Qualcuno, più cinico di noi, potrebbe dire: “avete voluto la bicicletta – nella fattispecie l’UE – e adesso pedalate”. Ma è davvero tragico il destino che si prospetta per parecchi milioni di lavoratori, pensionati, studenti e comuni cittadini del paese appena annesso allo spazio vitale di Bruxelles. Così come è accaduto per la Grecia e il Portogallo, per la Spagna e per l’Irlanda, senza neanche essere entrata a pieno titolo nell’Unione Europea ma solo nella sua area di influenza Kiev verrà presto investita da un vero e proprio tsunami di tagli, privatizzazioni e aumenti che ridurranno sul lastrico milioni di persone e migliaia di imprese. Contente forse della loro adesione al ‘fronte della libertà e della democrazia’ ma presto con le tasche ancora più vuote di quanto non siano già.
Il paese, ma questo si sapeva già, è allo stremo, le casse del governo sono vuote e servono alcuni miliardi subito per mandare avanti la macchina amministrativa, pagare il gas e il petrolio, onorare i debiti più urgenti. Unione Europea e Fondo Monetario – cioè la troika, che si fa prima – si sono immediatamente e “altruisticamente” offerti di correre in soccorso della nuova giunta nazionalista che regna a Kiev da quando i nazisti hanno defenestrato il presidente Yanukovich e il suo governo, rei di non voler proprio firmare il trattato di associazione con l’Ue.
In arrivo ci sono circa 15 miliardi di euro – miliardo più, miliardo meno – di prestiti all’esecutivo ucraino, che diventerebbero circa 27 nei prossimi due-tre anni. In cambio di un draconiano piano di tagli allo stato sociale e di aumenti di tasse che Kiev dovrà rispettare rapidamente e alla lettera. “L’economia ucraina crollerà del 3% quest’anno, ma solo nel caso in cui il governo approvi il pacchetto presentato dal governo. In caso contrario la caduta del Pil potrebbe essere addirittura del 10%” ha detto Arseni Yatseniuk, marionetta di turno della troika. Il capo del governo ha avvertito che l’inflazione viaggia a livelli tra il 12 e il 14% e che se “voteremo le misure presentate riceveremo i fondi di stabilità del Fondo Monetario, della Banca Centrale Europea, della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo e della Banca Mondiale”.
In cambio degli aiuti gli ucraini – non certo gli oligarchi, ovvio – dovranno stringere, e di molto, la cinghia. La misura più dura annunciata consiste nell’aumento del 50% delle tariffe del gas e dell’elettricità, che investirà immediatamente tutta la popolazione ucraina, infischiandosene del reddito. In realtà, ha avvertito lo stesso Yatseniuk, il prezzo che i cittadini pagheranno da aprile in poi sarà più che raddoppiato, anche se il governo dice di essere intenzionato a raddoppiare anche le tasse imposte ai grandi monopoli del settore energetico.
I nuovi padroni di Kiev vogliono anche una riduzione immediata del 10% del numero dei lavoratori pubblici del paese, e poi un’altra mega sforbiciata del 20% nei prossimi anni attraverso l’eliminazione di interi settori dell’economia e dell’amministrazione controllati attualmente dallo stato. Spariranno anche molti dei sussidi che finora lo stato garantiva ai giovani, agli anziani e ai disoccupati che dovranno fare i conti con il ‘libero mercato’ con le proprie scarse forze. Verranno congelati anche i salari e le pensioni, e un’altra misura consisterà nel distribuire alle imprese delle obbligazioni – carta straccia in tempi di crisi – invece dell’equivalente dell’Iva in contanti. «Dobbiamo spiegare la situazione alla gente e aprire un dialogo trasparente con la società. Oggi paghiamo una frazione del prezzo del gas. Avremmo avuto la possibilità di pagare meno ma a spese della nostra libertà, e abbiamo fatto la nostra scelta» aveva detto nei giorni scorsi il nuovo ministro ucraino dell’Economia, Pavlo Sheremeta, riferendosi al fatto che l’ex presidente Viktor Yanukovich, defenestrato a febbraio, aveva ottenuto da Vladimir Putin un forte sconto sul prezzo pagato a Gazprom, naturalmente annullato dopo il golpe.
Chissà se a partire dal prossimo autunno, con l’arrivo del gelo, i cittadini ucraini non in grado di pagarsi il riscaldamento e rimasti senza lavoro e senza sussidi saranno ancora così entusiasti del sacrificio realizzato in nome della ‘libertà’ e della ‘democrazia’.
Anche perché Naftogaz – la compagnia nazionale il cui presidente, Yevhen Bakulin, è stato arrestato la settimana scorsa per corruzione con l’accusa di aver causato alla compagnia danni per 4 miliardi di dollari – afferma che il già enorme aumento delle tariffe non basterà a evitare solo quest’anno un deficit di 80 miliardi di grivne (8 miliardi di dollari).
Come se non bastasse il Fondo Monetario insiste sul fatto che la grivna sia svalutata ulteriormente rispetto al dollaro, nonostante che negli ultimi tre mesi abbia perso già il 25% del proprio valore. Secondo il nuovo ministro delle Finanze, Oleksandr Shlapak, sull’Ucraina incombe l’ombra di una terza recessione dal 2008 ad oggi.
I “nazionalisti” ucraini che si sono impossessati del potere a Kiev incitano i propri cittadini a difendersi da un possibile intervento russo che verrebbe da est e da nord. Ma la vera invasione, quella della troika, è già scattata. Da ovest.
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