Il fulcro dell’Isaf Mission lancia sui media mainstream (Bbc in testa) voci e numeri della dismissione afghana. Rientreranno oltreoceano 38.000 soldati statunitensi, portandosi via 24.000 macchine da guerra e 20.000 container. Spesa prevista dai 5 ai 7 miliardi di dollari. Non poco, sebbene di parecchio inferiore ai 15, e in qualche periodo 36 miliardi di dollari, impegnati in un anno di permanenza. Gli alleati inglesi riporteranno a casa 5.200 militari, 5.000 container, oltre 3.000 veicoli, 50 aerei ed elicotteri da combattimento per un costo di circa 400 milioni di dollari. Immediatamente si nota l’assenza della voce ritiro di velivoli da parte americana. Il motivo è noto: le basi aeree di Kabul, Bagram, Camp Marmal, Kandahar continueranno a essere operative per gli attacchi convenzionali coi Falcon e i Raptor, più le già diffusamente avviate azioni coi droni. Per quanto tempo? Almeno dieci anni, fino al 2024. Questo sostiene il Bilateral Security Agreement, patto ratificato nello scorso autunno da Obama e Karzai e ora, fra un minuetto e l’altro di politica interna, in attesa del benestare definitivo.
Il rientro dell’occupante – L’elefantiaco trasferimento di uomini e mezzi è datato entro il 31 dicembre 2014 e avverrà progressivamente, anche alla luce delle scadenze di facciata previste nel Paese di cui le presidenziali sono il momento clou. Il cosiddetto dopo-Karzai, se davvero si tratterà d’un dopo. Una parte del materiale, deteriorabile o deteriorato (anche di tipo meccanico) non verrà riportato indietro. In giro per Kabul, già circola una quantità di Land Rover, Tata pick up che da un paio d’anni le truppe Nato hanno ceduto ai compratori locali. Non c’è da stupirsi se qualche Signore della guerra in corsa per le consultazioni di primavera faccia scorrazzare su quei mezzi i militanti e i paramilitari che ne sostengono la candidatura istituzionale. Il portavoce dell’Isaf ha annunciato che un lotto dei 15.000 veicoli previsti per il rientro verrà donato alle Forze di Sicurezza Afghane. Fra questi 1.700 mezzi blindati contro le mine. Altro materiale verrà messo all’asta, così chi può potrà comperarsi un blindato per una cifra oscillante fra i 2000 e i 5000 dollari. Quello che difficilmente passerà di mano sono compound mobili, generatori, apparecchiature di software e desk.
Cosa portare, cosa lasciare – Lo stesso armamento delle truppe afghane verrà centellinato “perché potrebbe ledere i diritti umani” ha affermato, non temendo il ridicolo, sempre il portavoce Isaf. Ovviamente non sono esclusi acquisti di nuove forniture che, con la voce di “Fondi di supporto”, avvantaggeranno le industrie belliche statunitensi e occidentali. Le vie di trasferimento saranno di terra, aria e acqua. Gli aeroporti coinvolti sono Bagram, che convoglierà voli verso la Turchia quindi la Germania. E Kandahar, da dove gli aerei cargo, puntando sul Pakistan e aggirando l’Iran, voleranno sia verso il Qatar sia in Turchia. Si useranno navi da carico che dal porto pakistano di Karachi risaliranno il Golfo Persico sino in Iraq. Da lì partiranno carovane sempre verso la Turchia. Altre rotte di terra da Kabul attraverseranno l’Uzbekistan e la Georgia raggiungendo Riga. Eppure andar via dall’Afghanistan è di per sé un incubo, specie via terra dove i rischi di attacchi e depredazioni sono ampi. Nelle province settentrionali di Balkh e Konduz, rispettivamente verso l’Uzbekistan e la nazione tajika, i dazi che i boss locali chiederanno non saranno solo in denaro. Le armi rappresentano la merce più appetibile.
Catena del riciclaggio – Anche la piccola criminalità diffusa, che nei casi di diatribe minori viene appaltata dai Signori della guerra, può essere interessata ai prodotti trasportati. Ovviamente armi leggere, e da questa categoria di predoni l’Isaf teme i piccoli prelevamenti durante le soste notturne. Già ora certi “grossisti” che contano su centinaia di ragazzini-raccoglitori ammassano in alcuni luoghi materiale abbandonato, creando consistenti empori dell’usato di merce ‘made in Usa’. Per il ritiro i pronostici di spesa dovranno rapportarsi all’effettivo tempo impiegato nel percorrere le vie d’uscita, se il trasferimento del materiale si prolunga il conto finale s’aggraverà di sicuro. I calcoli attuali prevedono che un container che transiti via terra dalla capitale verso i confini settentrionali fino ad espatriare verso la Turchia può costare dai 10.000 ai 16.000 dollari. Perciò solo il 3% delle merci che s’apprestano a lasciare l’Afghanistan viaggerà verso nord. Si tratta di trasporti minori, non particolarmente voluminosi. Oltre il 42% prenderà la via pakistana, se i combattenti del mullah Omar non si metteranno di traverso.
articolo pubblicato anche su http://enricocampofreda.blogspot.it
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