A cinque giorni dalla sua cattura e linciaggio, dopo aver esposto il suo cadavere per due giorni a una (indecente) esibizione in un deposito di carni di un centro commerciale a Misurata, e dopo molti tergiversazioni del Cnt, le nuove autorità libiche hanno disposto che il Colonnello, suo figlio Mutassim e l’ex ministro della difesa Abu Bakr Younis, già in stato di avanzata decomposizione, fossero prelevati intorno alla 5 di ieri mattina e portati in gran segreto in «una località sconosciuta in aperto deserto» dove sono stati sepolti con «una semplice cerimonia» a cui erano presenti poche persone: qualche esponente del Cnt, qualcuno «della famiglia» (più probabilmente della tribù dei Qhadafa, visto che i componenti della famiglia o sono morti o sono alla macchia, come il figlio Saif al-Islam che viene dato fra i tuareg del Ciad o del Niger, o sono in esilio, come la moglie Safìa, la figlia Aisha e i figli Hannibal e Mohammed, al momento ancora in Algeria e, pare, in procinto di trasferirsi in Sudafrica). Dicono ci fosse anche qualche «sceicco» che avrebbe pronunciato le orazioni per i morti, risolvendo un altro cavillo, anch’esso frutto più di paura che di vendetta. Lunedì il nuovo muftì di Libia, lo sceicco al-Sadeq al-Gharyan (subentrato a quello filo-Gheddafi, Khaled Tantush, arrestato il 12 ottobre), aveva bollato l’ex leader come «un miscredente» che «in quanto uscito dalla comunità dei credenti» non meritava né preghiere né un funerale consono ai principi islamici.
Per questo pare avessero pensato a una soluzione all’Osama bin Laden, ucciso dagli americani in maggio e gettato in mare da una portaerei Usa.
Per il momento questa è la storia ufficiale della fine di Gheddafi, in attesa dei risultati della «commissione d’inchiesta» annunciata dal Cnt, che per ora conferma la versione ufficiale (vittima «del fuoco incrociato»), su come sia stato ucciso giovedì scorso a Sirte. Come se video e foto non bastassero…
Intanto la «nuova Libia» muove i primi passi. Titubanti se saranno confermate le dichiarazioni attribuite ieri ad Ali Tharouni, «ministro del petrolio e delle finanze» (e candidato, pare, al ruolo di premier nel prossimo governo provvisorio al posto del poco amato Jibril) in cui chiede alla Nato, che dovrebbe proclamare la fine dell«operazione» il 31 ottobre, di prolungare la sua «missione di almeno un mese».
Lunedì sera a Sirte è saltata in aria una stazione di servizio provocando una strage (un centinaio di morti) fra le persone in attesta di rifornirsi di benzina. Secondo le agenzie si è trattato di un «apparente incidente».
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