Carri armati siriani oggi hanno effettuato raid in due città del nordovest vicino al confine con la Turchia, estendendo l’offensiva militare per reprimere le proteste anti-governative. Lo hanno riferito gli abitanti del posto, il giorno dopo che Ankara ha chiesto al presidente siriano Bashar al-Assad di mettere fine alle uccisioni dei civili. Una donna è morta quando 12 tank e veicoli blindati, insieme a 10 grossi bus con a bordo soldati, sono entrati a Taftanaz, città a 30 chilometri dal confine turco. Una simile offensiva c’è stata anche nella vicina Sermin. La visita del ministro degli esteri turco Ahmet Davutoğlu, ieri a Damasco, per un incontro con il presidente siriano Bashar al-Assad– sei ore, le seconde tre di faccia a faccia dopo una prima discussione aperta alle delegazioni – ha avuto il chiaro valore di un ultimatum da parte della Turchia alla vigilia della presentazione – oggi – del rapporto del Segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon al Consiglio di sicurezza. Il capo delle diplomazia di Ankara ha consegnato ad Assad una lettera del presidente Abdullah Gül e trasmesso un messaggio del primo ministro Recep Tayyip Erdoğan. E ha ripetuto l’ennesimo invito a porre fine alla repressione delle proteste popolari, ad avviare con convinzione un processo negoziale di cui – con l’abolizione dello stato di emergenza e la legalizzazione dei partiti politici – sono stati mossi solo i primi passi, altrimenti, il regime è destinato a perdere l’appoggio della Turchia. “La nostra pazienza sta per finire” era stato l’avvertimento di Erdoğan ad Assad, sabato scorso annunciando la missione di Davutoğlu. E il premier ha aggiunto che l’atteggiamento della Turchia verso la Siria dipenderà dalle risposte – con le parole ma soprattutto con i fatti – alla visita del ministro degli Esteri. Di ritorno all’aeroporto della capitale, ieri in tarda serata, Davutoğlu non ha svelato l’esito dell’incontro col leader siriano.
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