Ancora tensione in Venezuela, con l’oligarchia che tenta di dare la spallata al governo accusato di attaccare i privilegi dei ceti socialmente dominanti.
Il governo di Caracas sta intanto implementando nuove misure all’interno della propria strategia di redistribuzione della ricchezza e con un recente provvedimento tenta di risolvere almeno in parte la richiesta di case da parte della popolazione meno abbiente.
In base ad un nuovo provvedimento dell’esecutivo i proprietari di immobili affittati da almeno 20 anni dovranno venderli ai loro inquilini entro 60 giorni o affrontare pensanti sanzioni passibili di importanti aumenti in caso di mora: lo stabilisce un decreto emesso dal ministero degli Alloggi che avverte che la multa iniziale sarà di 2000 Unità tributarie, equivalenti a 254.000 bolívares (poco più di 40.000 dollari) e dovrà essere versata in un tempo massimo di cinque giorni. La multa sarà raddoppiata se non sarà rispettata la scadenza e in caso di ulteriori ritardi, “la Sovrintendenza nazionale della locazione degli alloggi solleciterà l’esproprio esecutivo corrispondente sull’immobile”.
Naturalmente l’Associazione dei proprietari di immobili urbani (Apiyur) si è detta contraria alla nuova legge e il suo presidente Roberto Orta l’ha definita “incostituzionale” perché “priva della loro proprietà i legittimi padroni di casa”, nonostante la Costituzione preveda l’espropriazione o la confisca, con susseguente risarcimento. Il decreto stabilisce inoltre che il “giusto prezzo” delle case sarà stabilito dalla Sovrintendenza nazionale della locazione degli alloggi.
Nel 2011, lo scomparso presidente Hugo Chávez (1999-2013) aveva lanciato la Gran Misión Vivienda, un programma per fare fronte al deficit di alloggi che colpisce il Venezuela: secondo cifre ufficiali risalenti a pochi anni fa ben 3,7 milioni di famiglie venezuelane non hanno una casa dove abitare o vivono comunque in alloggi irregolari. Il programma, che mette insieme settore pubblico e privato con il sostegno di una decina di paesi fra cui Russia, Cina, Bielorussia e Uruguay, ha consentito, fino alla metà del 2013 la consegna di 415.218 abitazioni in tutto il paese.
Intanto la deputata di destra e vicina ai golpisti María Corina Machado, ha perso ieri la sua carica di parlamentare per aver accettato di rappresentare Panamá in una sessione dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa) in violazione della Costituzione venezuelana. Per emettere la sua sentenza il Tribunale si è basato in particolare sugli articoli 191 e 197 della Costituzione, in base ai quali i deputati “non potranno accettare o esercitare incarichi pubblici senza perdere la loro investitura, salvo in attività docenti, accademiche, accidentali o assistenziali” e sono obbligati a svolgere il loro mandato di legislatori “con dedizione esclusiva”. L’articolo 149, inoltre, stabilisce che “i funzionari pubblici non potranno accettare incarichi, onori, ricompense di governi stranieri senza l’autorizzazione dell’Assemblea nazionale”.
La destituzione è stata confermata dal Tribunale supremo del Venezuela, secondo il quale Machado ha esercitato “un’attività incompatibile” con la sua funzione di parlamentare “se non in netta contraddizione con i suoi doveri come venezuelana”, visto che Caracas ha interrotto alcune settimane fa le relazioni diplomatiche con il piccolo paese centroamericano ancora nell’orbita statunitense. Maria Corina Machado è a capo negli ultimi mesi di una violenta ondata di violente proteste contro la sinistra al governo costata finora quasi 40 morti insieme ad un altro esponente della destra golpista, Leopoldo Lopez, già finito in carcere nelle settimane scorse.
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