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Spotify. Per Daniel Ek la musica è: produci, consuma, crepa

Il CEO di Spotify Daniel Ek, ha risposto ai continui attacchi dei musicisti, delle label, e del pubblico in merito al compenso che distribuisce ad ogni artista per ogni brano ascoltato.“Se vuoi guadagnare devi pubblicare musica in continuazione”, un po’ come le galline d’allevamento, si quelle chiuse e con la luce accesa h 24.

You Can’t Record Music Once Every Three To Four Years And Think That’s Going To Be Enough”

In sintesi è ciò che ha affermato Daniel Ek, CEO della piattaforma digitale Spotify.

Nell’intervista però va ben oltre alla semplice dichiarazione sopra citata. In pratica afferma che se vuoi guadagnare, devi produrre musica continuamente, solo così potrai guadagnare.

Più brani ci sono sulla sua piattaforma più è lui a guadagnare, mica i musicisti. A loro va 0.00348 di dollaro ad ogni ascolto, vale a dire che per guadagnare 3.470 dollari, un musicista deve avere oltre un milione di ascolti (youtube te ne da poco più di 600 di dollari per 1 milione di visualizzazioni).

In pratica Daniel Ek paragona i musicisti a dei lavoratori a cottimo, i suoi, delle vacche da mungere, le sue, per avere ogni mattina il suo bel bidone di latte sul suo, di tavolo.

Daniel Ek ha un patrimonio di oltre 4 miliardi di dollari, tutti guadagnati grazie alla sua piattaforma e grazie ai “suoi” lavoratori musicisti.

Certo, qualcuno potrebbe affermare: “Ehi, è il capitalismo baby”, non tutto però si misura con il metro dollari di Daniel Ek.

Chi mastica un po’ di musica sa bene che per fare un disco occorre tempo, idee originali, creatività, occorre arrangiare, occorre scrivere dei testi che abbiano un “senso”, occorre incidere, mixare, fare il mastering ecc… e tutto questo non si fa in un giorno.

Non tutti sono dei geni, non tutti riescono a sfornare un disco ogni sei mesi, o meglio forse si, ma ne risentirebbe la qualità, i dischi sarebbero delle mezze cose da tirare su solo per poter pubblicare.

Niente Tour per i musicisti

Così, invece di fare i tour, gli artisti dovrebbero, secondo Daniel Ek, restare chiusi in studio vita natural durante a produrre musica, per lui ovviamente, il tutto per 0.00348 di dollaro x un milione di ascolti (se ci arrivi) fa poco più di 3000 dollari che, diviso sei mesi, fa circa 500 dollari al mese, e se fai un disco ogni anno sono circa 250, ma devi totalizzare almeno un milione di ascolti, e credetemi, fare quei numeri non è affatto semplice

Immaginate un musicista che pubblica un disco di musica sperimentale o non propriamente pop, non ci arriverà mai a totalizzare quei numeri, per cui la musica perderebbe la sua essenza, la sua radice primaria, perderebbe di originalità, di creatività, di sorpresa, e per le nostre orecchie non sarebbe altro che una noiosa, catena di montaggio sonora e basta.

La quantità a discapito della qualità

E’ da qualche anno che la musica sta subendo un lento ma inesorabile degrado. La musica è oramai ridotta ad un miserabile carillon senza carica, senza alcun senso, noiose nenie fatte con un loop di batteria e quattro frasi prese a caso e ripetute all’infinito, ovvio, così è semplice, ovvio che così riesci a fare un disco ogni mese, ovvio che suona come una tromba stonata missato alla bella e meglio, tanto chi se ne frega, chi ascolta la musica la sente dal telefonino per cui va più che bene, d’altronde è solo un loop di batteria e una voce.

Il pensiero però va subito agli anni sessanta e settanta. Prendiamo ad esempio i Beatles, negli anni sessanta facevano addirittura due dischi ogni anno, ma quelli erano i Beatles.

I Led Zeppelin tra il 1969 e il 1971 ne fecero quattro di dischi, ma quelli erano gli Zeps, o i Deep Purple tra il 1968 e il 1971 ne fecero addirittura cinque, per non parlare di Frank Zappa.

La musica oggi

E oggi!?!? Oggi ad esempio Omar Rodríguez-López dei Mars Volta (ma lui è un matto) è stato da record, nel solo 2016 pubblicò ben 12 dischi, il problema è: provate ad ascoltarli!

Oggi esiste solo la quantità, in tutto. Oggi se non hai almeno 4 tera byte di musica sul tuo HD non sei nessuno, poi però scopri che magari sono file convertiti a 128 kb o a 320 kb, e cosa puoi ascoltare con un file che è così compresso?!?

Sì, certo, la musica esce fuori, poi però provi ad ascoltare lo stesso brano studio master 44100/24bit e scopri che oltre ad un noioso rumore di sottofondo c’è anche della musica, scopri che ci sono dei violini, che prima non si sentivano con un file a bassa qualità, o magari un solo di chitarra spostato sulla parte left del fronte sonoro, e così via.

Spotify

Spotify è comodo, certo, tutte le piattaforme di streaming musicale sono comode. Va bene quando si sta in metro, o al supermercato a fare la spesa è piacevole ascoltare una propria playlist preferita, anche se è bassa qualità che importa, tanto poi quando torno a casa accendo Alexa e sento anche peggio.

Ecco, la quantità non è altro che il degrado, l’appiattimento, l’annichilimento di una opera d’arte, la quantità a discapito della qualità; insomma mangiare per sopravvivere, un hamburger da mc donalds e alla fin fine hai mangiato.

La musica ormai è diventato questo, Produci, consuma e crepa, e chi se ne frega della qualità, perché con 0.00348 di dollaro ad ogni ascolto, bene che mi va, un cheeseburger ce lo compro, tanto c’è Daniel EK che pasteggia con caviale e champagne, alla faccia dei musicisti.

Daniel EK, Youtube, questi sono i padroni della musica, eppure basterebbe così poco per rovesciare il tavolo. Ad esempio, tutti gli artisti tolgono la musica da spotify per sei mesi, magari la piazzano su Tidal o su Bandcamp (lo fanno già in moltissimi) e con questa mossa il CEO di Spotify si ritroverebbe con una piattaforma vuota, le azioni della sua compagnia collasserebbero, e lui sarebbe costretto a rivedere i bonus da versare ai musicisti che non sarebbero più suoi involontari dipendenti, ma sarebbe lui ad essere dipendente dai musicisti.

L’altra possibilità e forse la più logica: i musicisti, tutti, si associano e creano la più grande piattaforma musicale del mondo, una loro piattaforma proprietaria, i cui soli padroni sarebbero i musicisti, ovvero quelli che generano contenuti.

Altre piattaforme di streaming

  • Bandcamp trattiene una percentuale sulle vendite, in particolare il 15% sul digitale e il 10% sui supporti fisici.

  • CD Baby – trattiene solo il 9% dei diritti.

  • Tidal è la piattaforma che paga meglio in termini di streaming, con 0,01250$ per ciascun ascolto e 12,50$ ogni 1000.

  • Napster – 0,00825465

  • Amazon – 0,00761787

  • AppleMusic – 0,00653177

  • Google – 0,00424601

  • Spotify – 0.00348

  • YouTube – 0,00310838

*Dj romano, storico esperto di musica e conduttore in diverse radio della Capitale

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