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Madrid ha voglia di Repubblica: “Borboni a lavorare”

Negli ultimi anni la partecipazione alla tradizionale manifestazione del 14 aprile era cresciuta costantemente, ma ieri nel centro di Madrid a sventolare la bandiera della repubblica c’era una gran folla, con numeri da record. La manifestazione cade ogni anno nell’anniversario, quest’anno l’82°, della proclamazione della Seconda Repubblica Spagnola il 14 aprile del 1931. Un’esperienza che fu soffocata nel sangue dal colpo di stato fascista del 1936, guidato da alcuni generali ribelli e dall’estrema destra. La sanguinosa guerra civile durò ben 3 anni e causò milioni di morti, feriti, esiliati e imprigionati, e sfociò nell’imposizione di una feroce dittatura conclusasi solo negli ultimi scampoli degli anni ’70, quando una parte del regime decise di riciclare le forme autoritarie dentro un nuovo assetto parlamentare. Ma monarchico.
Ieri sono state decine di migliaia le persone che hanno risposto all’appello di una ventina di collettivi, con striscioni a cartelli in cui si faceva riferimento alle recenti traversie che sta passando la famiglia reale spagnola. Come lo slogan “Urdangarin, Urdangarin, vai a lavorare a Burger King”, dedicato al genero di re Juan Carlos incriminato per una scandalo di corruzione per il quale ora è indagata anche “l’infanta” – la principessa – Cristina. Negli ultimi mesi la pressione sull’anziano re affinché abdichi in favore del figlio Felipe sono aumentate, soprattutto da parte di un partito socialista (Psoe) che vorrebbe salvare l’istituzione monarchica dandogli però una verniciata di rinnovamento. Ma potrebbe essere troppo tardi, perché Juan Carlos resiste e anche perché la crisi profonda in cui la Spagna è immersa sembra in grado di spazzare via un’istituzione sempre più impopolare.

Ieri la folla di Madrid ha chiesto senza tanti complimenti la fine della monarchia al grido di ‘Borboni a lavorare’ e sventolando centinaia di bandiere dai colori oro, rosso e viola. Un atto d’accusa vero e proprio nei confronti di una famiglia regnante segnata da scandali sempre più gravi, con una credibilità ai minimi storici e con un calo di prestigio interno ed internazionale ai massimi livelli. Al rifiuto storico dell’istituzione monarchica per motivi nazionali da parte di catalani e baschi, ora settori sempre più larghi dell’opinione pubblica spagnola non sopportano più il lusso e gli sprechi di personaggi sempre più discussi. A nulla é valso puntare sulla modernizzazione e la trasparenza, aprendo in corso d’opera un sito web per i cittadini desiderosi di entrare in contatto con la Casa Reale, o annunciare una autoriduzione dello stipendio da re del 7%. Ad aprile l’ultimo scandale per l’anziano re, durante un viaggio in Botswana: ritratto dopo aver ucciso un elefante durante una battuta di caccia (cosa che gli è costata la rottura di un femore e anche la carica di presidente onorario del Wwf), Juan Carlos è stato criticato per aver portato con sè l’amica principessa tedesca Corinna zu Sayn Wittengstein. Nonostante le scuse pubbliche – tardive – gli spagnoli non hanno perdonato, e tra lui e la Regina Sofia è sceso il gelo. E mentre il re passava da un intervento chirurgico all’altro le inchieste della magistratura hanno rivelato le truffe e gli affari sporchi di cui si sarebbero macchiati il genero del re, Inaki Urdangarin, e l’Infanta Cristina.

Il 7 aprile il quotidiano El Pais ha pubblicato i risultati di un sondaggio che sembra una condanna senza appello del re: il 53% degli spagnoli disapprova l’operato del sovrano. Una percentuale che si è riflessa nella grande partecipazione alla marcia di ieri. Moltissimi i giovani a gridare slogan a favore di una repubblica vista come il fumo negli occhi dai poteri di fatto ereditati dal periodo della dittatura, considerata dalla destra e non solo l’anticamera del disfacimento dello stato sotto i colpi delle nazionalità ribelli e delle richieste sempre più insistenti di una riforma democratica della Costituzione scritta sotto egemonia franchista. “Ci dovrebbe essere un referendum per chiederci se vogliamo la monarchia o no – ha detto al quotidiano Publico un giovane disoccupato – Altrimenti continuerà a dominarci una monarchia ereditata da un dittatore e imposta da un fascista che per 40 anni ha governato questo paese. Vogliamo poter decidere il nostro futuro”.
Durante il lungo serpentone visibili le forze politiche e sociali che da sempre difendono, alcune in modo più timido ed altre senza sconti, la repubblica. Da Izquierda Unida a Izquierda Castellana, dal cosiddetto movimento degli ‘indignados’ al Partito Comunista dei Popoli di Spagna, dai collettivi anarchici ad alcuni gruppi repubblicani. Forze per le quali la cancellazione dell’istituzione monarchica va necessariamente accompagnata da una profonda riforma della costituzione, che ad esempio cancelli quell’articolo 135 che impone il pagamento del debito condannando alla povertà milioni di cittadini. Per la gioia dei fotografi, al corteo di Madrid ha partecipato anche il colonnello dell’esercito Amadeo Martinez, condannato lo scorso marzo per ‘ingiurie’ al re perché si era permesso di dichiarare pubblicamente che è giunto il tempo di cambiare regime. Vestendo la sua uniforme ha detto ai giornalisti: “La Repubblica per me è tutto. Nel XXI secolo è giunta l’ora che la Spagna entri nell’era moderna, adottando una vera democrazia. Ciò che abbiamo avuto in questi anni è stato il postfranchismo non la democrazia. (…) E’ arrivata la fine del ciclo del regime juancarlista”. Insieme al militare repubblicano – una mosca bianca, senza dubbio – hanno sfilato le associazioni delle vittime del franchismo e quelle per il recupero della memoria storica. Per molti spagnoli, baschi, catalani e galiziani il franchismo vive ancora in quelle istituzioni che garantiscono l’impunità ai gerarchi della dittatura e che condannano all’oblio il ricordo dei crimini compiuti dal franchismo nel corso di più di 40 anni.

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