Hazem El-Beblawi, il premier egiziano, se ne va con uno scarno annuncio sciorinando massime per il popolo ”Anziché chiedersi cosa farà l’Egitto ognuno dovrebbe domandarsi cosa stia facendo per il proprio Paese”. Concetto sacrosanto, ma un po’ insidioso per il leader d’un governo. Qualche osservatore pungente rilancia criticamente la palla all’ex capo di un Esecutivo nato sotto la protesta popolare anti Mursi del giugno scorso e suggellato dal golpe che molti non vogliono definire tale. Il tempo per le valutazioni è stato scarsissimo: sette mesi, tre di meno del contestatissimo governo islamico, ma il vuoto totale di progetti appare il medesimo. Unica realizzazione la nuova Costituzione su cui, come l’entourage islamista nel 2012, quello laico-militare s’è giocato la sua propaganda per il consolidamento di potere. Tutto il resto è fermo. Ovviamente l’economia, che ora subisce anche il minaccioso attacco jihadista sull’importante fronte turistico, quindi gli annosi problemi: disoccupazione, crescita della soglia di povertà, carenze nei servizi essenziali come salute, trasporti, istruzione, pericolo di decadimento di quel poco che resta dell’epoca nasseriana. E tutto cozza contro i sogni di gloria dell’antica presunzione d’egemonia regionale.
Di recente i bisogni rimasti senza soluzioni hanno rinfocolato gli scioperi in varie categorie, anche professionali come accade da un mese a questa parte ai medici. Che Beblawi fosse un politico pro tempore non lo nascondeva neppure lui, le perplessità sull’operato riguardano l’area che l’ha espresso e che dovrebbe trovare slancio per le attese consultazioni, presidenziali e politiche. Volti nuovi e carismatici non ce ne sono se per la corsa presidenziale è ricomparsa la candidatura istrionica, e secondo altri opportunista, d’un Sabbahi, uomo della rivolta e della restaurazione. Fra i commenti della politica nazionale il veterano Moussa, che ha guidato i 50 esperti estensori dell’ultima Carta Costituzionale con cui ha riaccreditato il suo ranking (oggi ripiace molto a banchieri e militari) lancia un salvagente all’operato del dimissionario primo ministro sottolineando l’eccezionalità della fase vissuta dal Paese. Tesi raccolta e precisata da El-Badawi del Wafd Party sulla base dell’emergenza sicurezza, sottoposta allo stress degli attentati terroristici. Al-Nour Party, accomodato nel ruolo di islamismo pragmatico e adattabile alle situazioni cangianti, propone che ex ministri dell’Esecutivo disciolto (Radwan, ma soprattutto Mahleb che non nasconde le personali simpatie per una presidenza di Al-Sisi) ne guidino uno nuovo. Tranciante, invece, il comunicato del movimento 6 Aprile che boccia su tutta la linea il governo uscente, accusato d’aver fallito ogni cosa, compreso il piano sicurezza. Critico anche il Partito della Corrente Egiziana, che sulla sicurezza ricorda gli abusi dalle strutture preposte, e il vuoto totale sulla politica economica e sociale, nonostante le presunte competenze curriculari di Beblawi.
L’appunto mette il dito nella piaga su chi stia effettivamente guidando questa fase di transizione egiziana, sul fronte interno e su quello internazionale. Quel che resta della Fratellanza, il loro sito non è stato oscurato e continua a offrire valutazioni, queste dimissioni servono a lanciare definitivamente la candidatura presidenziale di Al-Sisi, sul quale negli ultimi giorni era corsa voce di amichevoli consigli ricevuti affinché evitasse un diretto logoramento con l’investitura politica. Ma questo vanificherebbe il percorso di un anno col quale il generali investito da Mursi ha finora tratto il massimo della popolarità dall’emarginazione degli avversari posti fuorilegge e marchiati quali terroristi. Perciò per tanti Sisi dovrebbe andare avanti senza timori per l’investitura presidenziale. Certo servirà un nuovo premier, ma con l’uomo forte dovrebbe essere un grigio esecutore, un passacarte senza qualità. Intanto sembrano bruciate le candidature di due ex ministri: Eissa, ex dell’educazione, Al-Rabat ex della salute. Entrambi hanno scontentato le categorie di studenti e insegnanti avallando la feroce repressione delle scorse settimane nelle città universitarie (alcune decine di morti) e degli operatori del settore sanitario e dei malati che ne dovrebbero ricevere le cure.
articolo pubblicato su http://enricocampofreda.blogspot.it
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