, chiarisce l’autore: “Noi non siamo per la Frexit”. Se l’obiettivo della France Insoumise resta quello di cambiare i trattati, il piano di “emergenza” prevede, non l’uscita unilaterale dall’Unione europea, ma la costruzione di rapporti di cooperazione alternativi, fuori dai trattati.
In effetti, a qualche settimana dalle elezioni europee, la formazione Insoumise sembra aver moderato l’ipotesi di una uscita unilaterale dall’Unione europea e dall’euro.
In una recente intervista per il quotidiano francese Le Monde, Manon Aubry, capolista della France Insoumise per le elezioni europee, ha dichiarato seccamente di essere contraria alla Frexit2, e a favore della rinegoziazione dei trattati europei che la candidata definisce “dei freni e degli ostacoli all’armonizzazione sociale e fiscale”3.
Dal canto suo, invece, Jean-Luc Mélenchon non esita, in questi mesi di campagna elettorale, ad affermare che l’uscita dai trattati dell’Unione europea, che limitano la sovranità popolare e impediscono la solidarietà e la cooperazione tra i popoli, sostituendovi la competitività e la concorrenza, è condizione preliminare di ogni reale avanzamento in campo ecologico e sociale4.
Queste posizioni possono apparire divergenti. Secondo Pauline Graulle, autrice per Mediapart di un ampio articolo sul “piano B”, esse peccano di un’ambiguità di fondo che rischia di rendere “illegibile” la strategia degli Insoumis. Constatando che esistono dibattiti ancora in corso all’interno del movimento su come si possa articolare in concreto il “piano B”, la Graulle si chiede in cosa consista effettivamente questa strategia “d’emergenza”: “Una uscita dall’Eurozona? La non attuazione dei trattati o il loro rifacimento? L’uscita unilaterale o concordata con altri paesi? E questa uscita sarebbe decisa per referendum o subita nei termini di una “espulsione” della Francia dall’UE? Le versioni oscillano continuamente”5.
Le domande e i dubbi sono legittimi, d’altra parte tra la prospettiva strategica e la sua applicazione pratica, tattica, c’è sempre una distanza dettata dalla imprevedibilità delle situazioni concrete in cui ci si trova a operare. Nel luglio 2015, durante il congresso del Parti de gauche a Villejuif, i membri del partito erano divisi tra quanti, dopo la resa di Tsipras, assunsero con convinzione una linea pro-Frexit (circa il 45% dei partecipanti), e quanti, invece, condividevano la linea, maggioritaria nella direzione, di una disobbedienza senza uscita, che puntava a costruire rapporti di forza internazionali per imporre una riforma radicale delle istituzioni europee e nuove relazioni di cooperazione tra i popoli.
Nondimeno le due posizioni trovarono una sintesi nella risoluzione conclusiva del congresso, dove si leggeva che “il programma del Parti de gauche è incompatibile con l’Unione europea così come essa è definita dai trattati”, donde risultava la necessità di un “piano A”, inteso come “costruzione di un rapporto di forza europeo tale da finirla con i trattati” e di un “piano B” equivalente alla “uscita dall’euro e dall’Unione europea”.
Tuttavia, dopo le elezioni presidenziali del 2017, in occasione dell’Assemblea rappresentativa del movimento degli Insoumis del 7 aprile 2018, dunque in piena costruzione della campagna politica per le europee, la parola d’ordine “cambiamo l’Unione europea o ce ne usciamo” lasciava il posto a “L’Avvenire in comune”.
Nello stesso anno, nel discorso di chiusura dell’università estiva di Marsiglia, il leader della Framce Insoumise dava una versione soft della strategia dei due piani, chiarendo ai suo i militanti che se il “piano A” punta a “cambiare le regole” dell’Unione europea, il “piano B” significa “che lo faremo lo stesso, con l’appoggio di quelli che la pensano come noi”. Ovvero, per riprendere ancora una dichiarazione di Manon Aubry rilasciata il mese scorso, per i dirigenti Insoumis la posta in gioco sarebbe quella di “disobbedire ai trattati con o senza il consenso delle istituzioni europee”6.
Ad ogni modo, se nell’aprile 2018 il “piano B” passava in secondo piano, ad oggi esso sembrerebbe più una zavorra che un punto di forza per i rappresentanti del movimento francese: la dirigenza della France Insoumise guarda, per queste elezioni europee, ai ceti medi e agli elettori della sinistra tradizionale che la prospettiva dell’uscita dall’UE ha allontanato dal movimento.
A ciò va forse aggiunto che le elezioni europee costituiscono l’occasione più propizia per avanzare nella costruzione di rapporti di forza favorevoli alla disobbedienza ai trattati con le altre forze della sinistra radicale europea, tra le quali gli spagnoli di Podemos non condividerebbero l’ipotesi di una uscita netta dall’Eurozona.
Si tratta di un’ambiguità di fondo nella strategia degli Insoumis o di sfumature tattiche di una medesima strategia piuttosto flessibile nelle sue declinazioni contingenti? Secondo Amard la questione non si pone: “Non abbiamo mai cambiato posizione dall’inizio. Piano A, si cambiano i trattati; piano B, si costruisce un’alternativa di cooperazione fuori dai trattati con chi vuole. Non si è mai parlato di uscita unilaterale, ma di uscita “per” e “a condizione di” costruire relazioni di cooperazione internazionale diverse da quelle regolate dai trattati. Non è la Frexit da sempre”.
In conclusione, Amard spiega il senso di questa presentazione: l’approccio utilizzato allude a un diverso modo di fare politica su basi partecipative. Un esempio? L’elaborazione legislativa della France Insoumise: si tratta di partire dal vissuto e dai bisogni dei cittadini, per elaborare proposte “dal basso” che vengono successivamente pubblicate sulla piattaforma online degli Insoumis e consegnate ai deputati.
Questo approccio – spiega Amard – implica il rifiuto radicale del linguaggio burocratico della “scrittura legislativa” che, inaccessibile alla popolazione, riproduce una separazione tra classi dirigenti e classi subalterne: appropriarsi di questo linguaggio, rendendolo accessibile a tutti, significa anche cambiare l’attore della produzione legislativa, dai tecnici ai cittadini, restituendo a questi la legittimità di pensare in prima persona una soluzione per i problemi del paese.
La strategia della Rivoluzione Cittadina ambisce alla partecipazione diretta delle masse, confida nell’iniziativa del popolo, che deve travalicare l’attività del partito e spingere oltre i limiti delle possibilità istituzionali per un cambiamento radicale: “A noi – dice Amard – spetta il compito di sostenere, seguire, lottare con il popolo…”.
È quanto sta accadendo in questi mesi di mobilitazioni di massa, rispetto al movimento dei Gilets Jaunes. La France Insoumise è l’unico partito ad aver dato voce alle rivendicazioni di questo movimento, cercando di dare alle mobilitazioni uno sbocco politico nell’Assemblea Nazionale. Dal canto suo, Macron ha adottato sin dall’inizio una strategia di repressione e isolamento mediatico del movimento, con il duplice obiettivo di incutere timore nella popolazione e di screditare i manifestanti nell’opinione pubblica, distorcendo informazioni e costruendo una narrazione falsa, spingendosi perfino a privare i giornalisti indipendenti della libertà d’informazione, censurando, arrestando gli operatori presenti sul campo durante le manifestazioni, per impedire loro di mostrare ciò che accade realmente.
Il compito della France Insoumise, secondo Amard, è quello di organizzare la solidarietà concreta al movimento, dalla partecipazione alla piazza alla difesa contro la repressione, nonché quello di dare voce alle loro rivendicazioni e di mostrare la verità denunciando le mistificazioni del governo.
Su queste basi il riconoscimento tra gli Insoumis e i militanti di Potere al popolo può essere immediato, nella consapevolezza di condividere, pur tra non poche differenze, una medesima volontà di “rivoluzione cittadina” che, in opposizione alla politica dei partiti tradizionali, si realizza ogni giorno in molteplici percorsi di lotta e di riappropriazione collettiva della politica dal basso.
1 Il libro è stato ripubblicato nel 2018 in una edizione accresciuta. Dal maggio 2019 è disponibile una edizione italiana: AMARD, Gabriel, “Le lobby a Bruxelles. Il grande imbroglio del neoliberismo”, tr. di Salvatore Prinzi, The Spark Press, 2019.
2 «Nous ne sommes pas pour le Frexit», Le Monde, 10 aprile 2019, https://tinyurl.com/y2erznnu
3 «Nous ne somme pas en faveur du ‘Frexit’, mais pour une renégociation des traités», Vivamagazine, 15 aprile 2019, https://tinyurl.com/y4jw2pbc
4 «Sortez des traités, stupide! Par Jean-Luc Mélanchon», Tribune, 10 marzo 2019, https://tinyurl.com/y5vunn9o
5 Pauline Graulle, «La France Insoumise et le “plan B”: quatre années d’ambigüité», Mediapart, 12 aprile 2019, https://tinyurl.com/yylzd7ev
6 Manon Aubry, «Nous ne sommes pas pour le Frexit», Le Monde, 10 aprile 2019, https://tinyurl.com/y2erznnu
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