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“Una clandestinità democratica per rifondare l’Afghanistan contro talebani, Karzai e Nato”

Samia Walid, attivista di Rawa (Revolutionary Association Women of Afghanistan) è nuovamente in Italia per tessere rapporti di sostegno alla sua organizzazione. E’ testimone diretta dell’aria sempre pesantissima riservata dal sistema afghano a chi cerca alternative alla morsa della morte in cui Taliban, Signori della guerra, Forze Isaf  e governo Karzai costringono la popolazione.

Signora Walid cos’è accaduto negli ultimi mesi agli attivisti democratici afghani?

Hanno subìto una diffusa stretta repressiva. Ci sono stati pedinamenti, fermi, arresti operati dalle Intelligence locali e occidentali. Un caso noto è quello di Said Mahmud, portavoce del partito Hambastagi, arrestato e uscito di prigione dopo il pagamento di una cauzione per una vicenda pretestuosa. I Servizi di Karzai, con l’alibi dello scontro coi talebani, attaccano chiunque cerca di organizzare la popolazione, ne ascolta le istanze, va incontro ai bisogni di chi non ha protettori e padrini. Diverse nostre attiviste si sono accorte di essere seguite, alcune hanno ricevuto misteriose visite nelle abitazioni. Sicuramente sono state segnalate e schedate. Talune nostre case-rifugio per donne maltrattate sono state individuate e risultano impraticabili. Tutto ciò col benestare delle forze occidentali che dicono di voler attivare la democrazia ma aiutano Karzai a stroncare la partecipazione popolare.

In una nazione che vive una guerra ininterrotta da oltre trent’anni le azioni non violente a sostegno dei diritti trovano ascolto?

E’ difficile, ma possono trovarlo. Noi lavoriamo per questo. La gente è stanca di guerra, uccisioni, soprusi ma ha paura, anche perché nel nostro territorio la violenza è all’ordine del giorno. Quella interna praticata da anni da Signori della guerra e Taliban. Quella importata dal conflitto decennale della Nato che parla di exit strategy ma ne rimanda le date. Da tempo gli Usa non fanno altro che consolidare le basi militari sul territorio, bisognerà vedere se continueranno a gestirle in proprio o se gradualmente ne cederanno il controllo a un esercito locale. La garanzia offerta da quest’ultimo è ampiamente incerta, lo dimostra più di un episodio in cui i militari dell’Isaf, statunitensi e anche italiani, sono stati colpiti da soldati che vestivano l’uniforme afghana. Esiste poi la micro violenza quotidiana fatta di angherie verso deboli e poveri, verso le donne che vengono stuprate e uccise addirittura a otto, dieci anni. Chi le pratica, specie se miliziano o poliziotto, risulta intoccabile. I familiari non denunciano perché lo stupro è una vergogna che colpisce loro stessi, piuttosto sono disposti a sopprimere le poverette. Tutto questo è duro a sradicare, ma come per la produzione dell’oppio è incredibilmente aumentato negli anni di barbara occupazione. Perciò quando parliamo di legalità e diritti la gente ci ascolta anche se tanti hanno timore a esporsi. Noi stessi agiamo di nascosto, con coperture.

Siete costretti alla clandestinità ma come fate a divulgare pubblicamente le vostre idee?

Non è semplice. Adottiamo precauzioni, ciò non toglie che rischiamo moltissimo. Fra i sotterfugi che usiamo c’è quello di avvicinare in incognito le persone partendo dalle loro esigenze. L’importante è far giungere il messaggio e trovare il modo di fare adepti, per quanto questa pratica ci costringe ai piccoli passi.

Avete rapporti con altre componenti democratiche della società afghana?

Li abbiamo, ma per la sicurezza degli attivisti di queste formazioni preferiamo non svelarli.

Da tempo Rawa punta allo smascheramento dell’impegno occidentale denunciando non solo la falsa esportazione della democrazia tramite le truppe Nato, ma la stessa rappresentatività elettiva interna: chi sono i parlamentari uomini e le 65 donne della Wolesi Jirga?

Nelle due Camere (Wolesi e Loya Jirga, ndr) siedono uomini che hanno l’unico scopo di privare le donne anche dei pochi diritti che restano. Si pensi che lo scorso anno si è avallata con una norma, la prassi di stuprare in casa le donne della minoranza sciita. Contro simili crimini, non c’è salvezza perché per consuetudine l’uomo di casa può fare delle sue donne ciò che vuole, chessò mutilarle  col taglio di mano, orecchie, naso e nessun giudice lo punisce. Purtroppo anche dalle parlamentari che siedono nella Wolesi Jirga non si è sollevato alcun grido di dolore, nessuna protesta. Questo la dice lunga sul ruolo che ricoprono: un totale asservimento al pastunwali difeso da Karzai.

Qual è il vostro parere sugli aiuti umanitari e l’attività delle Ong?

Gli aiuti umanitari che passano per le mani di Karzai diventano un finanziamento per i loschi affari dei ministri e dei potentati, compresi i vari Signori della guerra dentro e fuori il suo governo. Gli stessi contributi della cooperazione internazionale servono più ad alimentare l’apparato di queste strutture che alla popolazione afghana per il semplice motivo che la gente non vede quei denari né gode di alcun beneficio prodotto dagli aiuti.

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