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Quella Gaza segreta e inaspettata

In mezzo a soprusi e ingiustizie pluriennali, sotto l’illegale assedio che nessuna Istituzione sovranazionale vuole realmente far finire; dentro una gabbia le cui chiavi sono tenute da Israele che, per pura crudeltà o per diabolico disegno provocatorio, vieta addirittura il visto ai calciatori gazawi per andare a disputare la finale della Champion League asiatica in Cisgiordania; in mezzo a manifestazioni che rivendicano il diritto alla “semplice” libertà, e sotto l’oscuramento dovuto alla situazione drammaticamente assurda di questa striscia di terra sotto assedio, c’è una Gaza nascosta, sconosciuta ai più. Una Gaza che, forse, a poche persone interessa perché esce dallo stereotipo di lacrime e sangue, e che quindi i media ignorano.

Gaza ha una storia antichissima ma non molto nota. Gaza significa “tesoro” ed è il nome che per la sua posizione e la sua bellezza naturale, oggi mortificata dalla violenza della Storia, le era stato dato nell’antichità. E di veri tesori tratteremo brevemente in queste righe.

Infatti, tra i reperti archeologici che ogni tanto spuntano e che spesso vengono ricoperti per timore che Israele, ghiotto di tutto ciò che può arricchire la sua narrazione basata sui miti fondativi, se ne appropri, come già fatto in diversi siti della Cisgiordania, c’è il primo monastero cristiano del Medio Oriente, quello di Saint Hilarion, risalente a circa 1700 anni fa, cioè a quando Ilarione di Gaza, venerato da cattolici e ortodossi, passò dall’ascetismo solitario al monachesimo e, insieme a un gruppo di seguaci, costruì un grande monastero del quale poco più di venti anni fa sono riemersi alcuni pregevoli pavimenti musivi e i resti delle varie costruzioni che occupavano oltre un ettaro di superficie nei pressi di Nusseirat, a sud di Gaza city.  

Sant’Ilarione è uno dei primi santi non martiri del cristianesimo, morì infatti di vecchiaia a Cipro. Nacque nel 291 a Tabata, un villaggio palestinese vicino Gaza e fu mandato a studiare ad Alessandria d’Egitto. Qui avvenne la sua conversione dal paganesimo al cristianesimo e, per quel che si sa, iniziò da quel momento, ancora adolescente, la sua vita ascetica fatta di penitenze, lunghi digiuni e flagelli.

Digiuni e penitenze, sempre per amore di Dio, che lo accompagnarono fino alla morte che avvenne a oltre ottanta anni, un’età considerevole dato il periodo, tanto da far credere davvero che la longevità si accompagni a rigide diete, più vicine a un integralismo cristiano da anoressici che a un gioioso godimento dei frutti che nella sua infinita bontà Dio ha concesso ai suoi servi.

Comunque, questo giovane penitente, dopo alcuni anni passati accanto a sant’Antonio abate in Egitto, lasciò l’ascetismo e fondò il grande complesso monastico nella terra in cui era nato e in cui passò gran parte della sua vita e, sempre per amore del Signore, lo fece così bello che i pavimenti non erano di nuda terra come la grotta in cui aveva vissuto da asceta, ma avevano delicati disegni in finissimi mosaici, alcuni dei quali sono stati scoperti ancora in buone condizioni; a essi sta lavorando un’équipe di restauratori francesi affiancata da giovani archeologi gazawi, quelli che, per lo stereotipo comune che fa di Gaza una terra di pezzenti e/o di terroristi, sono sconosciuti almeno quanto i reperti archeologici che stanno riesumando.

Ilarione di Gaza, da quel che ci è dato sapere dalle biografie che lo riguardano, di cui la più importante è quella di san Girolamo scritta pochi anni dopo la sua morte, amava più la solitudine che le grandi folle, ma avendo la santa prerogativa di fare miracoli come se piovesse, il poveretto veniva regolarmente raggiunto da folle di credenti imploranti.

Fu per questo che più volte lasciò ai suoi monaci il monastero di Gaza andando in giro per i territori dell’Impero in cerca di un po’ di pace, ma una sorta di “chi l’ha visto” ante litteram lo faceva sempre ritrovare, perfino quando se ne tornò in una grotta in montagna.

Comunque, una decina d’anni prima della morte ci pensò Giuliano l’apostata a scatenare la sua ira devastatrice contro i siti cristiani e a distruggere il monastero. Allora Ilarione trovò rifugio in Libia e da qui raggiunse la Sicilia, sempre seguito o anticipato da folle che lui cercava inutilmente di fuggire.

Ma Giuliano l’apostata fu solo un breve exploit. Forse per quel senso di onnipotenza proprio di chi rappresenta le “grandi potenze”, nel passato come nel presente, l’imperatore romano non aveva tenuto conto che la Storia avanza comunque, seppure a salti, e non sempre arriva un Congresso di Vienna a riportarla indietro. Così il cristianesimo tornò a prendere il sopravvento sul paganesimo, il monastero venne ricostruito e molti templi pagani seguitarono negli anni a trasformarsi in chiese.

Anche a Jabalia, per esempio, a una trentina di chilometri a nord del monastero di Saint Hilarion, sono stati scoperti i resti di un altro edificio cristiano del IV secolo Pure questo con un bellissimo pavimento musivo, purtroppo rovinato non solo dalle ingiurie del tempo ma anche da una delle guerre contro Gaza che nell’ultimo decennio hanno distrutto decine di migliaia di case e ucciso migliaia di persone.

La guerra non guarda in faccia nessuno dicevano le persone anziane della mia infanzia quando chiedevo loro perché gli americani avessero bombardato San Lorenzo in quel modo così terribile che, venti anni dopo, la cittadinanza romana ancora ne parlava con figli e nipoti.

Infatti le guerre contro Gaza non hanno mai guardato in faccia neanche i quasi mille bambini uccisi, sostanzialmente in una manciata di giorni, quindi come potevano occuparsi di salvare le vestigia di un lontano passato cristiano? Tanto più che non sarebbe stato utile nemmeno per puntellare le narrazioni bibliche sulla base delle quali si rivendicano proprietà promesse da Dio! Comunque gli archeologi sono al lavoro e stanno recuperando il recuperabile.

Durante la guerra contro Gaza del 2014 tutta l’area di Nusseirat è stata violentemente bombardata e, oltre alle migliaia di vite umane eliminate, rischiava di andar distrutto anche questo capitale archeologico testimone del paleo-cristianesimo in Palestina e inserito, già nel 2012, nella lista dei siti archeologici più minacciati al mondo.

Più minacciati ma non più protetti! Ora che la P.U.I., un’importante ong francese, con finanziamenti internazionali e con l’apporto dell’École Biblique dei padri domenicani di Gerusalemme e la collaborazione delle Università Islamica e di Palestina di Gaza sta portando avanti i lavori di restauro, sono emersi non solo mosaici ancora pregevoli, ma mura di chiese e battisteri, di cisterne, di un ostello per pellegrini e altri importanti reperti sparsi per oltre un ettaro di terreno, lavori che, il giorno in cui Gaza non sarà più una prigione le cui chiavi sono in mano a Israele, potranno offrirsi a liberi visitatori interessati all’archeologia, oggi impossibilitati a entrare se non con permessi difficilissimi da ottenere.

Visitatori che scopriranno un altro segreto e cioè che nella Striscia di Gaza si trovano affiancati campanili e minareti senza che gli uni disturbino gli altri, e potrebbero anche scoprire che non tutte le moschee sono dedicate a Maometto, Omar o Hussein ma che, ad esempio, quella che si trova a Gaza city, di fronte al monastero cristiano delle Rosary Sisters, cioè le suore Alfonsine, è dedicata alla Sacra Famiglia, sebbene Gesù, ovvero Issa in arabo, sia considerato un profeta mandato da Dio e non il figlio di Dio.

Tornando al grande sito di Saint Hilarion, in arabo Tell Umm el-‘Amr, che fu realmente distrutto non dagli uomini ma da un terribile terremoto nel VII secolo, il progetto di ristrutturazione ha come obiettivo da raggiungere anche quello di sensibilizzare la popolazione alla scoperta e alla valorizzazione del passato e dunque del patrimonio storico palestinese.

Per questo, al restauro della chiesa con la sua cripta e delle chiese successive a quella costruita dal santo, al restauro dei battisteri, del refettorio, dei servizi per i pellegrini, dei mosaici con i loro bellissimi soggetti animali e vegetali o i loro motivi geometrici partecipano, e parteciperanno anche in seguito, decine di giovani gazawi, studenti di archeologia e di architettura perché – anche questa è una realtà celata – Gaza è piena di università e di giovani laureate e laureati che purtroppo, solo per la situazione loro imposta, sognano vie di fuga dalla disperazione del loro essere chiusi in gabbia senza avere un lavoro ma vivendo di sussidi, pur con capacità e competenze da investire.

Ilarione di Gaza, così seguito per i suoi miracoli in vita, potrebbe farne uno a 1700 anni dalla morte: consentire ai giovani gazawi non solo di appassionarsi al loro passato, ma di poterlo trasmettere “liberamente” attraverso le ricostruzioni archeologiche a chi pensa che Gaza sia soltanto miseria, abbrutimento e disperazione mortale.

Ovviamente, perché il miracolo si compia, sant’Ilarione dovrebbe sussurrare all’orecchio di chi, da palazzi più o meno di vetro, parla di diritti umani, visto che le parole non bastano ma servono i fatti. Allora sì che i bellissimi pavoni e i gelsi e le figure geometriche dei pavimenti musivi riportati alla luce diventerebbero motivo di attrazione e di rispetto verso quella Gaza che ora è solo una prigione in cui cultura e bellezza vengono mortificate dall’assenza di libertà.

* da VitamineVaganti

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