La libera informazione non abita Negli Stati Uniti. Più probabilmente non ci ha mai avuto dirito di esistenza. O, almeno, non quella che mette in discussione i fondamentali sbandierati dalla “democrazia stelle-e-strisce”.
Bradley Manning, il militare americano di 25 anni reo confesso di essere la ‘talpa’ di Wikileaks, è stato infatti condannato a 35 anni di carcere. La sentenza è stata emessa dalla Corte Marziale di Fort Meade, che comunque ha fortemente ridotto la richiesta dell’accusa (60 anni).
L’ormai ex soldato Usa è diventato famoso per aver dato la stura alla più grande fuga di notizie della storia. Analista informatico, oggi 25enne, Manning ha passato all’organizzazione guidata dall’australiano Julian Assange, 470mila documenti sui conflitti in Iraq e Afghanistan e 250mila cablo del dipartimento di Stato, insieme ad altro materiale “classificato” che ha alzato un velo vergognoso sull’attività della diplomazia americana. Mostrando quali infamie e colpi bassi sia capace di organizzare la superpotenza Usa pur di affermare i propri interessi esclusivi, anche a danno degli alleati più stretti e fedeli. Verso i quali, peraltro, i cablo del Dipartimento di stato mostrano come minimo un placido disprezzo. Ma i fondo deve piacer loro, visto che hanno appena mormaorato mezze parole di dispetto ma nessuna protesta ufficiale, nemmeno nei casi più clamorosi di ingerenza e presa per i fondelli.
La prima fuga di notizie ad opera di Manning riguardò all’inizio del 2010 il video ‘Collateral Damage’, che mostrava l’uccisione di civili iracheni nel 2007, tra cui due giornalisti della Reuters e di tutti coloro che avevano cercato di portare loro soccorso, da parte di un elicottero d’attacco Usa Apache.
Da quel momento, i documenti trafugati si moltiplicarono. Grazie a una casella elettronica protetta da un potente sistema di criptaggio che tutela l’anonimato della fonte, Wikileaks mise in rete migliaia di documenti coperti dal segreto. Sotto la lente degli ‘hacktivisti’ e dell’opinione pubblica internazionale sono sfilate rivelazioni sulle operazioni in Iraq e Afghanistan, comprese le uccisioni di civili, l’occultamento di cadaveri e gli abusi sui prigionieri, informazioni sul carcere di Guantanamo e sulle attività della Cia.
Tra l’imbarazzo dell’amministrazione americana, nel 2010 il sito svelò quasi 400mila file militari riservati sulla guerra svoltasi in Iraq fra il 2004 e il 2009. Tra i dossier scottanti svelati al mondo, anche il ruolo dell’Iran nel conflitto iracheno, le violazioni sistematiche compiute dai ‘contractor’ della Blackwater (compresa la tortura di civili innocenti), particolari sul caso degli escursionisti Usa detenuti in Iran; ma anche sui casi riguardanti le relazioni tra Italia e Stati Uniti, dall’uccisione di Nicola Calipari nella liberazione di Giuliana Sgrena fino ad Abu Omar.
Durante la lettura della sentenza che lo ha condannato a 35 anni di prigione, Bradley Manning è rimasto impassibile. Ma poi si è seduto ed ha battuto le mani prima di essere portato via dall’aula. La ragione di tanta “contentezza è spiegabile con i dettagli tecnico-giuridici. La condanna, di cui dovrà scontarne almeno un terzo e della quale ha già scontato 3 anni e mezzo, è nettamente inferiore alla pena richiesta dai procuratori militari, 60 anni. Quindi le possibilità che venga liberato dopo aver scontato altri 7-8 anni sono ora abbastanza alte (al netto delle evoluzioni future della politica interna Usa). Se si tiene conto che inizialmente, per questo reato, si era parlato addirittura di possibile pena di morte o comunque di ergastolo, c’è un certo spazio per “l’allegria” di un giorno.
Mentre Manning lasciava l’aula alcuni suoi fan hanno fatto urla di sostegno: “siamo ancora qui a combattere per te”, “ti amiamo, Bradley”. Una zia ed una cugina di Manning sono scoppiate in lacrime.
Secondo quanto ha riportato il portavoce della coalizione che sostiene la causa di Manning, che afferma che il militare è un coraggioso che mostrato a mondo gli errori ed orrori della guerra e non un traditore, ora verrà presentata a Barack Obama una richiesta di grazia per Manning. Il portavoce di Bradleymanning.org, Nathan Fuller, ha detto che l’avvocato del militare, David Coombs, presenterà la formale richiesta al presidente.
Analoga la lettura della sentenza da parte di Wikileaks: una “vittoria strategica significativa”. “Bradley Manning potrebbe adesso avere i requisiti per una liberazione in meno di 9 anni, 4,4 secondo alcuni calcoli”, si legge nella reazione di Wikileaks postata su Twitter.
Più ironico il commento del giornalista del Guardian che ha rivelato al mondo quanto aveva da dire Edward Snowden, ed il cui marito era stato arbitrariamente fermato pochi giorni fa dalla polizia britannica secondo nuovissim e in parte ignote “leggi antiterrorismo”.
“Gli Stati Uniti non potranno più fare lezioni al mondo sulla trasparenza e la libertà di stampa senza provocare una risata globale”. Negli ultimi giorni il giornalista è al centro di una polemica con il governo britannico dopo il fermo per 9 ore all’aeroporto di Heathrow del suo partner e la distruzione dei documenti ottenuti dal giornale britannico voluta direttamente da Downing Street.
La libertà di stampa prima di tutto, no?
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