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E la Cina aumenta le spese militari…

Sfruculiare stanca. Soprattutto gli sfruculiati. Così, una volta reso chiaro al mondo intero che l’Occidente imperialista – Stati Uniti e l’ormai “matura” Unione Europea – vogliono allargarsi a est e altrove, portando la propria influenza economica e le basi militari fino ai confini dei loro potenziali “nemici”; una volta che ci si installa in Ucraina e si pretende che la Russia rinunci sia a mantenere le proprie basi storiche in Crimea (do you remember La corazzata Potemkin?), sia a “proteggere” i milioni di russi che vivono nel paese, non ci si può stupire che “gli altri” prendano qualche contromisura.

La Cina, per esempio, che sta benissimo quanto a potenza industriale. Ieri ha annunciato un programma per rendere l’esercito più moderno e tecnologico entro la metà del secolo. Ciò significa che aumenterà le spese militari per mantenere la sicurezza estera e interna, che ritiene minacciate da gruppi separatisti in Tibet, Taiwan e Xinjiang e dalla perdurante vendita di armi Usa a Taiwan. In un “libro bianco” di quasi 100 pagine, diffuso ieri a cura del governo, Pechino ammette che “la situazione della sicurezza cinese è migliorata in modo saldo”, ma aggiunge che ci sono “nuovi problemi per mantenere la stabilità sociale”.

Nel libro bianco, la Cina sottolinea la volontà di usare la forza militare solo in modo difensivo e per mantenere la sua “integrità territoriale”.

Il riferimento è anzitutto agli Stati Uniti, che “hanno aumentato l’attenzione strategica e la presenza nella regione Asia-Pacifico, consolidato di più le alleanze militari, perfezionato lo spiegamento militare e rinforzata la presenza militare”. La vendita di armi a Taiwan, poi, potrebbe “compromettere in modo serio le relazioni sino-statunitensi e la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan”. A ottobre il Pentagono ha annunciato la vendita di armi a Taiwan per 6,5 miliardi di dollari – tra cui 32 elicotteri d’assalto Apache, 330 missili intercettori Patriot e 32 missili Harpoon lanciabili dai sottomarini – nonostante le proteste cinesi.

Nel presentare il documento il colonnello Hu Changming, portavoce del ministro per la Difesa nazionale, ha parlato di “attuali difficoltà nelle relazioni militari” con Washington e ha auspicato la costruzione di rapporti militari più solidi con il nuovo presidente Barack Obama.

La Cina considera Taiwan parte del suo territorio e si è sempre detta pronta a intervenire con le armi se l’Isola dovesse dichiarare in modo formale l’indipendenza. Anche se Hu ha precisato che i rapporti tra Pechino e Taipei sono “entrati in un periodo di sviluppo pacifico” con l’elezione del presidente taiwanese Ma Ying-jeou, favorevole a migliori rapporti. Hu ha persino caldeggiato contatti e scambi di informazioni tra gli eserciti dei 2 Paesi e la creazione di un meccanismo di intesa per garantire la sicurezza della zona. Peraltro non ha risposto alla domanda se sono diminuiti i missili perennemente puntati sull’Isola.

Quasi in risposta, due giorni fa Lisa Chin, portavoce del ministro taiwanese per la Difesa, ha detto che, grazie ai migliori rapporti con Pechino, è allo studio una forte riduzione dell’esercito. In 4 anni si vuole portarlo da 275mila a 180mila soldati.

Fonte: China News

 

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