L’esplosione ha avuto luogo nelle prime ore della mattina in una stazione lungo il gasdotto nel nord della Penisola del Sinai, a Bir Abd, 60 chilometri a est del Canale di Suez.
Si tratta del terzo attentato dall’inizio di febbraio al gasdotto, che fornisce gas naturale a Israele e alla Giordania.
Una fonte della sicurezza ha detto che uomini armati di mitra su un piccolo furgone hanno costretto le guardie della stazione ad andarsene, quindi hanno collocato le cariche di esplosivo.
“Non abbiamo informazioni sufficienti per ora, ma sembra che l’esplosione si sia verificata nello stesso modo delle due precedenti”, ha detto all’agenzia Reuters un’altra fonte della sicurezza egiziana.
La società che gestisce il gasdotto lo ha chiuso dopo l’esplosione. Le precedenti esplosioni avevano provocato altre chiusure di settimane il 27 aprile e il 5 febbraio. Il gasdotto è gestito dall’egiziana Gasco, una consociata della società nazionale del gas Egas che fino ad oggi ha dovuto vendere il gas egiziano ad un prezzo di favore a Israele invece che al suo prezzo di mercato con rilevanti perdite economiche per l’Egitto. Consapevole di questa imprevista vulnerabilità, Israele sta scatenando una sorta di guerra del gas nel Mediterraneo cercando di accaparrarsi i giacimenti di gas naturale davanti alle coste della Striscia di Gaza (che spettano ai palestinesi) ed altri nel tratto di mare vicino alle coste libanesi. Su entrambi è ormai aperto un contenzioso che le autorità israeliane intendono risolvere mettendo come al solito i paesi interessati e la comunità internazionale di fronte al fatto compiuto. Non è estranea a questa “guerra del gas” la protervia con cui le autorità israeliane si sono accaparrate le acque del Mediterraneo meridionale e la stessa escalation contro la Freedom Flotilla che intende arrivare a Gaza riaffermando il diritto internazionale sul Mediterraneo.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa