La Toscana è terra di teatro che, in particolare con la tradizione dei bruscelli e dei maggi drammatici, ha scritto alcune delle pagine più importanti della storia della cultura popolare italiana. Possiamo oggi aggiungere alle tradizioni del teatro popolare toscano la bella storia del Teatro Povero di Monticchiello (Siena) che, da 55 anni, ogni estate, mette in scena un “autodramma” costruito dalla popolazione del paese attraverso un percorso complesso di drammaturgia collettiva.
Una tradizione che non si è interrotta neppure lo scorso anno quando, a causa della pandemia, si trovò egualmente il modo di andare in scena ideando uno struttura a luoghi deputati, che evitò una presenza contemporanea eccessiva di pubblico.
Il Teatro Povero di Monticchiello nasce nel 1967; erano anni duri per i borghi della campagna toscana, poiché era entrato in crisi il sistema della mezzadria, che era la forma d’economia prevalente nella zona, mentre le campagne andavano spopolandosi. La crisi, da economica, si era ben presto riflessa nelle forme di aggregazione sociale, in un forte smarrimento identitario dettato dall’incertezza delle prospettive per il futuro.
Qualcuno degli anziani del paese, che fu protagonista della nascita del Teatro Povero, racconta oggi che l’iniziativa nacque anche per ribellarsi a quella situazione sociale, per ritrovare coesione sociale e politica e per opporsi alla perdita di storia collettiva che andava delineandosi.
Il primo spettacolo del Teatro Povero andò in scena nell’estate del 1967 e fu ispirato a un fatto storico, messo in scena in forma romanzata, avvenuto proprio a Monticchiello nel 1553, relativo alla resistenza alle truppe inviate da Carlo V contro la Repubblica di Siena.
Uno spettacolo che faceva ancora riferimento alle forme storiche del teatro popolare toscano. Tuttavia, fu Quel 6 aprile del ’44, realizzato nel 1969, lo spettacolo con cui il Teatro Povero passò dalla parastoria alla storia e in particolare alla storia collettiva e contemporanea del paese di Monticchiello.
Lo spettacolo ricostruiva la battaglia avvenuta tra i partigiani dell’Amiata e le truppe fasciste proprio il 6 aprile 1944, in seguito alla quale la popolazione di Monticchiello rischiò la strage nazista per rappresaglia; minacciata, ma per fortuna non realizzata. A quello spettacolo parteciparono anche alcuni dei partigiani dell’Amiata protagonisti della battaglia.
Da allora, ogni inverno, a Monticchiello si prepara in forma collettiva, attraverso assemblee a cui partecipa chiunque sia interessato, lo spettacolo per l’estate successiva. Le assemblee decidono le linee generali, i temi e il taglio dello spettacolo e in seguito un gruppo ristretto si occupa della stesura del copione.
Il risultato è, in genere, uno spettacolo che guarda ai temi dell’attualità sociale e politica filtrato attraverso il vissuto e il punto di vista degli abitanti di Monticchiello, mentre sono sempre presenti richiami alla storia locale, alla memoria collettiva e alla trasformazione del paese nei decenni.
Ne nasce ciò che Giorgio Strehler definì appunto “autodramma”, cioè una scrittura collettiva di se stessi e su se stessi, guardando al futuro attraverso la lente della memoria. Il Teatro Povero diventa così un’esperienza attraverso cui l’intero paese s’identifica e collabora nei lunghi mesi non solo della progettazione, ma anche delle prove, dato che gli attori sono gli stessi abitanti del paese.
Per oltre quarant’anni e sino al 2019 regista e scenografo del Teatro Povero è stato Andrea Cresti, recentemente scomparso e oggi sostituito dalla coppia Manfredi Rutelli e Giampiero Giglioni.
Lo spettacolo messo in scena quest’anno ha come titolo Inneschi e prende spunto da un fatto immaginario, il ritrovamento in una cantina del paese, di un ordigno di enormi dimensioni, un residuato bellico delle seconda guerra mondiale. Il paese è in pericolo, alcune case devono essere evacuate e gli artificieri tardano ad arrivare.
La situazione di incertezza e di pericolo innesca tra la popolazione contraddizioni che sembrano esplodere, tra interessi diversi, conflitti generazionali ed economici, mentre sullo sfondo si stagliano i pericoli delle guerre e del cambiamento climatico.
Un invito a non trascurare le contraddizioni del mondo d’oggi, a cui troppi sono indifferenti, ma esistono e si manifestano anche violentemente, come uno strano giovane visionario afferma verso la fine: “Il mondo è pieno di bombe che stanno per esplodere! Nelle nostre case, sotto i nostri piedi, nelle nostre famiglie, in ogni luogo della Terra…”.
Tutto ciò mentre non manca, come sempre negli spettacoli del Teatro Povero, il riannodarsi della memoria, messo in scena dal rapporto tra una bambina e la sua nonna che si pente di non avere trasmesso alla nipote la memoria dei fatti avvenuti in Toscana durate la seconda guerra mondiale e la Resistenza.
E anche un invito a lottare “per noi e per quelli che vengano dopo…E per quelli che non possono più fallo…”, come dice un capo partigiano all’inizio dello spettacolo e ripete nella scena finale.
Da qualche anno il Teatro Povero gestiste anche il Te.Po.Tra.Tos, interessante museo storico della tradizione del teatro popolare toscano.
Il sito del Teatro Povero è : www.teatropovero.it
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