La propaganda mediatica capitalista non cessa di ripetere che i dati macroeconomici sono migliorati in Romania, come accade nel resto dei paesi europei. Tuttavia, non dicono nulla circa la distribuzione dei profitti ottenuti e, naturalmente, del fatto che i lavoratori romeni vivono molto peggio oggi rispetto a prima della crisi. Come già spiegato con chiarezza da Carlo Marx secoli fa, le crisi cicliche del capitalismo sono sfruttate dai capitalisti per riassestare il tasso di profitto: cioè, grosso modo, pochi guadagnano di più e la maggior parte guadagna di meno.
In Romania nel 2013 la distribuzione dei redditi si è realizzata nel modo seguente: un terzo (33,1%) alla forza lavoro (salari, indennità e sovvenzioni ai contrattatori), più della metà è andato nelle mani dei capitalisti (55,2%), e il resto, un 11,7%, è finito nelle casse dello Stato. Il risultato è una quota minore di reddito ai lavoratori e allo Stato e una maggiore per quelli che vivono su chi lavora.
Percentuale del PIL destinato ai salari in Bulgaria, Germania, Ungheria e Romania (Grafico di Ziarul financiar)
Dall’analisi della struttura del PIL, in aumento di quasi il 2% nel 2013, possiamo concludere quanto segue:
Una interessante corrispondenza ripresa e tradotta da Resistenze.org.
I romeni lavorano per meno soldi rispetto a prima dell’inizio della crisi. Di questo, come è logico (e finché i lavoratori lo permettono), ne hanno beneficiato i grandi capitalisti; ma coloro che effettivamente producono la ricchezza sono stati seriamente danneggiati. Questo è il motivo principale per cui, nonostante la lodata presunta ripresa economica, questa non si sente affatto nelle tasche dei lavoratori. Non solo perché è sempre minore la parte di reddito totale che viene lasciata nelle mani di chi porta avanti la Romania, ma anche perché questa si divide sempre più in modo diseguale: il 15% del totale all’85% dei lavoratori e viceversa (cosa che spiega i salari molto bassi al limite della sopravvivenza dei lavoratori rumeni).
La remunerazione della forza lavoro in Romania è scesa dal 42 % del 2008 al 33,3% nel 2012 e al 33,1 % nel 2013. Nei paesi più sviluppati dell’UE la quantità di PIL destinata ai salari è circa del 50%. Anche in Bulgaria, il paese vicino alla Romania, la percentuale del PIL distribuita tra i lavoratori è più elevata (vedi grafico).
Gli analisti assicurano che quello rumeno è sicuramente il capitalismo più selvaggio in tutta l’UE (stanno dicendo una cosa ovvia, visto che l’essenza stessa del capitalismo è la barbarie), in cui (e questo può essere visto nelle enormi disuguaglianze evidenti nelle strade) i capitalisti si prendono la stragrande maggioranza della ricchezza prodotta nel paese, in percentuale crescente, soprattutto grazie ai magri salari, in caduta libera, pagati ai lavoratori per produrla.
La cosa peggiore e questo non lo dicono i mezzi di propaganda, anche perché tutti i sostenitori del sistema come i loro proprietari sono parte della minoranza beneficiaria, è che la Romania altro non è se non una cavia da laboratorio che, dopo venti anni di disumanizzazione e saccheggi, segna il percorso che si dovrà imboccare di qui a pochi anni in tutta Europa.
* da imbratisare.blogspot.it
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
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