Non accenna a placarsi il braccio di ferro tra la magistratura turca e il governo dell’Akp guidato da Recep Tayyip Erdogan.
All’alba di ieri 25 persone, tra esponenti politici, funzionari e imprenditori sono stati fermati dalla polizia a Smirne, la terza città del paese, in una nuova ondata di arresti dopo che il 17 dicembre scorso una prima maxiretata aveva coinvolto importanti esponenti del governo e della banca statale. In manette sono finiti ieri alcuni funzionari della compagnia ferroviaria pubblica e della autorità portuale e nel mirino è finito un progetto al quale Erdogan tiene molto: il tunnel sotto il Bosforo che collega la parte europea del paese a quella asiatica.
Poco prima ad Ankara il governo aveva ordinato la rimozione di altri 350 membri delle forze dell’ordine tra cui 80 ufficiali, una nuova purga che segue quelle già realizzate dal premier nelle scorse settimane nel tentativo di impedire che l’inchiesta ordinata dalle procure della capitale e di Istanbul possa minare la continuità al potere del blocco politico-affaristico a partire dal quale Erdogan ha costruito le sue fortune. Ed è notizia di questa mattina che durante la notte l’esecutivo ha ordinato la rimozione dei capi della polizia di ben 16 città del Paese, fra cui Ankara e Smirne. Si calcola che dalla metà di dicembre il ‘sultano’ abbia destituito o trasferito ad altro incarico l’incredibile cifra di 1500 agenti e 200 ufficiali di polizia.
Già nei giorni immediatamente successivi agli arresti del 17 dicembre Erdogan aveva denunciato un “complotto internazionale contro la grandezza della Turchia” così come aveva già fatto ordinando la dura repressione dei moti popolari dell’estate scorsa.
Dietro l’inchiesta molti analisti turchi vedono la regìa occulta del predicatore-imprenditore Fethullah Gulen, residente in Pennsylvania da ormai molti anni, a capo di una grande confraternita religiosa e di un impero economico alle quali fanno riferimento molti membri tra le forze dell’ordine e la magistratura. Gulen è stato in passato tra i più importanti sostenitori del governo liberal-islamista di Erdogan ma negli ultimi anni le tensioni tra i due sono cresciute fino al punto da trasformare la confraternita Hizmet in un nemico giurato del ‘sultano’.
Nel tentativo di bloccare l’opera di alcuni magistrati imbeccati dagli ambienti di potere in competizione con Erdogan, il primo ministro aveva decapitato i vertici della polizia, aveva rimosso dall’inchiesta uno dei pubblici ministeri di punta ed aveva anche emanato un decreto, subito bloccato dai tribunali perché incostituzionale, che obbligava gli agenti di polizia a informare immediatamente i superiori su eventuali indagini della magistratura.
Proprio ieri il Consiglio Supremo dei Giudici e dei Procuratori (HSYK, il Consiglio superiore della magistratura turco) ha deciso di aprire un’indagine su una serie di procuratori e su Selami Altinok, nominato capo della polizia meno di un mese fa per ordine del primo ministro dopo la rimozione di quello precedente considerato ‘troppo attivo’ nelle indagini anti-corruzione che hanno obbligato tre ministri alle dimissioni seguite dalla sostituzione di sette loro colleghi. Altinok, che non ha nessuna esperienza per quanto riguarda l’ordine pubblico è arrivato a Istanbul a bordo del jet privato del premier Erdogan, il che non ha mancato di innescare nuove polemiche.
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