Cosa succede alla “democrazia” se una commissione parlamentare d’inchiesta che indaga sulle violazioni dei servizi segreti viene spiata dai servizi stessi? Sul piano istituzionale non esiste alcu dubbio possibile: viene violata la “separazione dei poteri” e quindi la democrazia stessa finisce nel cestino.
Una commissione parlamentare è infatti un organo del potere legislativo, mentre i servizi segreti dipendo dall’esecutivo. Il potere di controllo della prima sui secondi è regolato dalla Cotituzione e diverse leggi, mentre quello dei secondi sulla commissione è vietato sia dalla Costituzione che dalle leggi. Non in un paese, ma in qualsiasi paese che pretenda di essere, per l’appunto, una democrazia.
Dov’è accaduto tutto ciò?
Negli Stati Uniti, naturalmente, nella patria della “democrazia presunta”.
La senatrice democratica Dianne Feinstein, presidente della Commissione d’inchiesta che ha indagato per tre anni sulle torture praticate dalla Cia sotto la presidenza di George “Dabliu” Bush, ha denunciato chiaramente la violazione dei computer messi a disposizione dalla stessa Cia per il lavoro della Commissione.
Scontatissima la smentita del capo della Cia, John Brennan: “La Cia non ha mai violato quei computer. La Cia non sta cercando di ostacolare il rapporto della Commissione sul programma degli interrogatori”.
E altrettanto scontata la “fiducia” riosta da Barack Obama nella Cia stessa e nel suo capo. Non può essere altrimenti, perché l’unica alternativa sarebbe la sua destituzione immediata. Difficile che possa accadere, specie nel pieno della tensione con Mosca intorno al golpe in Ucraina.
Il portavoce della Csaa Bianca, Jay Carney, è stato così costretto alle capriole verbali. “Teniamo in seria considerazione le affermazioni della senatrice Feinstein, ma non farò commenti su un tema attualmente sotto indagine o analisi da parte delle autorità appropriate. In generale, ci sono state comunicazioni tra la Casa Bianca, il presidente della Commissione d’inchiesta (Feinstein) e il direttore (Brennan)”.
La senatrice Feinstein aveva già contattato autonomamente il capo della Cia non appena si era resa conto che il lavoro della sua Commissione era “attentamente monitorato” da terzi. Ma senza ottenere risposta, tantomeno spiegazioni o – ci mancherebbe! – scuse.
Del resto, per capire con quale cautela la Cia aveva messo a disposizione della Commissione i propri archivi, basti pensare che i commissari erano obbligati a recarsi in una “camera sicura” nella sede centrale di Langley. “Sicura”, ovviamente, rispetto a possibili infiltrazioni di servizi stranieri, ma totalmente sotto controllo dei padroni di casa.
La Commissione ha comunque concluso il suo lavoro, stendndo un rapporto di 6.000 pagine. Che è stato a sua volta immediatamente “secretato” in nome della “trasparenza” e naturalmente della democrazia; “purtroppo” subordinata alle superiori esigenze della “sicurezza nazionale”. Anche l’abstract di sole 300 pagine ha subito la stessa sorte. Ora i commissari si stanno battendo perché almeno quest’ultima sintesi possa esser resa nota al pubblico.
Strano che nessuno chieda sanzioni contro gli Stati Uniti per violazioni certificate contro “la democrazia”. Nel mondo, soprattutto, ma prima ancora in casa propria…
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