Ma ad altri, come ad Alekos Atanasiadis, è andata molto peggio. Il deputato socialista è stato riempito di sputi e bestemmie a poche centinaia di metri dal parlamento, dopo il voto sui tagli.
Dimostrazioni di rabbia popolare che ormai escono fuori dai confini del «confronto politico», mentre nei blog spopolano storie esilaranti. Come l’ultima su Teodoros Pangalos, vicepremier e autore, in parlamento, della famosa battuta: «Tutti insieme abbiamo mangiato i soldi (dello Stato)». Frase che ha indignato tanti. Le «voci» vogliono che Pangalos pochi giorni fosse in un bel ristorante del Pireo, il porto di Atene, quando improvvisamente un cliente lo avrebbe avvicinato, chiedendogli se si trattasse proprio del vice di Papandreou e se avesse davvero pronunciato la frase incriminata. «Se abbiamo mangiato i soldi dello Stato insieme, mi prendo il piattone di pesce che hai davanti e me lo mangio con i miei amici» avrebbe esclamato il giovane contestatore portandosi via il prelibato cibo, mentre Pangalos e i suoi amici lasciavano il locale!
Il vero incubo di deputati e dirigenti socialisti (e conservatori) è però il gruppone di motociclisti che periodicamente scende in strada nella capitale per «fare visita» (baccano) davanti alle case del primo ministro, di ex capi di governo, deputati e ed ex parlamentari, politici coinvolti in casi di corruzione. Ne sanno qualcosa il socialista Simitis e il conservatore Karamanlis, il ministro degli interni Papoutsis, «colpevole» per la violenza della polizia il 16 e il 29 giugno a piazza Syntagma.
Con decine di moto (a volte fino a 200) il gruppo, nato da un’idea dello sceneggiatore Dimitris Kollatos, ha seminato il panico nella classe dirigente per le sue impreviste e numerose «visite». Già nel febbraio scorso Kollatos aveva portato, sotto una pioggia battente, più di 1.500 persone fuori del lussuoso appartamento dell’ex ministro della Difesa, il socialista Akis Tsoxatzopoulos, denunciato per aver ricevere tangenti da una società tedesca che ha venduto alla Grecia due sommergibili (difettosi) da 1 miliardo di euro.
La «caccia» va in scena anche al di fuori di Atene, come dimostra l’«espulsione» di dirigenti socialisti da Corfù, l’occupazione, a opera di camionisti, della sede del Pasok a Rodi, o la reazione al grido «Un deputato!», lanciato qualche giorno fa nel centro di Larissa, in Tessaglia: in pochi istanti sono accorse decine di persone alla ricerca del «colpevole», «traditore», «ladro» e naturalmente «collaborazionista».
A Salonicco lo studio del ministro della Finanze, Evangelos Venizelos, è stato centrato da yogurt e pesce, mentre nel centro della seconda città del Paese venivano affissi manifesti con la sua fotografia e la scritta: «Ricercato».
Per il governo di Panandreou e il Pasok questi atti di intimidazione politica hanno un unico responsabile: la coalizione di sinistra Syriza e il suo «leader màximo» Alexis Tsipras.
Per il segretario del Pasok M. Karximakis il leader di Syriza «è il generalissimo del disordine», paragonabile ai picchiatori dell’estrema destra del periodo precedente la dittatura dei colonnelli, mentre l’ex presidente del parlamento, il socialista Aposotolos Kaklamanis, denuncia «cento incappucciati di Syriza» fuori gli uffici di due deputati socialisti di Volos, in Tessaglia.
Le denunce dei socialisti contro Syriza non vogliono dimostrare i collegamenti, inesistenti, tra le proteste più populiste e apolitiche e la coalizione di sinistra, ma rispecchiano il nervosismo e la paura dei dirigenti del partito di governo, che se non galvanizzano la loro base elettorale contro la sinistra radicale e democratica, rischiano di perdere voti a sinistra.
Da parte loro Tsipras e i dirigenti di Syriza hanno denunciato ripetutamente in questi giorni gli atti di violenza di ogni genere, difendendo però il diritto dei cittadini di protestare pacificamente nelle strade. Per conto della coalizione di sinistra Tsipras ha esposto una denuncia al Tribunale Supremo contro la polizia, corredata da video e fotografie, sui fatti del fine giugno e le sostanze chimiche utilizzate dalla polizia contro i manifestanti.
da “il manifesto” del 10 luglio 2011
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