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Israele insiste: per Issawi c’è solo la deportazione

Israele non cede, neanche di fronte al rapido peggioramento in carcere delle condizioni di salute di Samer Issawi, il palestinese da otto mesi in sciopero della fame, arrestato lo scorso luglio dopo essere stato liberato pochi mesi prima nel quadro dello scambio di prigionieri tra Hamas e lo Stato ebraico (il caso Shalit).

L’ufficio del primo ministro Netanyahu ha ribadito che alle preoccupazioni espresse dall’Ue e dalle Nazioni Unite per la detenzione di Samer Issawi, Israele ha replicato che il prigioniero politico potrà essere trasferito, anche subito, in un paese membro dell’Unione europea e in uno degli Stati membri che fanno parte dell’Onu (qualcuno ha indicato Giordania, Egitto, Turchia, Finlandia e Svizzera). Israele ha inoltre ripetuto che per Issawi c’è sempre a disposizione la deportazione nella Striscia di Gaza, possibilita’ scelta nell’ultimo anno da altri prigionieri politici palestinesi in sciopero della fame.

Samer Issawi ha respinto seccamente l’idea di una sua deportazione, anche a Gaza, e ha detto più volte di essere pronto a morire se non sarà liberato nella sua città, Gerusalemme. Allo stesso tempo l’Unione europea ha fatto sapere di non aver ricevuto alcuna proposta ufficiale da Israele.

La vicenda di Issawi intanto continua a destare grande emozione tra i palestinesi e a raccogliere solidarietà in ogni angolo del pianeta. E’ opinione diffusa che l’eventuale morte in carcere di Issawi potrebbe scatenare una nuova Intifada palestinese, la terza, contro l’occupazione israeliana.

Samer Issawi, 33anni, fu arrestato la prima volta nel 2002 e condannato a 26 anni di carcere per presunte attività armate con il Fronte democratico per la Liberazione della Palestina. Tornato in libertà grazie allo scambio dei prigionieri avvenuto nell’autunno del 2011, è stato nuovamente arrestato la scorsa estate per essersi recato in Cisgiordania, violando i termini della sua scarcerazione che gli imponevano di non uscire da Gerusalemme.

Israele accusa Issawi di essere andato in Cisgiordania allo scopo di «mettere in piedi una cellula armata», il palestinese nega con decisione e ripete di essere uscito da Gerusalemme al solo scopo di riparare la sua automobile.

da Nena News

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