Potere al Popolo domenica scorsa ha sancito e discusso i risultati della consultazione tra gli iscritti sulle prossime elezioni europee. Sia nella prima che nella seconda consultazione ci siamo battuti affinchè il progetto di Potere al Popolo in queste elezioni europee avesse una identità politica più autonoma e definita, con i propri contenuti e il proprio simbolo.
La consultazione tra gli iscritti ha detto che questa prospettiva era condivisa solo da metà degli aderenti, l’altra metà ha ritenuto che è meglio misurarsi in alleanza con altre forze in una scadenza elettorale. Tra questi ha prevalso l’idea di interloquire con la coalizione sorta intorno a De Magistris.
Questo è quello che emerso dal coordinamento nazionale, e il documento approvato ne è la testimonianza. Inevitabile che qualcuno legga il documento prodotto dal coordinamento nazionale come un bicchiere mezzo vuoto ed altri come mezzo pieno.
Quel documento va invece letto nella sua interezza, non interpretato a secondo del proprio vissuto, che troppo spesso trascina con sé scetticismo, sfiducia, visioni individuali, ossia atteggiamenti diffusi a piene mani anche dal nemico di classe per impedire qualsiasi ricomposizione sul piano del conflitto.
Si discute oggi molto condizionati da quello già visto in passato, e sopratutto da quello che non si vorrebbe rivedere nel solito “acquario della sinistra”. Ma questo purtroppo, è ancora la casa comune di una certa esperienza storica e umana in via di disgregazione. Con una certa durezza, ma riscontrando poi di aver ragioni da vendere, abbiamo definito questo retaggio politico e culturale come “il morto che cerca di afferrare il vivo”.
L’unica esperienza in controtendenza nell’ultimo anno è stata quella di Potere al Popolo ed ora molti si domandano se esista il rischio che si lasci afferrare.
Vogliamo dirlo con chiarezza. Se si vota, le conclusioni del voto vanno accettate e si procede insieme sul piano della battaglia politica, della sintesi tra le diverse valutazioni sul contesto, sulle forze in campo, sulle forze disponibili, sulle opzioni che si ritengono più utili per avanzare e si va alla verifica di tutti i fattori necessari. A decidere sono sempre i dati reali, non le congetture.
E questi dati reali sono i contenuti che Potere al Popolo ritiene dirimenti per affrontare con efficacia tra la nostra gente – e non solo nell’”acquario della sinistra” – una campagna politica dentro le elezioni europee. Non abbiamo infatti davanti le amministrative e neanche le politiche.
Da qui la centralità dell’approccio verso quella che ormai si è materializzata come una gabbia: quella dei Trattati europei.
Allargare o infilarsi tra le sbarre della gabbia si è dimostrato impraticabile. Lo ha dimostrato la Grecia di Tsipras, ma anche la capitolazione del governo gialloverde in Italia. Quindi se si vuole dare alla nostra gente (lavoratori, disoccupati, precari, abitanti delle periferie) una alternativa sul piano del salario minimo, delle nazionalizzazioni delle aziende strategiche, del blocco delle delocalizzazioni, di un welfare e di un lavoro dignitosi o della difesa dei beni comuni, occorre prevedere – e praticare, se necessario – la disdetta dei trattati che lo impediscono. In poche parole un “Piano B” dichiarato in anticipo come fattore di deterrenza e come soluzione alternativa ai vincoli materiali esistenti.
In secondo luogo, nelle elezioni europee, la collocazione internazionale che abbiamo in mente non è un dettaglio né una battuta scontata. L’uscita dalla Nato corrisponde alla stessa logica con cui diciamo “sganciamento dalla Ue/Eurozona”. Significa mettere la parola fine a quegli “automatismi” che portano un paese dentro scenari di guerra o di aggressione verso altri popoli, ancora prima che esso ne sia consapevole o che il Parlamento ne abbia discusso.
Le esperienze di questi anni ci hanno dimostrato che anche gli istituti della democrazia rappresentativa sono diventati dei passacarte di decisioni vincolanti prese in automatico da Commissione/Consiglio europei o dai comandi Nato. Recedere da decisioni già prese è sempre più difficile che avere la possibilità di deciderle. I “fatti compiuti” sono quelli che hanno portato sempre l’umanità alle tragedie.
Infine, ma non certo per importanza, Potere al Popolo ha insistito affinché si prenda esplicitamente posizione contro il golpe in Venezuela. E’ una vicenda dirimente, sia per il posizionamento internazionale dell’Italia che proponiamo al paese, sia per quello tra le forze con cui si potrebbero fare tratti di strada in comune. A sostegno del golpe in Venezuela si sono schierati tutti i partiti presenti in Parlamento: dalla destra al Pd, ad esclusione, per ora, del M5S. A sostegno del golpe si va schierando anche l’Unione Europea in tutte le sue articolazioni, con governi di destra o socialdemocratici, senza differenze.
E’ conseguenza che l’alternatività al Pd non può essere un’opzione a geometria variabile, ma deve essere un punto fermo, sul piano nazionale come su quello locale. La vicenda del Sì alla Tav, come la privatizzazione della sanità e dei servizi, non consentono di cedere ai richiami della foresta del centro-sinistra, oggi su un antifascismo solo dichiarato (ma mai praticato, neanche quando erano al governo), ieri sull’antiberlusconismo. I risultati devastanti di questa logica sono ancora visibili a occhio nudo.
Dunque sono questi i punti di verifica con cui Potere al Popolo andrà al confronto con le altre forze sulle elezioni europee e tornerà al confronto con i propri militanti per valutare se valga o no la pena di procedere. Senza fare sconti a nessuno.
Potere al Popolo sarà all’altezza di questa sfida? Dipenderà dalle scelte che saprà fare, consapevole di quello che è stato, di quello è, di quello che potrebbe rappresentare e della qualità della militanza che saprà diffondere nella società reale.
Tra quello che sarebbe necessario fare, quello che vorremmo fare e quello che possiamo fare, non c’è mai sincronia. Non c’è mai stata, in un nessun frangente. I passaggi politici vanno fatti tutti, fino in fondo, senza mai dimenticarsi che, prima di logorarsi nell’”acquario della sinistra”, occorre non perdere mai di vista la società reale.
Da quella non si può mai prescindere.
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