Dopo il massiccio e partecipatissimo sciopero generale che ha paralizzato i Paesi Baschi spagnoli lo scorso 29 marzo, le forze sindacali di classe e nazionaliste avevano avvertito che la mobilitazione sarebbe andata avanti, in mancanza di segnali chiari da parte del governo. Ma dai popolari che governano a Madrid e dai socialisti che gestiscono la Comunità Autonoma Basca e dalla destra dell’UPN che governala Navarra sono arrivati segnali opposti. Ancora tagli all’istruzione e alla sanità. E soprattutto un’ondata di arresti senza precedenti contro il movimento sindacale e i movimenti sociali protagonisti della mobilitazione (così come in Catalogna).
E così ieri i segretari dei sindacati ELA, LAB, STEE-EILAS e ESK – che insieme costituiscono la maggioranza sindacale basca, alla quale si contrappongono i più concilianti e meno combattivi sindacati spagnoli CCOO e UGT – hanno annunciato la convocazione per il prossimo 31 maggio di un nuovo sciopero generale, questa volta limitato al settore pubblico che però nelle due regioni basche rappresenta un pezzo importante del mondo del lavoro: dalle scuole agli enti locali, dalle università agli ospedali, dai tribunali ai servizi pubblici locali ai trasporti. Uno sciopero in difesa di ‘servizi pubblici universali, gratuiti e di qualità’.
Lo sciopero mira a mandare un messaggio chiaro alle istituzioni basche: la richiesta è che non applichino i tagli draconiani imposti dal governo centrale di Madrid, che ricorrano alla disobbedienza. “Non bastano i bei discorsi” hanno detto i rappresentanti dei sindacati in riferimento al fatto che nei giorni scorsi i rappresentanti del governo di Lakua avevano denunciato l’iniquità dei tagli indiscriminati imposti dal parlamento di Madrid senza però annunciare quale sarebbero state le misure intraprese per contrastarli. Ieri tutti i gruppi politici rappresentati al Parlamento autonomo basco – tranne naturalmente i Popolari – hanno espresso la loro opposizione alla riforma del lavoro e ai tagli a istruzione e sanità realizzati dal governo centrale, ma l’esecutivo regionale retto dai socialisti si è limitato a ricorrere al Tribunale Costituzionale affinché li sospenda.
I sindacati baschi chiedono anche che le istituzioni locali si facciano promotrici di un grande piano di investimenti allo scopo di creare posti di lavoro e di difendere l’universalità e la qualità dei servizi pubblici che invece i tagli del Partido Popular stanno mettendo in ginocchio.
Annunciando mobilitazioni previe allo sciopero generale del 31 maggio, i sindacati hanno denunciato l’assalto durissimo del governo centrale e di quelli locali contro le conquiste sociali e del lavoro realizzate negli ultimi decenni, tra le quali la settimana lavorativa di 35 ore in vigore nel settore pubblico nei territori baschi da alcuni anni.
Mentre i rappresentanti dei 4 sindacati annunciavano la convocazione della nuova giornata di lotta a Bilbao, a Pamplona e nei centri del suo hinterland una nuova retata della Policia Nacional e della Guardia Civil portava all’arresto di 5 giovani, accusati di aver partecipato allo sciopero generale del 29 marzo. Ander Bayano, Saul Arangibel, Fermin Martinez Lakuntza “Txote” e due minorenni sono stati arrestati perché avrebbero operato dei danneggiamenti e si sarebbero scontrati con le forze dell’ordine durante le manifestazioni e i picchetti che hanno contraddistinto la giornata di lotta di fine marzo. Alcuni degli arrestati sono militanti e attivisti delle organizzazioni della sinistra indipendentista (“Txote” è in libertà condizionata in attesa di giudizio, dopo esser stato arrestato e imprigionato a Roma ell’estate del 2010), mentre Saul Arangibel è un dirigente del sindacato Lab. Contro l’impressionante ondata di arresti – 39 sono in totale le persone fermate e detenute dal 29 marzo solo in Navarra – numerose iniziative e presidi sono stati realizzati a Pamplona e in tutta la Navarrae altre sono in programma per oggi.
La segretaria generale di LAB Ainhoa Etxaide ha denunciato quello che ha definito un “attacco frontale alla classe lavoratrice”, e un tentativo di “criminalizzazione delle lotte sociali”. “Se la società smette di essere un soggetto passivo e si converte in un soggetto attivo e conflittuale a favore del cambiamento, il Governo ha paura di non essere in grado di tenere la situazione sotto controllo” ha avvertito la Etxaide.
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