I media internazionali si sono concentrati parecchio sulla fastosa residenza dell’ex presidente ucraino Viktor Yanukovich, diffondendo anche la bufala dei gabinetti d’oro. Certamente l’ex leader di Kiev defenestrato da una rivolta violenta sostenuta dall’Ue e dalla Nato viveva nel lusso, ed era un oligarca.
Ma che dire degli attuali padroni della politica ucraina? Chi sono i nuovi leader dell’Ucraina, coloro che avrebbero capitanato la cosiddetta rivoluzione diretta a portare il paese nell’orbita europea avvicinandolo così ai valori di libertà e democrazia che secondo gli occupanti di piazza Indipendenza albergherebbero nell’Unione Europea e nelle sue istituzioni? Chi e cosa l’EuroMaidan ha traghettato al potere?
Innanzitutto Julia Tymoshenko, definita dai nostri media l’eroina, la pasionaria dell’Ucraina, celebrata e santificata in quanto, ci hanno raccontato, sarebbe stata ingiustamente incarcerata dal dittatore di Kiev (ma Yanukovich non ha vinto elezioni definite libere e corrette dagli osservatori dell’UE?) perché gli si opponeva. Una prigioniera politica, dunque? Le cose non stanno proprio così, anzi.
Sarebbe più corretto accostare la Tymoshenko, recentemente scarcerata dai golpisti e già in corsa per le presidenziali del 25 maggio, a Silvio Berlusconi che a Nelson Mandela.
A parlarci della sua carriera è un interessante libro edito lo scorso anno dalla Sandro Teti Editore – “Julija Tymošenko – La conquista dell’Ucraina” – con l’introduzione di Alessandro Politi corredata da alcune interviste realizzate a Kiev nell’estate del 2013. Vi proponiamo alcuni passaggi dell’intervista realizzata da Francesco de Palo a Sandro Teti, redattore dell’agenzia di stampa Novosti, tratta dal sito Formiche.net:
“Perché questo è un libro-inchiesta che va oltre il cliché di Julia Tymoshenko vittima e basta?
Lo è soprattutto per quanto attiene al nostro Paese, dove c’è stata un’informazione del tutto superficiale. Julia Tymoshenko è diventata attuale in Italia nel 2004 durante il periodo della cosiddetta “rivoluzione arancione”. In quell’inverno tutte le sere in diretta televisiva i principali tg italiani le davano spazio, disponendo anche di un’immagine caratterizzata dalla tradizionale acconciatura tipica della contadina ucraina dell’ottocento. Un personaggio fotogenico che è rimasto bene impresso negli occhi degli italiani.
Quante Julia hai individuato nella sua parabola imprenditoriale e politica?
Una volta divenuta primo ministro da subito ha scontato la crisi di alleanza con il presidente Juscenko. Quando ha dovuto fronteggiare problemi di natura giudiziaria, si è parlato di lei come una perseguitata politica, come una dissidente. Non solo i cittadini che non si occupano di relazioni internazionali, ma anche molti giornalisti da me interpellati, non sapevano esattamente perché fosse stata arrestata, come si sono formate le sue immense ricchezze. (…)
Come si sviluppa nel tempo il rapporto tra Julia e Juščenko?
Si conoscono da moltissimi anni, fin da quando lei divenne deputato. In seguito il sodalizio si è creato alla vigilia delle elezioni, quando Kuchma, il presidente che ha guidato per lunghi anni l’Ucraina, ha passato la mano. Loro, mettendosi alla testa della cosiddetta rivoluzione arancione, hanno tentato di vincere su Janukovich. Quest’ultimo era giunto primo con un margine molto risicato, ma poi si è verificato una sorta di colpo di Stato. In una drammatica notte vennero occupati tutti i palazzi del potere: durante la conferenza stampa la Tymoshenko ammise che c’era stata una larghissima vittoria da parte di Juscenko e non di Janukovich. Su pressione della piazza venne indetto il terzo turno di elezioni, con annullamento delle precedenti: e vinse Julia. Ma il sodalizio più antico lo ha avuto con Pavel Lazarienko.
Un rapporto fondato anche sugli affari oltre che sulla politica?
Lazarienko è stato il primo ministro dell’Ucraina tramite cui Julia ha potuto far decollare a livelli stratosferici il proprio business del gas. Si sono alleati nel costringere a cedere, una ad una, le ultime tre imprese che trattavano il gas importato dalla Russia, e in un caso dal Turkmenistan: gestendolo in seguito in modo esclusivo e giungendo ad accumulare una fortuna di 11 miliardi di dollari. (…)
Come nasce il suo business?
Aprendo quelli che, durante il periodo sovietico, si chiamavano video saloni, ovvero sale di proiezioni con mastodontici apparecchi collegati a videoregistratori giapponesi che mandavano videocassette con immagini di bassa qualità. Ma creando una notevole affluenza per film che, fino a quel momento, in Unione Sovietica erano censurati. Lì ha costituito un buon capitale iniziale, prima di scoprire il vero business del secolo: il gas.
Un elemento decisivo nella sua parabola imprenditoriale e politica?
Quasi per caso conobbe Lazarienko, ai tempi già un politico importante, mettendosi in società con lui, oltre che divenirne amante. Il vero motore economico del Paese, l’Ucraina orientale, disponeva di grandi conglomerati industriali: i cosiddetti combinat, che avevano ancora alle proprie dipendenze alcune decine di migliaia di persone ciascuno. Erano “superenergivori”, in quanto per produrre acciaio consumavano molta energia, per cui necessitavano di parecchio gas.
Come si spiegano guadagni così ingenti?
La società di intermediazione posseduta dalla Tymoshenko aveva i contratti con società russe da cui acquistava il gas e lo rivendeva a quattro volte il prezzo originale alle suddette imprese. Queste a loro volta, non essendo in grado di pagare in denaro, ricambiavano col baratto di prodotti metallurgici. Ma i migliori, quelli per i quali vi era una forte richiesta all’estero che Julia vendeva ricevendo valuta estera che non ha mai visto la terra ucraina, perché finiva in società off shore.
Nessun combinat si è mai ribellato?
Sì. Ma in quel caso giungeva una telefonata da parte del primo ministro che senza mezzi termini “caldeggiava” l’acquisto del gas da quella data società. Contrariamente il presidente del combinat in questione sarebbe stato allontanato.
Un ritratto niente male per quella che ci è stata descritta come una povera vittima della repressione del regime ucraino. D’altronde il clan Tymoshenko possiede un’enorme fortuna. Lei stessa e molti componenti della sua famiglia possiedono enormi ville nelle zone più esclusive dell’Ucraina.
Anche i suoi alleati – e competitori – alla guida degli altri partiti dell’ex opposizione ucraina non sono da meno. Racconta il giornalista Oleg Lurie, russo ma nato a Kharkov, nell’est del paese reduce dall’ennesimo golpe, che il probabile futuro primo ministro Arseni Yatseniuk, possiede una enorme villa a due piani a Petrivtsi, con una piscina, una dependance per la sua scorta e un grande giardino.
In quanto a proprietà e ricchezze anche il leader del partito nazionalista Udar, Vitali Klichkó, non scherza.
Ufficialmente l’ex campione di pugilato prestato alla politica – su input della cancelliera tedesca Angela Merkel – vive in un palazzo in stile liberty costruito nel 1901 nel centro della capitale. Il suo appartamento si sviluppa su tre piani, ha sei camere da letto e quattro bagni, arredati con oggetti di lusso e costosissimi. Ma il patrimonio del signor ‘Pugno di ferro’ includono anche una enorme casa padronale a Othmarschen, vicino ad Amburgo, in Germania.
E’ vero che il potere di Yanukovich si è fondato sul sostegno di alcuni grandi oligarchi ucraini, ma che dire allora di Viktor Pinchuk e Sergey Kurchenko? Scrive Maria Grazia Bruzzone sul suo blog:
“E’ Victor Pinchuk, classe 1960, secondo più ricco in Ukraina ma “solo” 355° nella classifica mondiale Forbes 2013 con $3.8 miliardi, businessman e filantropo, come ama qualificarsi. Ha fondato Interpipe, tubi d’acciaio per oleodotti e rotaie, e ha come clienti i giganti russi dell’energia Gazprom e Rosnef ed è stata la prima società ucraina a partecipare nel 2004 al World Economic Forum. Per vari anni, dal ’98 al 2006 – quando fonda la società di investimenti & consulenza EastOne, Pinchuk è stato anche parlamentare del partito Labour Ukraine, ma la sua fortuna economica è legata all’avvento a presidente dell’Ukraina di Leonid Kutchma (dal ’93 al 2005) di cui sposa la figlia Olena, presidente della fondazione AntiAIDS e amica, col marito, di Elton John e di Bill Clinton, che li ha persino invitati a New York alla sua festa dei 60 anni. Di amici Vip i coniugi Pinchuk ne devono avere tanti, se per il party che Victor ha dato alla stazione sciistica francese di Courchevel per il suo 50° compleanno, è arrivato a spendere $6 milioni. L’oligarca filantropo è ormai al centro di un vortice di eventi. Nel 2006 ha creato la Fondazione che porta il suo nome e insieme all’Aspen Institute ha dato vita a una Scuola di Economia, promuove megaconcerti (a piazza Maidan con Elton John), mostre e premi artistici internazionali, produce e supporta nel paese il film di Spielberg Olocausto, l’anno scorso si unisce all’iniziativa filantropica di Bill Gates e Warren Buffett, aiuta la comunità israelitica. Per inciso, possiede il maggior gruppo mediatico lo StarlightMediaGroup. Dal 2004 aveva lanciato la sua iniziativa più politica, la Yalta European Strategy (YES) per promuovere l’integrazione dell’Ukraina nell’Unione Europea. Un gran successo mondano – all’annuale meeting estivo hanno partecipato fra gli altri Bill e Hillary Clinton e Tony Blair, Paul Krugman e Shimon Peres, Dominique Strauss Khan e Larry Summers: il fior fiore Lib/Lab delle due sponde atlantiche – a cui non fa riscontro alcun progresso politico. Forse anche per via dei problemi non da poco in cui nel frattempo si trova immersa la UE. Pinchuk è il primo oligarca a lodare apertamente i dimostranti, con un commento rilasciato al FT solo due giorni prima delle più caute parole di Akhmetov. Negli stessi giorni di dicembre il popolare canale tv Inter di proprietà di un altro oligarca, Dmitro Firtash e del capo dell’amministrazione presidenziale Sergey Lavotckin aveva a sorpresa mandato in onda i duri scontri fra polizia e manifestanti e la moglie del secondo si scagliava contro le forze di sicurezza. Segnali di cedimenti del fronte del presidente.
Sergey Kurchenko, noto come “media mogul” e “re del petrolio” dell’Ucraina. A soli 28 anni controlla la maggior parte dei media scritti e una grande quota del mercato petrolifero, come riferisce un informato post della tv/sito americano Cnbc. Secondo il quale Kurchenko detiene e investe denaro anche per conto di Yanukovich e della sua famiglia. Il valore del suo “impero” ammonterebbe ad almeno $800 milioni – vedi Guardian dove un viene definito senza mezzi termini un “uomo di facciata” del clan Yanukovich, diventato “favolosamente ricco” in poco più di un anno. E pure una squadra di calcio. “E’ un signor Nessuno” scriveva lo scorsi giugno un blog dell’ Economist . Kurchenko sarebbe l’uomo della Famiglia, come viene chiamato il gruppo di ultralealisti che circondano il figlio del presidente, Oleksandr Yanucovich, Sacha per gli amici. In un paio d’anni il clan si è allargato nell’energia e nella finanza e, dopo aver comprato un grande gruppo mediatico, proprietario fra l’altro di Forbes Ukraine, avrebbe puntato a impadronirsi del gruppo mediatico del miliardario filo occidentale Pinchuk, in vista delle elezioni previste nel 2015, riferiva il settimanale britannico.
Un blog italiano, Indro.it, va oltre proponendo un’analisi che non siamo in grado di confermare, ma ci pare interessante: l’ambizione della Famiglia, che controlla ormai finanza e sicurezza, sarebbe stata in realtà battere – sia pure pro domo sua – le resistenze riformatrici dell’apparato statale, che il governo nato nel dicembre 2012 voleva portare avanti con i suoi giovanissimi ministri, gli stessi che avevano negoziato con Banca Mondiale e WTO, messo al passo l’esecutivo e puntavano a cambiare la Costituzione ritornando a quella del ’96. Una strategia che avrebbe portato Yanucovich e il suo clan a scontrarsi proprio con gli oligarchi, di cui presidente e amici avrebbero fatto volentieri a meno. Il primo attacco sarebbe avvenuto sul terreno tributario. Per risparmiare le tasse i grossi gruppi finanziari pare infatti esportino a prezzi sotto costo a società offshore da loro stessi controllate, così in Ukraina denunciano perdite, mentre il guadagno lo fanno fuori con le collegate estere”.
Non dobbiamo sicuramente dimenticare un altro oligarca, Petro Poroshenko. Ex ministro degli Esteri ai tempi della rivoluzione arancione e poi dell’Economia in quello Azarov (cioè del Partito delle Regioni di Yanukovich), alleato di Yulia Tymoshenko. È stato il più esplicito nel sostenere i manifestanti: aveva chiesto la firma dei trattati pro-UE in un suo discorso in piazza Maidan, ha partecipato ai funerali delle vittime degli scontri. Ha un patrimonio che secondo varie fonti si avvicina ai 2 miliardi di dollari. E’ proprietario della multinazionale dei dolciumi Roshen e della televisione “5 Kanal” sulle cui frequenze negli ultimi mesi si è fatta una vera e propria apologia dell’Unione Europea.
Niente male per una ‘rivoluzione’ che avrebbe dovuto combattere l’autoritarismo di Yanukovich, portar fuori l’Ucraina dalla asfissiante sfera d’influenza russa e combattere lo strapotere dell’oligarchia arricchitasi negli scorsi anni grazie alle truffaldine privatizzazioni delle aziende pubbliche dell’era sovietica…
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