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Helin, Mustafa. Continua la strage dei musicisti turchi

Ora si teme per la sorte di Ibrahim Gokcek”, scrivevo tre settimane fa nell’articolo dedicato alla morte di Helin Bolek, cantante turca del Grup Yorum, gruppo musicale perseguitato dal regime di Erdoğan.

Le apprensioni per la sorte di Ibrahin Gokgek, che continua lo sciopero della fame, restano, ma nel frattempo se n’è andato un altro compagno dello stesso gruppo musicale, Mustafa Kocak, 28 anni come Helin, deceduto dopo 297 giorni di digiuno.

Mustafa era stato arrestato nel settembre 2017 e condannato all’ergastolo, nel luglio scorso, in un processo irregolare da ogni punto di vista, sulla base di testimonianze estorte con la tortura e le minacce, oppure inventate da informatori prezzolati.

Insieme a lui era stato condannato all’ergastolo, per “violazione dell’ordine costituzionale”, anche l’avvocato Murat Canin. La condanna degli avvocati è frequente nei tribunali turchi, per impedire la difesa dei prigionieri politici

Rinchiuso nel carcere di isolamento di “tipo F” di Sakran, vicino a Smirne, lo stesso Mustafa aveva denunciato di essere stato picchiato e torturato più volte. All’inizio di luglio 2019 aveva iniziato lo sciopero della fame, già prima della condanna, per chiedere un processo regolare.

A settembre, Mustafa aveva annunciato che il suo sciopero della fame sarebbe continuato “sino alla morte”. Questa decisione faceva seguito alla repressione subita dalle tante persone che avevano solidarizzato con lui, primi tra tutti i suoi familiari.

Zeynep Kocak, madre di Mustafa, aveva dichiarato, in una conferenza stampa presso l’ufficio dell’Associazione degli Avvocati progressisti (Istanbul, 10 agosto 2019) di essere “pronta a fare di tutto per mio figlio. Mio figlio è in sciopero della fame per tutti i prigionieri politici. Mio figlio è innocente”.

Ugualmente, il padre di Mustafa, Hasan Kocak, aveva definito l’intero processo come “una serie di ingiustizie”. Inoltre, Hasan Kocak aveva denunciato le minacce di stupro alla sorella di Mustafa, tra l’altro incinta, da parte di alcuni poliziotti.

Il 28 agosto 2019 i genitori di Mustafa Koçak avevano condotto un’azione di protesta in piazza Taksim, nel centro di Istanbul, non lontana da Gezi Park, indossando simbolicamente dei sudari e mostrando una foto del figlio con un cartello che diceva: Mio figlio sta morendo a causa dell’ingiustizia”.

Per tutta risposta, la polizia aveva trascinato i familiari nel vicino commissariato di Beyoglu e li aveva pesantemente malmenati e minacciati.

La solidarietà a Mustafa Kocak e la protesta per la sua condanna ha coinvolto negli ultimi dieci mesi un vasto arco di forze; in particolare il Fronte del popolo ha organizzato diverse manifestazioni sia in Turchia sia in Europa, ma il governo turco le ha ignorate o peggio represse.

La sola risposta delle autorità turche è stata quella di tentare di sottoporre Mustafa Kocak, ormai ridotto a pesare 29 kili, all’alimentazione forzata attraverso l’intrusione di una sonda nello stomaco, pratica pericolosa per chi la subisce e condannata da Amnesty International come forma di tortura.

La pratica dello sciopero della fame è condotta dai detenuti turchi come estrema e unica forma di lotta possibile all’interno di carceri e di un sistema giudiziario in cui qualunque efficace difesa e il rispetto dei diritti umani sono costantemente negati.

Si tratta spesso dell’unica forma, per un detenuto, di contrastare la violenza a cui è sottoposto, come fu per esempio, per i militanti Repubblicani irlandesi, agli inizi degli anni ottanta, oppure per quelli baschi.

L’attenzione di tutti i democratici deve concentrarsi ora non solo sulla sorte del già citato Ibrahim Gokcek, in sciopero della fame da oltre 300 giorni, ma anche su quella degli avvocati Abru Tomtik e Ayrtac Unsal che hanno intrapreso la stessa estrema forma di lotta, per impedire che continui la strage dei detenuti politici turchi.

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1 Commento


  • Federico

    Non esiste una petizione da firmare, o altri modi per fare pressione su quello sciagurato governo?

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