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New York, l’altra faccia dell’America

Non ero mai stato negli Usa. E ci sono arrivato per vie traverse, per raccontare i miei disegni. Prima al confine e poi al centro.

Il confine per chi ha uno sguardo attento é luogo interessante, di sintesi, perché ti permette di vedere il vestito di una nazione. Come si pone all’esterno, quello che pensa per davvero del fuori, degli altri.

Quello degli Usa è confine prepotente, mobile ed aggressivo che si espande a sud cercando fin da subito di render dura la vita ai poveri che attraversano il sud America per poi arrivare al centro dell’impero. Ma il confine mobile non guarda solo a sud, come un Giano bifronte la guerra ai poveri la fa anche al suo interno.

Dice questo mostro di filo spinato a tutto il mondo che la povertà é colpa, che la solidarietà è un crimine e che l’ingiustizia é un valore.

L’eco della sua voce viene ascoltato e riprodotto anche a migliaia di kilometri, attraversa il mediterraneo ed il pacifico per poi recintare la miseria nelle città.

Si nutre dei reietti e li chiude nelle carceri neoliberiste, le elites che dall’alto delle loro torri d’avorio dispensano odio o carità possono dormire sonni tranquilli. Ho cercato di respirare new york, non da turista ma da militante.

Non ho cercato, nelle poche ore che avevo, i musei, i monumenti o le gallerie di arte, niente di tutto questo. Semplicemente ho camminato provando a respirare la città.

Sono partito dalla punta più a Sud di Manhattan da dove si vede la statua della libertà. Poi con calma sono entrato nel rovo di grattacieli dei ricchi che chiudono l’orizzonte e la luce del sole. Ho guardato le loro scarpe costose, visto i prezzi dei loro negozi. Mi sono divertito ad ascoltare il passo frenetico delle donne in carriera ed i loro tacchi che nelle strade suonano come nacchere.

Passo dopo passo li ho lasciati alle spalle tutti quanti, con il sano disprezzo, poi risalendo mi sono addentrato a china town. Ho guardato le donne cinesi comperare i fiori lungo le strade, e da li sono poi arrivato nel quartiere dove e nato l’hard core e gli agnostic front muovevano i primi passi. Di quella storia non é rimasta gran traccia, se non qualche adesivo e vecchi volantini.

New York é fatta di quadrati, ma é una città che muta forma e composizione sociale nel tempo come si fa con il cubo di Rubik. Ho percorso la 125º strada e poi la Malcolm X boulevard, tra centinaia di tossici anziani, malati mentali e disperati. Neri. Poveri. Senza welfare che camminano lenti come il tampone della spada che spingono per mettersi il veleno nelle vene.

A una decina di miglia dalla città dei ricchi incontro gli infetti della miseria. Quella che spaventa la classe media americana, esorcizzata splendidamente dai film di Romero. Morti viventi, questi sono i poveri nella società dove se non consumi non esisti.

King Kong é morto da un pezzo, ed il Black Panthers Party non esiste più. Ma come la storia ci insegna nulla é immutabile. Vittoria agli oppressi. Vittoria agli oppressi.

Questa foto fa parte di una istallazione di pannelli messi sul muro della cattedrale St. John the Divine, per denunciare la politica del confine americano.

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