Ha scritto sulla pagina personale del più diffuso social network che i rumours sulla creazione di una sua struttura telematica di controllo di figure pubbliche e organi dello Stato è un’infamante invenzione. Così sostiene. Ma i detrattori rincarano la dose affermando che nelle trame del personaggio, noto per la sua doppiezza, c’era anche la sostituzione dell’attuale ministro della Difesa. E la sua lunga mano andava oltre, giostrando sul familiare terreno economico con una mossa da liberista antipatriottico: affittare la gestione del Canale di Suez (la cui tassa di passaggio rappresenta la prima entrata per le finanze nazionali) al Qatar, sponsor nemmeno tanto occulto della Confraternita.
Nel messaggio lanciato ai media Al-Shater accantona la consueta intransigenza mostrandosi dialogante e facendo leva sulla professionalità dei giornalisti a non prestar fede a dicerie, verificando le fonti di affermazioni a suo dire calunniose. Accuse e scuse conseguenti giungono in contemporanea con un’altra insistente voce che preannuncia sommovimenti interni alla Fratellanza a favore appunto dell’uomo forte che ora potrebbe assumere cariche ufficiali interne all’organizzazione e anche del Paese. E’ infatti venuta a cadere l’interdizione legale, dovuta a un’antica carcerazione motivata da attività giudicate illegali, che l’aveva escluso dalla corsa alle presidenziali del 2012. Già dopo il giuramento di Mursi i suoi avvocati avevano avanzato istanza per fargli riacquisire diritti politici e c’è chi sostiene come la Fratellanza, di fronte agli attacchi della piazza rivolti all’attuale presidente, pensi al carismatico Al-Shater come possibile soluzione.
Naturalmente le fonti ufficiali della Ikwan smentiscono e ribadiscono che egli stesso continua a rifiutare l’ipotesi, ma questo appartiene al gioco delle parti. Chi è vicino al dibattito interno all’organizzazione non nasconde come si stia pensando di superare quella che fu una candidatura di riprego (Mursi) che peraltro sta sminuendo il programma islamico. Un’opzione di rilancio potrebbe prevedere un premierato per Al-Shater qualora le elezioni, che sono slittate di alcuni mesi e dovrebbero tenersi in autunno, vedrebbero ancora un successo del Partito della Libertà e Giustizia. Con tale incarico Al-Shater oscurerebbe la figura del presidente e sanerebbe le fratture in corso con polizia e magistratura. Ipotesi non del tutto azzardate e prese in esame anche da analisti egiziani non accecati dall’antislamismo. Costoro fanno notare come, sebbene diminuito rispetto a un anno fa, il seguito elettorale del Partito della Libertà e Giustizia sia tuttora ampio, mentre l’opposizione è divisa, sta provando a cavalcare la protesta ma non riesce a dirigerla.
Così sarebbe accontentata una parte della piazza che accusa Qandil, l’attuale primo ministro, d’inconsistenza politica. Ovviamente quella parte della piazza non schierata col Fronte di Salvezza Nazionale che osteggia ogni candidato dell’Islam politico. La figura di Al-Shater riequilibrerebbe le acque agitate interne alla Fratellanza, favorirebbe le ambizioni sue e gli appetiti anche di altri businessman – magari non Shafiq né il transfugo Sawiri – ma coloro che non hanno traguardi di leadership e badano agli affari. Dai quali non sono esenti molte potenze regionali e internazionali. Se invece il ruolo di Mursi dovesse ulteriormente barcollare, l’opzione due in casa della Fratellanza sarebbe un Al-Shater in corsa per la presidenza, e stavolta senza freni giudiziari.
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