“Vogliamo un Medio Oriente privo di armi nucleari e armi di distruzione di massa. Il nostro scopo dovrebbe invece essere che tutte le nazioni abbiano il diritto di impiegare l’energia nucleare con finalità pacifiche”.
A pronunciare queste parole, dagli evidenti risvolti interni, è stato il Presidente iraniano Hassan Rohani, ricevuto ad Ankara dal Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdogan nella prima visita di un Capo di Stato iraniano in Turchia da 18 anni a questa parte.
“L’Iran ha la volontà di superare le differenze ed è importante perchè si tratta di un desiderio reciproco” ha detto Erdogan che poi ha aggiunto: “Sono convinto che il 2014 e il 2015 saranno molto diversi se faremo accelerare il processo attraverso una reciproca solidarietà”.
”E’ necessario che l’Iran e la Turchia cooperino, sotto tutti gli aspetti, per le questioni che riguardano il Nord Africa, la Palestina e il Medio Oriente” ha aggiunto Rohani, sottolineando che ”un maggiore sviluppo delle relazioni bilaterali sarebbe un importante passo per entrambi” i paesi.
I rispettivi presidenti, Abdullah Gül e Hassan Rohani, si sono impegnati esplicitamente a mettere fine ai conflitti in Medio Oriente, ripristinando la ‘stabilità’ nella regione.
“L’Iran e la Turchia, i due paesi più importanti della regione, sono impegnati a combattere l’estremismo e il terrorismo. (…) L’instabilità nella regione non è utile alla gente, nella regione stessa e in tutto il mondo. I nostri due paesi hanno concordato di lavorare insieme e di fare del loro meglio” ha spiegato Rohani.
Non sono mancati richiami espliciti alla situazione in Siria, sulla quale però Ankara e Teheran hanno due posizioni opposte, visto che la prima sostiene apertamente i ribelli – compresi quelli islamisti radicali – mentre la seconda appoggia le forze governative di Damasco.
Mettendo da parte le divergenze sulla situazione siriana, Iran e Turchia puntano soprattutto ad amplificare la cooperazione economica ed energetica. D’altronde Rohani era accompagnato nella storica visita da un centinaio di uomini d’affari e da ben 7 ministri del suo governo.
Nei primi mesi di quest’anno l’interascambio commerciale tra i due paesi è aumentato notevolmente, arrivando a 2,1 miliardi di dollari, ma i due paesi puntano a raggiungere i 30 miliardi di dollari nel 2015, anche operando congiuntamente affinché – come ha affermato il ministro per lo Sviluppo di Ankara, Cevdet Yilmaz – siano eliminate le “ingiuste” sanzioni economiche occidentali che pesano sulla Repubblica Islamica (che Ankara del resto aggira già dal 2012 indispettendo Washington).
I due paesi hanno firmato una decina di accordi di cooperazione, riguardanti ufficialmente la cultura, la politica, l’economia, il turismo, le poste, le dogane e anche il campo della produzione cinematografica.
Il riavvicinamento tra Iran e Turchia era già iniziato quando a fine gennaio Erdogan era andato a Teheran per incontrare sia Rohani sia l’Ayatollah Ali Khamenei, e in ballo c’era già rafforzamento dei legami commerciali ed energetici tra i due paesi. Gli accordi energetici con l’Iran potrebbero garantire alla Turchia un prezioso approvvigionamento di petrolio e gas, rinunciando così agli accordi con il governo autonomo del Kurdistan iraqeno, che non pochi conflitti hanno scatenato finora con il governo centrale di Baghdad vicino proprio a Teheran. Le cui aspirazioni a mantenere unito l’Iraq frustrando le richieste di maggiore autonomia da parte dei curdi iraqeni potrebbero essere utili ad Ankara per contrarrestare le spinte indipendentiste dei curdi di Turchia.
La Turchia importa attualmente già 10 miliardi di metri cubi all’anno di gas naturale dall’Iran ma un superamento della disputa in corso sui prezzi – ritenuti eccessivi rispetto a quelli di Russia e Azerbaijan – potrebbe far raddoppiare le forniture.
In cambio del disgelo con Teheran, il governo liberal-islamista turco ha cominciato a distanziarsi, almeno a parole, dalle frange più estremiste dei ribelli siriani, arrivando anche a colpire alcune postazioni Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL), vicina ad Al Qaeda.
Al di là delle diverse strategie sul futuro della Siria, sia Teheran che Ankara aspirano ad un Medio Oriente in cui si espliciti maggiormente l’egemonia delle due maggiori potenze regionali (la prima di fede sciita, la seconda sunnita) ridimensionando l’influenza degli Stati Uniti – con i quali ultimamente i toni sono polemici – così come quella di Israele. Il problema maggiore per Ankara è rappresentato dal fatto che la sua appartenenza alla Nato non le concede troppi margini di manovra, anche se negli ultimi anni il governo dell’Akp ha ridotto l’entità della collaborazione militare con gli eserciti occidentali ed ha deciso l’acquisto di un sistema di difesa aerea dalla Cina invece che dai consueti partner dell’Alleanza Atlantica.
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