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Marinmenzu, musica consapevole da Lampedusa

Giacomo Sferlazzo, cantautore e attivista lampedusano, da anni addentro alle battaglie, alle rivendicazioni sociali dell’isola e alle sue contraddizioni, ha dato vita alla sua ultima produzione: Marinmenzu (Mare in mezzo o Mare immenso, in lampedusano).

Quarantenne, artista poliedrico, è noto sull’isola anche per aver intrapreso un percorso di recupero dell’antica tradizione dell’arte dei pupi.

L’ album è articolato in due poemi. Nel primo anche questa volta, come da tradizione, il cantautore utilizza il dialetto lampedusano: viene ripercorsa la leggenda di Andrea Anfossi, una cantata che racconta di come un’immagine sacra dall’isola sia finita a Castello Ligure. Protagonisti della storia sono naufraghi, corsari, eremiti, schiavi e madonne.

Il secondo poema intitolato “Alivi”, parola che tradotta dal siciliano significa “Olivi”, ha come scenario la martoriata terra di Palestina. L’autore narra dei soprusi subiti della popolazione da parte delle autorità israeliane e in particolare di una pratica subdola, ossia lo sradicamento degli ulivi da parte dell’esercito a danno dei contadini palestinesi.

La nota peculiare dell’album inerisce però l’emigrazione, tema ricorrente nei lavori di Sferlazzo: un fenomeno di cui l’isola in cui è cresciuto e vive, è ancor più di altri luoghi, testimone diretta.

Quando si parla di migrazione sotto i riflettori finisce di solito però, solo l’atto finale del processo, ossia lo sbarco, senza che la dinamica da cui prende atto sia mai analizzata nelle sue più complesse cause; senza che i protagonisti coinvolti possano dire la loro. Qui invece a parlare con le proprie voci sono proprio i migranti. Si riportano infatti le testimonianze di alcuni di loro che narrano delle atrocità subite nei carceri libici.

Il lavoro dell’artista si intreccia a questo punto con quello di denuncia di Michele Severgnini, autore di Exodus – Fuga dalla Libia, un progetto che è diventato anche un documentario in cui Sferlazzo ha partecipato come musicista per la realizzazione della colonna sonora.

Testimonianze non più delegate a terzi. Messaggi  inviati direttamente dai migranti, rendono idea, senza filtri, delle  personali esperienze vissute.

L’album che si fonde dunque su un delicato innesto di musica e storia popolare e canzone di denuncia, ha visto la partecipazione di diversi artisti, tra i quali “O Zulu” dei 99 posse, Daniele Sepe e il percussionista tunisino Marzouk Mejri.

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