L’apertura di un’inchiesta e un processo a carico dei responsabili: lo ha chiesto la madre di Mohamed Ould Machdouf, il lavoratore rimasto ucciso ieri nella violenta repressione di un sit-in davanti alla miniera di rame di Moghrein, vicino a Akjoujt (255 chilometri a nord di Nouakchott), di proprietà della Mauritanian Copper Mines (Mcm). Machdouf, 36 anni, è deceduto dopo aver respirato forti dosi di gas lacrimogeni utilizzati da forze di polizia per disperdere i manifestanti; sei altri lavoratori feriti sono stati ricoverati.
L’annuncio della morte del giovane ha suscito la rabbia dei minatori che hanno scagliato pietre sui veicoli del governatore regionale e sul direttore della polizia locale; sono seguiti tafferugli nella città mineraria dove da giovedì i lavoratori avevano dato vita a un sit-in per rivendicare aumenti salariali e assicurazione sanitaria, denunciando la mancata applicazione dell’accordo raggiunto sei mesi fa con l’azienda, che prevede l’assegnazione di un alloggio, contributi per l’acqua e la luce. La Mcm, filiale all’80% della società canadese First Quantum Mineral, impiega 1.500 persone in Mauritania e produce annualmente 40.000 tonnellate di rame.
Quattro centrali sindacali hanno indetto per giovedì una giornata di sciopero generale in segno di solidarietà con i lavoratori della Mcm e hanno accusato lo Stato mauritano, con la complicità della società, di essere responsabile dell’omicidio di Machdouf. Il sito d’informazione locale ‘Alakhbar’ riferisce tutto lo “sdegno” dell’opposizione che considera la morte del lavoratore come “un attacco vigliacco che ha causato un martire e dei feriti”. Per il partito ‘Ufp’ il caso è emblematico del “grado di sottomissione del potere mauritano alle società che saccheggiano il paese, pronto perfino a sacrificare gli interessi nazionali”. L’Unione per la Repubblica (Upr, partito al potere) ha invece denunciato la posizione di “sindacati manipolati che in realtà non sono altro che formazioni politiche travestite da sindacati che cercano di seminare discordia e violenza” riferisce la stessa fonte di informazione.
L’alto tasso di disoccupazione, l’inflazione crescente e gli scandali relativi alla vendita di vasti appezzamenti di terreno pubblico a personalità dell’esercito vicine al presidente hanno alimentato nei mesi scorsi il malcontento popolare. Anche in Mauritania, come in altri paesi dell’area, sono i giovani e le donne a guidare le proteste contro il regime di Mohamed Ould Abdel Aziz, ex generale arrivato al potere nel 2008 con un colpo di Stato ed eletto l’anno successivo con un voto dall’esito contestato.
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