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Paraguay: agli arresti domiciliari i contadini Sin Tierra in sciopero della fame

Sabato 12 aprile, dopo cinquantotto giorni di sciopero della fame, i contadini sin tierra coinvolti nel caso del massacro di Curuguaty hanno conquistato gli arresti domiciliari.

Il Tribunale di Sentenza di Salto di Guaira ha così decretato la loro uscita dal carcere in seguito al rapporto medico presentato dall’avvocato difensore Vicente Morales, che provava la grave condizione medica dei detenuti ad alto rischio di complicazioni, dati i sintomi di malnutrizione in stadio avanzato. La decisione è arrivata inaspettata, dopo il rifiuto di pochi giorni prima da parte del giudice incaricato del caso, Jalil Rachid, di concedere gli arresti domiciliari perché non previsti dal codice penale per le accuse che vedono imputati i cinque contadini; risoluzione che se non fosse stata revocata avrebbe condannato de facto a morte i detenuti, determinati a portare avanti lo sciopero ad ogni costo. 

Adalberto Castro, Néstor Castro, Felipe Benítez, Rubén Villalba e Arnaldo Quintana, escono quindi dal carcere dopo ventuno mesi di detenzione nel penitenziario di Tacumbú ad Asunción, in attesa di giudizio per i reati di invasione di proprietà privata, tentato omicidio e associazione a delinquere nel processo sul massacro di Curuguaty, dove, nel tentativo di sgombero di un’occupazione sin tierra, morirono undici contadini e sei poliziotti. 

La concessione dei domiciliari è stata determinata anche da un’estesa campagna di solidarietà portata avanti da più di settanta organizzazioni internazionali, tra le quali La Via Campesina, da artisti e personalità di fama internazionale (come il gruppo hip-hop  Calle 13 e il premio Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel), oltre che dalle forti pressioni dei movimenti sociali e da vari settori della Chiesa Cattolica. 

La conquista degli arresti domiciliari, è stata seguita Lunedì 14, da un incontro tra membri della commisione per le vittime di Curuguaty, della commisione per i Diritti Umani CODEHUPY e  un membro del Ministero della Giustizia, incontro terminato con l’impegno della controparte istituzionale nell’apertura di una commisione di inchiesta per richiedere la revisione del caso, segnato da numerose irregolarità.

Tra queste, la mancata investigazione sulla causa della morte degli undici contadini, almeno sette dei quali giustiziati dalla polizia; il silenzio sui documenti che dimostrano come la terra sia di proprietà dello Stato e dunque destinata alla riforma agraria; la manomissione di prove a carico degli imputati e l’assenza di testimoni contadini nel processo.

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