“Non possiamo non rammaricarci che il presidente Santos abbia compiuto un passo che, in modo doloroso, ci porta a un deragliamento delle buone relazioni”. E’ quanto ha affermato poche ore fa il ministro degli Esteri di Caracas, Elías Jaua, al termine di una riunione del governo in cui il presidente Nicolás Maduro ha deciso formalmente di “rivedere” la partecipazione del Venezuela ai colloqui di pace in corso a Cuba.
Ad alimentare la tensione con Bogotà è stata soprattutto la visita realizzata in Colombia dal leader dell’opposizione di destra venezuelana, Henrique Capriles, che si rifiuta di riconoscere la vittoria di Maduro alle elezioni del 14 aprile nonostante il ricontrollo dei voti da parte della commissione elettorale di Caracas e la riconferma dei risultati. In cerca di sostegno politico nel continente per sostenere la tesi secondo cui l’affermazione del successore dello scomparso Hugo Chávez è stata “fraudolenta” Capriles è stato ricevuto dal presidente colombiano Juan Manuel Santos, innescando così la dura reazione del governo di Caracas.
Se per Jaua “ricevere una persona che disconosce le istituzioni venezuelane” corrisponde a una “cospirazione contro la pace in Venezuela”, anche Diosdado Cabello, presidente dell’Assemblea nazionale e altro influente espolnente del governo di Caracas ha usato toni duri: “Per noi è altamente sospetto e preoccupante che un governo che dice di essere amico del popolo del Venezuela e ha il desiderio di preservare le buone relazioni in realtà non le ha fatte deragliare ma ha messo una bomba” ha detto Cabello definendo l’incontro tra Santos e Capriles “un’aggressione”. Per Cabello, inoltre, l’incontro è stata una “cortina di fumo” per coprire le frequentazioni fra Capriles e l’ex presidente Álvaro Uribe, storico avversario di Chávez oltre che strenuo oppositore dei colloqui di pace in corso all’Avana tra la guerriglia delle Farc e il governo colombiano.
Le relazioni tra Venezuela e Colombia erano migliorate con l’elezione di Santos alla presidenza nel 2010. Santos aveva in parte fatto buon viso ai processi di integrazione economica in corso in America Latina ammorbidendo apparentemente la subalternità ai diktat di Washington e ciò aveva permesso un riavvicinamento con Caracas dopo la precedente rottura tra i due paesi durante gli ultimi anni dell’era Uribe. Ma ora evidentemente le elite colombiane soffrono i passi avanti che si registrano nei negoziati in corso all’Avana e lo spazio concesso da Santos al golpista venezuelano Capriles potrebbero rappresentare un tentativo per minare la fine della guerra e della repressione in corso contro i movimenti popolari colombiani.
Pochi giorni fa governo colombiano e Farc hanno raggiunto uno storico accordo sul fondamentale tema della concentrazione della terra in Colombia. Un accordo che prevede un Fondo per la terra, programmi speciali di sviluppo nei territori più sfavoriti, una politica ‘ad hoc’ per promuovere la Colombia rurale e sconfiggere la povertà, investimenti per la sicurezza alimentare. Un risultato parziale ma storico per la guerriglia di sinistra e i movimenti popolari che da decenni chiedono, inascoltati, che l’accesso alla terra dei contadini poveri venga facilitato dal governo. Non ancora una riforma agraria integrale che le Farc e i movimenti contadini continuano a chiedere, ma sicuramente una riduzione del potere economico e politico dei latifondisti e dei loro rappresentanti politici a Bogotà, da sempre sostenitori dei loro privilegi a colpi di massacri e omicidi attraverso l’utilizzo delle milizie paramilitari e dei sicari utilizzati contro braccianti, attivisti sociali e sindacali.
L’intesa sulla terra con le Farc è giunta pressoché in concomitanza con la nomina di un nuovo ministro dell’Agricoltura e dello sviluppo rurale, dopo le dimissioni di Juan Camilo Restrepo Salazar che, strenuo difensore della Legge sulle vittime e la restituzione della terra del 2011, si è attirato le critiche delle Farc. A sostituirlo è stato chiamato l’economista Francisco Estupiñán, finora presidente del Banco Agrario.
Se commenti di apprezzamento all’accordo della terra sono venuti anche dagli Stati Uniti e dall’ONU, assai scontenta è stata la reazione della Federazione colombiana degli allevatori (Fedegan), nelle cui mani si concentrano ben 38 dei 44 milioni di ettari di terre produttive esistenti in Colombia. “Sfortunatamente le Farc arrivano a un accordo su questa materia” ha detto il presidente della Fedegan José Félix Lafaurie, criticando la “legittimità” accordata dal governo alla guerriglia. Vicino all’ex presidente Alvaro Uribe, già promotore del “pugno di ferro” contro la guerriglia e tra i più strenui oppositori allo storico processo di pace ospitato all’Avana, Lafaurie ha più volte manifestato la disponibilità della Fedegan a riconvertire 10 o 15 milioni di ettari di quelli che controlla per “attività redditizie” come forestazione, agricoltura, produzione di bio-carburanti, ma “non terra per i contadini”.
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