Menu

Spagna: i lavoratori si preparano a paralizzare il paese

Quella che il Congresso dei Deputati di Madrid – le Cortes – ha varato lo scorso 8 di marzo “non è una riforma del lavoro come le altre, né una delle tante”. Ne è convinto Igor Urrutikoetxea, responsabile esteri del sindacato Lab, legato alla sinistra indipendentista basca, impegnato in queste ore a mettere a punto gli ultimi preparativi per lo sciopero generale che dalla mezzanotte di oggi paralizzerà Euskal Herria. “E’ una riforma realizzata dall’ultradestra spagnola del Partito Popolare, dettata interamente dalle esigenze del padronato e che stravolgerà completamente la già dura condizione di milioni di lavoratori  (…) Porta a compimento un processo di deregolamentazione e di flessibilizzazione del mercato del lavoro che dura da tempo, indifferentemente dal colore politico dei governi”.

Una riforma – anzi, una controriforma, tanto per dire le cose col loro nome – che “rende più facili e a buon mercato i licenziamenti, taglia i salari e aumenta l’orario di lavoro, permette alle imprese di licenziare anche se non sono in crisi e senza dover giustificare il provvedimento, annulla la negoziazione collettiva, estende la precarietà a praticamente tutti i giovani lavoratori”. Tutto in virtù delle pressioni dell’Unione Europea, che già durante lo scontro elettorale tra il socialista Zapatero e il popolare Rajoy aveva preteso che una volta eletto il favorito obbedisse al diktat di rendere la legislazione sociale e del lavoro iberica più corrispondente alle necessità delle lobby industriali e finanziarie che governano a Bruxelles e a Francoforte. Una controriforma che non farà altro che aggravare una situazione sociale devastante: la percentuale più alta di disoccupati in tutto il continente e una precarietà dilagante. Uno scenario greco sul fronte governativo al quale le forze antagonoste vogliono contrapporre uno scenario all’altezza dello scontro anche sul fronte del conflitto.

Dopo mesi di manifestazioni nello Stato Spagnolo e di scioperi nei territori dove le minoranze nazionali si sono dotate di forze sindacali più combattive e conflittuali, domani si annuncia uno sciopero generale di carattere storico. Basta dare uno sguardo alle cronache dei quotidiani iberici per rendersi conto di un clima di rabbia e di mobilitazione senza precedenti. Non si contano i consigli di fabbrica che hanno già aderito al blocco del 29 marzo. Blocco che in alcuni territori – Paesi Baschi, Catalogna, Asturie – sarà totale, visto che praticamente tutte le sigle sindacali promuovono la giornata di lotta al di là delle differenze politiche e di analisi, e che anche tutta la sinistra ha chiamato militanti e attivisti – sindaci compresi – a partecipare a picchetti e manifestazioni. Da settimane in migliaia di posti di lavoro si sono tenute assemblee, carovane di automobili hanno percorso i territori per informare la popolazione, decine di azioni di boicottaggio sono state realizzate dai militanti dei sindacati combattivi e delle organizzazioni giovanili indipendentiste contro banche, edifici pubblici e altri obiettivi considerati contigui al potere della finanza, alle istituzioni politiche ed economiche responsabili della crisi. Nei territori catalani e a Valencia sono stati soprattutto gli studenti a mobilitarsi contro le politiche di tagli di Rajoy del sistema educativo.
La segretaria generale di LAB, Ainhoa Etxaide, durante una conferenza stampa tenuta ieri ha avvertito che quella di domani sarà lo “sciopero generale con più adesione nella storia del Paese Basco perché quella del governo è una riforma che distrugge i posti di lavoro e concede alle imprese prerogative illimitate”. Concludendo il suo intervento ha chiarito qual è lo spirito con cui i sindacati di classe baschi arrivano allo sciopero di domani: “la riforma del lavoro non si ferma con il dialogo sociale, ma con la lotta e il conflitto».

Anche nel resto del paese lo sciopero generale di domani avrà ripercussioni assai maggiori che nel passato. I sindacati concertativi UGT e CCOO sono stati costretti, seppur controvoglia, a indire la fermata di domani dopo che quelli baschi, galiziani e catalani lo avevano già fatto mesi fa. I segretari delle due sigle, durante una enorme – ma domenicale – manifestazione a Madrid contro la politica economica di Rajoy erano stati bersagliati da fischi e da oggetti lanciati dalla loro stessa base dopo aver affermato che non c’erano ancora le condizioni per convocare uno sciopero generale, perché i lavoratori non erano pronti.

Il governo e le amministrazioni locali stanno tentando di diminuire l’incidenza dello sciopero aumentando la percentuale di servizi minimi garantiti anche in settori del mondo del lavoro dove mai si erano rispettati. Inoltre, in molti territori e in molte imprese, gli scioperanti dovranno vedersela conla Polizia: nei soli Paesi Baschi il ministero degli Interni ha mobilitato ben 5000 poliziotti.

Tutto comincerà già stanotte, con i picchetti davanti alle fabbriche, poi in mattinata davanti agli ingressi dei grandi uffici pubblici e dei centri commerciali, i blocchi nelle stazioni dei treni e dei pullman. Grandi manifestazioni si terranno in tutto lo Stato durante tutta la giornata.

“Oggi più che mai in gioco ci sono il futuro del nostro popolo, della classe lavoratrice e le condizioni di vita delle prossime generazioni – spiega Igor Urrutikoetxea – Per tutto questo vale la pena di lottare. Ci vediamo nei picchetti”.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *