Decine di migliaia di palestinesi si sono riuniti nelle strade e nelle piazze della Cisgiordania per seguire il discorso che Abbas ha pronunciato a New York. Nella piazza al-Manara di Ramallah, in particolare, migliaia di persone sono incollate di fronte ai maxischermi che trasmettono in diretta il discorso del leader dell’Anp.
Nonostante le pressioni diplomatiche di Usa e di alcuni stati europei (tra l’Italia, “il migliore alleato di Israele in Europa”), il leader dell’Anp presenterà la sua domanda di riconoscimento a pieno titolo e di adesione come Stato membro al segretario dell’Onu che la trasmetterà in seguito al Consiglio di sicurezza come prevede la procedura delle Nazioni Unite. La richiesta palestinese sarà presentata alle 11:35 locali (le 17.35 in Italia) mentre l’intervento di Abu Mazen all’Assemblea Generale è previsto un’ora dopo la presentazione della richiesta.
I palestinesi intendono ottenere più di nove voti dei 15 necessari in seno al Consiglio di Sicurezza per convalidare la richiesta di riconoscimento e adesione, fatto questo che costringerebbe gli Stati Uniti a ricorrere al loro diritto di veto. Il voto al Consiglio di Sicurezza non sarà immediato ma passeranno alcune settimane, ma i palestinesi si sono detti pronti ad attendere.
Il presidente americano Barack Obama, che nel suo intervento davanti all’Assemblea Generale ha detto che uno Stato palestinese potrà nascere solo attraverso il negoziato tra le due parti e non con una risoluzione alle Nazioni Unite, ha provato fino all’ultimo a dissuadere Abu Mazen dal rivolgersi al Consiglio di Sicurezza per richiedere una piena della Palestina come stato membro all’Onu, minacciandolo che gli Usa non esiterebbero a usare il loro potere di veto per bloccare una simile richiesta.
Secondo quanto riporta il quotidiano Haaretz, anche altri funzionari dell’amministrazione Usa hanno incontrato diverse volte Abu Mazen negli ultimi giorni per fare pressione su di lui, e l’ambasciatrice degli Stati Uniti al Palazzo di Vetro, Susan Rice, ha ribadito due giorni fa che una richiesta di riconoscimento di uno Stato palestinese non darà alcun contributo al processo di pace e servirà solo a ritardare la ripresa dei negoziati (questi ultimi – ha sottolineato Rice – sono l’unica via attraverso cui i palestinesi possono ottenere l’agognata indipendenza). Il discorso di Barack Obama sulla Palestina alle Nazioni Unite ha rappresentato un «monumento storico di cinismo». Ha affermato il presidente venezuelano Hugo Chavez. In precedenza, Chavez aveva scritto al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon per ribadire il suo appoggio al riconoscimento di uno stato palestinese.
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La decisione dell’Anp di chiedere il riconoscimento dello stato palestinese incontra i dubbi dell’attivista e intellettuale palestinese Omar Barghouti. Qui di seguito il servizio della Nena News
Omar Barghouti: stato palestinese, dubbi e implicazioni
L’attivista palestinese è critico nei confronti della richiesta di piena adesione all’ONU: “dietro la decisione dell’Anp, poca trasparenza. Si rischia che un ipotetico Stato di Palestina possa sostituire l’OLP, unico rappresentante ufficiale di tutti i palestinesi”.
DI DAUD AL AHMAR E MIRIAM GIANNANTINA*
Ramallah, 23 settembre 2011, Nena News – “Besiege your siege…there is no other way”. Con le parole del grande poeta palestinese Mahmoud Darwish, Omar Barghouti esordisce alla presentazione del suo ultimo libro (BDS – The global struggle for Palestinian rights, Haymarket Books, Chicago, 2011)[1]. Approfittando di tale evento abbiamo voluto chiedere allo scrittore la sua opinione a proposito dell’iniziativa intrapresa dall’Autorità Nazionale Palestinese di Mahmoud Abbas per il riconoscimento dello Stato di Palestina presso le Nazioni Unite, prevista il prossimo 23 settembre.
Palestinese, attivista per i diritti umani, largamente noto al pubblico in veste co-fondatore della campagna internazionale BDS per il boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni contro Israele, Omar Barghouti non nasconde le sue preoccupazioni per la creazione di un futuro Stato palestinese. Tuttavia parlando a nome della coalizione BDS, egli afferma che, la presentazione della candidatura presso le UN potrebbe avere l’effetto positivo, per quello che concerne la campagna, di ampliarne l’utenza e amplificarne la eco. Ma a prescindere dal riconoscimento ufficiale dello Stato, le azioni di boicottaggio ai danni di Israele rimarranno invariate con gli stessi obiettivi da raggiungere utilizzando quei mezzi temprati da più di 5 anni di battaglie (la BDS Campaign è stata fondata nel luglio del 2005).
Detto questo, le opinioni dello scrittore diventano assai più severe, e ci tiene a sottolinearlo, se la domanda è rivolta alla sua persona in quanto palestinese e attivista per i diritti umani. Barghouti afferma infatti senza mezzi termini, che dietro questa decisione dell’ANP c’è una totale mancanza di trasparenza e la principale fonte di preoccupazione è che un ipotetico Stato di Palestina possa sostituire l’OLP, unico rappresentante ufficiale di tutti i palestinesi. Questo metterebbe particolarmente in pericolo la condizione dei rifugiati (e il loro conseguente diritto al ritorno) così come lo status dei palestinesi di Gerusalemme e di quelli residenti nei territori del ’48 (con cittadinanza Israeliana) che si troverebbero ulteriormente indeboliti nella loro lotta per l’eguaglianza di diritti all’interno dello Stato di Israele. Vero è che Abu Mazen, durante il suo discorso rivolto ai palestinesi prima della partenza per New York, ha riaffermato il ruolo insostituibile dell’OLP ma, si domanda l’autore, ci si può fidare di qualcuno che non è stato democraticamente eletto[2] e che non possiede alcun mandato dal popolo che dovrebbe rappresentare? Inoltre, insiste Barghouti, un’ iniziativa come quella intrapresa dall’ANP non giova alla causa : sarebbe un’ottima mossa politica per rimettere all’ordine del giorno la questione palestinese in un momento di particolare forza dello stato occupante. Ma nell’attuale congiuntura storica Israele appare sempre più isolato e sta subendo un allarmante picco di popolarità sia nell’opinione pubblica Europea che in quella Nord Americana (oltre che negli stati del “global south”). La lotta andrebbe quindi riaffermata e rafforzata sugli stessi binari sin qui percorsi, con iniziative analoghe alla BDS, con i movimenti di resistenza popolare non violenta (Bili’n, Masara, Nabi Saleh, …) contro il muro e le colonie illegali. Secondo lo scrittore, questa iniziativa, non è altro che una pretesto escogitato dalla leadership palestinese per evitare di fare i conti con le proprie responsabilità dopo 20 anni di fallimenti nel cosiddetto “processo di pace”. Quando il presidente Abu Mazen afferma che tale azione non ha come obiettivo quello di isolare Israele – isolamento che invece si sta diffondendo nella regione in simultaneità con la cosiddetta primavera araba – quale sarebbe dunque la strategia dell’ANP per il riconoscimento dei diritti dei palestinesi? Rilanciare il dialogo per convincere Israele?
Il percorso fallimentare di 20 anni di “processo di pace” ha dimostrato che non è questa la logica da seguire, ma che è urgente invece isolare Israele sul piano internazionale e costringerlo a retrocedere e a riconoscere al popolo palestinese quei diritti che reclama da più di 60 anni.
* Nena News
[1] Per maggiori informazioni sulla campagna BDS: http://www.bdsmovement.net/ e in Italia: http://www.stopagrexcoitalia.org/la-campagna-bds.html
[2] Il suo mandato è scaduto nel (gennaio) 2009 ma ne ha unilateralmente prorogato la durata
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