I media cileni e il governo del post-pinochetista Sebastian Piñera avevano già dato per morto il movimento studentesco che da anni protesta e manifesta per ottenere una riforma sostanziale del sistema d’istruzione probabilmente più classista ed escludente dell’intera America Latina. A giustificare l’ottimismo del premier e del suo ministro dell’istruzione, Harald Beyer, era stato il fatto che dopo alcuni mesi di pausa nelle mobilitazioni studentesche a scendere in piazza lo scorso 7 marzo erano stati poche migliaia di giovani e giovanissimi, che comunque avevano difeso il proprio diritto a manifestare di fronte ai divieti da parte delle autorità di pubblica sicurezza.
Ma a smentire le previsioni di media e governo ci hanno pensato il 28 marzo le diverse organizzazioni studentesche del paese, che hanno portato in piazza 30 mila medi e universitari solo nella capitale Santiago, accompagnati anche da molti disoccupati e precari. La manifestazione organizzata dagli studenti per sollevare il problema della necessità di una riforma della scuola è andata a coincidere con un’altra manifestazione, quella organizzata per la “Giornata della gioventù combattente” che ogni anno si svolge il 29 marzo in ricordo di due ragazzi, Eduardo e Rafael Vergara (18 e 20 anni), uccisi dai Carabineros del regime di Pinochet nel 1985. “E’ la prima marcia convocata per gli studenti dell’università privata e degli istituti tecnici, che rappresentano circa il 70% degli studenti degli istituti superiori” ha raccontato ai media Manuel Erazo, uno dei portavoce dei sindacati studenteschi.
Ma come era avvenuto già poche settimane prima anche questa volta la marcha estudiantil, il cui percorso era stato autorizzato dalle autorità, è stata attaccata dai Carabineros con i lacrimogeni ed i cannoni ad acqua. Il corteo è stato così spezzato in due ma la repressione questa volta ha incontrato una resistenza forte e di massa, che ha preso la forma di barricate erette in diversi punti del centro della capitale cilena. Alla caccia al manifestante e ai pestaggi i giovani hanno risposto anche con il lancio di pietre e bottiglie, incontrando spesso la solidarietà e la protezione di molti abitanti della città che hanno offerto loro rifugio. Gli scontri e i rastrellamenti delle forze di sicurezza sono durati per diverse ore, e la giornata si è saldata con un decine di giovani – molti dei quali minorenni – fermati o arrestati.
Un altro grande corteo ha invece sfilato nella città portuale di Valparaíso, convocata dagli studenti dell’Universidad del Mar, un ateneo privato che recentemente ha dichiarato fallimento e i cui vertici sono stati accusati di aver truffato gli studenti.
Alla repressione sofferta durante la mattinata del 28 marzo alcuni collettivi e organizzazioni studentesche più radicali hanno voluto dare una risposta forte già nella notte tra il 28 e il 29, quando alcune delle strade del centro di Santiago sono state interrotte da barricate incendiarie. L’intervento degli agenti della Polizia militare in assetto antisommossa ha provocato anche in questo caso scontri che sono durati per diverse ore. Mentre i giovani lanciavano pietre e molotov, i Carabineros tentavano di disperdere i manifestanti con gli idranti, i lacrimogeni e le micidiali pallottole di gomma. Anche in questo caso molti i ragazzi e le ragazze fermati e arrestati.
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