No, non si tratta del Nepal, ma della ‘democratica’ Spagna. Scossa da ieri da un’ondata popolare senza precedenti contro la monarchia borbonica e i suoi legami con la dittatura franchista prima e la finta democratizzazione seguita alla morte del caudillo Francisco Franco, oltre che identificata con una infinità di privilegi inaccettabili in epoca di crisi economica e di scandali per corruzione mai così gravi e numerosi.
Le dimissioni, ieri, del re Juan Carlos a favore del figlio Felipe, chiesta insistentemente dai socialisti e da alcuni ambienti filo monarchici per salvare l’istituzione dalle gesta del suo rappresentante negli ultimi decenni, invece di risolvere il problema pare proprio che l’abbiano aggravato.
Da ieri tutte le città grandi e medie dello Stato Spagnolo, e anche alcune piazze in altri paesi europei, sono in agitazione, animate da un corale grido a favore della fine della monarchia e da una parola d’ordine secca e semplice: Terza Repubblica. Mai come in queste ore le bandiere rosse, gialle e viola della Seconda Repubblica – quella finita sotto i colpi dei militari di Franco e delle potenze fasciste europee una volta abbandonata al proprio destino dai paesi “democratici” del continente – sventolano nelle piazze e nelle strade da Madrid a Barcellona, da Bilbao a Valencia a Siviglia. E pensare che quella bandiera in molti casi è stata considerata fuorilegge, o comunque il suo uso è stato ristretto e censurato, e non sono pochi gli attivisti e i dirigenti politici processati negli ultimi anni per averla esposta. Ma nelle ultime ore ha cominciato a ondeggiare dai balconi e dalle finestre di numerosi comuni da nord a sud, da est a ovest della penisola.
Il tam tam che ieri invitava a scendere in piazza affinché il passaggio del testimone tra il vecchio e compromesso Juan Carlos e il ‘nuovo’ Felipe non salvi una istituzione marcia, è stato relativamente spontaneo, anche se alle proteste repubblicane si sono subito formati tutti i gruppi e i partiti dell’articolata scena politica di sinistra: da Izquierda Unida a Equo, dai repubblicani catalani di Erc a Podemos, dalle organizzazioni comuniste e libertarie a movimenti sociali come il 25-S. Ieri sera alle 20 Puerta del Sol era già invasa dai manifestanti – 10 mila secondo la polizia, almeno il triplo per i media più obiettivi – che hanno gridato senza sosta “España, mañana, será republicana!” (La Spagna, domani, sarà repubblicana) o il più tradizionale “Los Borbones, a los tiburones” (I Borboni agli squali). Scenario simile a Barcellona dove alle bandiere repubblicane si sono sommate quelle catalane e i manifestanti hanno esposto cartelli a favore del referendum per l’indipendenza previsto per il 9 novembre e che il governo ha già dichiarato illegale e illegittimo.
D’altronde, l’istituzione monarchica viene ritenuta a ragione, dalle nazionalità senza stato, garante fondamentale di un’unità dello Stato mantenuta finora a colpi di repressione e violazione dei più elementari diritti. Senza dimenticare che anche formalmente il Borbone (nella foto con il capo della Falange) appena dimessosi rappresenta la continuità con la dittatura franchista, visto che Juan Carlos fu nominato dal caudillo proprio successore alla guida dello Stato pochi anni prima della morte. Migliaia di repubblicani e indipendentisti hanno sfilato anche a Bilbao, nel Paese Basco, e anche a Siviglia, capoluogo dell’Andalusia, le bandiere tricolori l’hanno fatta da padrona, così come ad Alicante, Burgos, Salamanca, Palma de Mallorca, Badajoz, Vigo, Zaragoza, Granada, Santander e Murcia, le cui piazze hanno chiesto la convocazione immediata di un referendum sulla fine della monarchia. Richiesta accompagnata da concentramenti a Bruxelles, a Berlino e a Parigi, dove a centinaia hanno voluto manifestare a favore della Terza Repubblica.
E per questa sera a Madrid si annuncia il bis, con una nuova protesta convocata per le 20 sempre a Puerta del Sol, che potrebbe diventare una nuova ‘acampada’ per i diritti e contro i privilegi e che sabato prossimo potrebbe essere seguita da cortei moltitudinari in tutto il paese.
E sulla figura dell’ormai ex monarca si addensano ora nuove pesanti ombre, visto che non essendo più il capo dello stato non potrà più godere dell’immunità totale – cioè dell’impunità – che la Costituzione post-franchista gli ha finora concesso e potrebbe essere presto processato e condannato per una sfilza di reati di cui è accusato. I più recenti, di corruzione e malversazione, coinvolgono la sua amante Corinna zu Sayn-Wittgenstein, la figlia Cristina e suo marito Iñaki Urdangarín, la prima accusata di aver investito in Medio Oriente soldi non suoi, i secondi di aver intascato enormi bustarelle. In realtà la stragrande maggioranza degli analisti e dei giuristi è d’accordo nell’affermare che la fine dell’immunità non ha valore retroattivo, e che quindi il Borbone non potrà essere giudicato per le nefandezze compiute nei suoi 39 anni di regno.
Intanto il Consiglio dei Ministri ha approvato la rinuncia di Juan Carlos a favore del ‘Principe delle Asturie’, che entrerà in vigore a partire dal giorno della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale di Madrid (probabilmente a metà giugno). Anche se l’abdicazione è prevista dalla Costituzione spagnola, non si era mai verificata finora e non esiste quindi una procedura legislativa ad hoc in questi casi, tanto che il governo è dovuto correre ai ripari con un Decreto scritto per l’occasione in fretta e furia, con l’intenzione di sbarrare la strada ad ogni contestazione e ad ogni messa in dubbio della monarchia in quanto tale.
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