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Il Pakistan “alleato strategico” del governo Monti

Stati Uniti e Nato lo guardano con diffidenza per le troppe ambiguità nella lotta al terrorismo di matrice islamica. Potenza nucleare, una lunga guerra a bassa intensità con la vicina India, il “democratico” Pakistan è vigilato a vista dall’esercito e dagli onnipotenti servizi segreti. Ciononostante sta per divenire uno dei più affidabili partner politico-militari dell’Italia nel continente asiatico.

Alla vigilia delle feste pasquali, il consiglio dei ministri ha discusso e approvato un nuovo accordo di cooperazione con i militari pakistani. “La ratifica dell’accordo nel settore della difesa – riferisce il portavoce dell’esecutivo – si inquadra in una fase particolarmente positiva dei rapporti tra i due Paesi, confermata anche dal recente incontro tra il Presidente Monti e l’omologo pakistano Gilani, in Cina, a margine del Forum dell’Asia a Boao”. Obiettivo chiave del partenariato sarà quello di “sviluppare la cooperazione bilaterale tra le forze armate dei due Paesi, nell’intento di consolidare le rispettive capacità difensive e di migliorare la comprensione reciproca sulle questioni della sicurezza”. Sempre secondo il Governo, una volta in vigore, l’accordo assicurerà anche un’adeguata cornice giuridica e istituzionale per “l’ulteriore progresso di programmi di cooperazione industriale, a beneficio dei settori produttivi e commerciali d’Italia e Pakistan”.

Il paese asiatico è già un discreto cliente del complesso militare industriale italiano. Secondo l’ultimo rapporto della Presidenza del Consiglio sull’esportazione dei materiali da guerra, nel 2010 il valore delle operazioni con il Pakistan ha raggiunto i 53,3 milioni di euro ed ha interessato un variegato stock di strumenti di morte (munizioni, bombe, siluri, missili, apparecchiature elettroniche e per la direzione del tiro, veicoli terrestri, navi da guerra, aeromobili, software, ecc.).

L’affare più lucroso per Finmeccanica & socie riguarda la consegna di dieci batterie del sistema di difesa aerea “Spada 2000 Plus” prodotte da MBDA Italia, società per azioni con sede a Roma, interamente controllata dal consorzio europeo missilistico Matra BAE Dynamics Alenia – MBDA di cui la holding italiana detiene il 25% del pacchetto azionario. Dotato dei missili terra-aria a medio raggio Aspide 2000, con esplosivo a frammentazione e guida radar semiattiva, il sistema “Spada 2000” è in grado di funzionare in qualsiasi condizione climatica, sia di giorno che di notte. Opera congiuntamente con un radar di rilevamento tridimensionale, il RAC-3D prodotto da Selex Sistemi Integrati, altra azienda di Finmeccanica, capace di intercettare e tracciare sino a 100 bersagli simultaneamente dentro un raggio d’azione di 60 km.

Il valore della commessa supera i 415 milioni di euro più le spese di realizzazione a Karachi delle infrastrutture necessarie all’assemblaggio delle munizioni. “L’addestramento dei militari pakistani ha preso il via alla fine del 2009 e alcuni ufficiali hanno visitato in più occasioni le sedi di MBDA in Italia”, ha spiegato Antonio Perfetti, presidente del Cda di MBDA Italia. Le operazioni sono seguite passo dopo passo da personale specializzato dell’Aeronautica militare. L’efficienza del sistema è stato sperimentato con numerosi test nel poligono di Salto di Quirra (Sardegna), alla presenza di una delegazione delle forze armate pakistane, mentre una delegazione militare italiana ha seguito le prime prove di lancio in Pakistan (luglio 2010).

Un altro strumento di guerra “made in Italy” entrato a far parte degli arsenali del Pakistan è il sofisticatissimo aereo senza pilota “Falco UAV”. Realizzato dalle officine di Selex Galileo (già Galileo Avionica), il “Falco” è un velivolo che vola a medie altitudini, ha un raggio di azione di 230 km, un’autonomia superiore alle dodici ore e può trasportare carichi differenti come sensori radar ad alta risoluzione e bombe a caduta libera. L’ordine delle forze armate pakistane risale alla fine del 2008 e comprende venticinque velivoli senza pilota, un’unità di volo di riserva e le stazioni di controllo terrestri (GCS). Il battesimo sul campo è avvenuto in occasione della grande offensiva lanciata nella Swat Valley nell’autunno 2009: come ammesso dalle autorità militari locali, i “falchi” italiani sono stati lanciati per localizzare e bombardare “tutti i tipi di obiettivi, inclusi depositi munizioni, bunker, nascondigli e altre infrastrutture utilizzate dagli insorti”.

Selex Galileo ha in programma di vendere al Pakistan una versione più avanzata del velivolo (il “Falco Evo”) che consentirà un’autonomia di volo sino a 18 ore, una capacità di trasporto sino a 120 Kg e la possibilità di ospitare a bordo bombe e missili teleguidati. L’azienda del gruppo Finmeccanica ha inoltre prodotto i radar installati in alcuni dei cacciabombardieri in dotazione all’aeronautica militare pakistana. Si tratta dei “Grifo” nella versione 80 e 200, operativi in banda X e in grado di supportare il lancio dei missili aria-aria e aria-superficie sempre più utilizzati nelle azioni di guerra contro i gruppi anti-governativi.

La “guerra sporca” delle forze armate pakistane nella regione del nord-ovest e in Balucistan ha causato lo scorso anno la morte di centinaia di civili e oltre due milioni di sfollati. Amnesty International ha ripetutamente denunciato le gravi violazioni dei diritti umani perpetrati dai militari e le esecuzioni extragiudiziali di presunti insorti da parte delle milizie tribali “sostenute dall’esercito ma prive di un appropriato addestramento o controllo”. La Commissione per i diritti umani del Pakistan (Human Rights Commission of Pakistan – Hrcp), organizzazione non governativa, ha documentato il ritrovamento di 282 corpi di sospetti insorti, tra la fine delle operazioni militari nella Swat Valley, nel luglio 2009 e maggio 2010. Anche in questo caso le uccisioni sarebbero state eseguite dalle forze di sicurezza nazionali. “Molti attivisti impegnati in campagne contro le sparizioni forzate in Balucistan sono scomparsi o sono stati uccisi”, aggiunge Amnesty International. Vittime innocenti che non sembrano per nulla turbare i sogni dei mercanti d’armi e dei ministri-banchieri del governo Monti.

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